“Confía en el tiempo, que suele dar dulces salidas a muchas amargas dificultades” scriveva Miguel de Cervantes nel suo Don Chisciotte. Nella biografia di Santiago Abascal, se è possibile incontrare “amare difficoltà”, queste si concentrano prevalentemente in prossimità dei suoi studi universitari e dei suoi primi passi in politica. Segretario de “las Nuevas Generaciones” del Partido Popular del Pais Vasco, Abascal ha sofferto in più di un’occasione le minacce e le intimidazioni del gruppo terroristico separatista ETA. Figlio e nipote di esponenti del Partido Popular, ha sempre nutrito uno spirito di rivalsa rispetto a quelle intimidazioni.
Oggi, tale rivalsa non ha più un interlocutore dal momento che il terrorismo indipendentista basco ha cessato la propria attività il 19 ottobre 2011, ovvero, da oltre un decennio. Eppure, questo sentimento di rivincita sembra aver avuto un ruolo importante nell’alimentare l’ethos narrativo di Santiago Abascal. Nel corso degli anni, quel giovane studente di diritto e attivista anti-ETA, ha costruito di sé l’immagine di un uomo dalle forti convinzioni, poco incline al compromesso, destinato a compiere la missione politica di salvare la Patria dai suoi nemici.
Nel 2013 le tensioni interne al Partido Popular, alla guida del Paese con Mariano Rajoy, portano un gruppo eterogeneo di pochi iscritti, fra cui Abascal, a formare un nuovo partito che nel gennaio 2014 registra la propria fondazione con il nome di Vox, come abbiamo già avuto modo di ricordare qui.
Dopo aver fatto ingresso nella politica nazionale con le elezioni dell’aprile 2019 e aver raddoppiato i seggi nel Congresso sei mesi più tardi (con la ripetizione elettorale del 10 novembre 2019), Vox ha promosso una fortissima opposizione nei confronti del governo di Pedro Sánchez nel tentativo di guadagnare terreno sul principale partito d’opposizione, il Partido Popular. Tuttavia, il reddito politico che Abascal ottiene da questo atteggiamento intransigente (e a tratti violento) è relativamente scarso, l’idea che Vox abbia raggiunto un tetto elettorale si fa largo tra gli osservatori.
Il 24 febbraio 2022 la media dei sondaggi elaborata da Politico legata alle intenzioni di voto proietta Vox al 20%, vicino al clamoroso sorpasso al PP che si attesta al 22%. Qualche settimana più tardi, il presidente del PP, Pablo Casado, dopo aver tentato di defenestrare la Presidente della Comunidad Autonoma di Madrid, Isabel Díaz Ayuso, muovendo accuse pesanti su un suo diretto coinvolgimento in traffico di influenze, perde la fiducia del partito e sparisce dalla scena politica.
Il 25 maggio 2022, Albert Núñez Feijóo viene eletto presidente dei Populares. Feijóo ha un profilo politico assai diverso da quello di Pablo Casado. Ha una larga esperienza amministrativa ed è stato eletto per tre volte Presidente della comunità autonoma di Galizia. La nuova leadership di Feijóo è una spina nel fianco per Vox. Nel giro di qualche settimana, il divario tra i due principali partiti di opposizione si allarga. Il PP raggiunge il 31% nelle intenzioni di voto, Vox scende al 15%.
Le elezioni del 19 giugno 2022 in Andalusia confermano il trend. Il PP ottiene il 43,13% del voto, il Psoe il 24,09% mentre Vox il 13,46%. Il PP ottiene 58 seggi, 32 in più rispetto alle elezioni precedenti. Vox pur guadagnando due seggi in più rispetto al 2018, finisce per subire quello che in molti cominciano a definire “efecto Feijóo”.
L’apertura di questa nuova fase, in cui Vox finisce per interpretare lo sparring partner del PP all’ora di governare, (emblematico quanto accaduto in Castilla y León) porta Abascal ad una serie di contromosse. Dopo l’addio rumoroso di Macarena Olona che abbandona il partito denunciando “l’assenza di democrazia interna”, Abascal decide di rilevare anche il segretario generale del partito, Javier Ortega Smith (su cui nel frattempo erano piovute una serie di critiche tra cui quelle di Olona) a favore del più giovane Ignacio Garriga. Nel frattempo, il principale organo decisionale del partito, il Comitato esecutivo, ricompatta le proprie fila e adotta una strategia di mobilitazione guidata da Jorge Buxadé. Questa strategia di mobilitazione è la stessa che periodicamente il partito produce nel tentativo di mantenere un ruolo di primo piano nel dibattito pubblico.
Per Vox la politica è un terreno nel quale avanzare attraverso la battaglia culturale e Jorge Buxadé è l’incaricato a programmarla. È da questo ennesima forzatura di trovare spazio mediatico e ribadire la propria identità politica e programmatica che nasce la decisione di riproporre a distanza di un anno e mezzo una nuova mozione di censura nei confronti di Pedro Sánchez. Se nell’ottobre 2021, la mozione di censura aveva visto candidare alla presidenza del governo Santiago Abascal, questa volta la scelta del CEN è ricaduta sull’economista Ramón Tamames.
89 anni, Ex dirigente del Partido Comunista Español, Ramón Tamames pare convinto di non avere alcuna chance di diventare presidente del governo. Tuttavia, la sua designazione è emblematica del tentativo da parte di Vox di proporre la sua agenda liberista a forti tinte protezionistiche. Una caratteristica tipica della proposta economica attuale del partito che punta, sebbene con una certa dose di ottimismo, a recuperare voti in uno spettro politico lontano dalla destra conservatrice e radicale e mettere in questo modo fine, alla sua lenta parabola discendente.
Sebbene questa mozione rappresenti, per via del suo inevitabile insuccesso, una ghiotta opportunità per Pedro Sánchez, il futuro di Abascal, Garriga e Buxadé resta mai come ora incerto, nell’anno in cui la Spagna va al voto e in cui ogni scelta va ponderata con particolare cura.
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