Si presenta il progetto della sezione GFE Emilia-Romagna per la Conferenza sul futuro dell’Europa

Una Conferenza fuori dalla bolla

, di GFE Emilia-Romagna

Una Conferenza fuori dalla bolla
Logo della Campagna «1 Consiglio X l’UE»

Lo scorso 10 marzo i presidenti delle istituzioni europee hanno finalmente annunciato l’inizio della Conferenza sul Futuro dell’Europa e lo hanno fatto, non a caso, dal Parlamento Europeo, con una presentazione congiunta. “I cittadini europei di ogni contesto sociale e ogni angolo dell’Unione potranno partecipare, e i giovani europei svolgeranno un ruolo centrale nel plasmare il futuro del progetto europeo” si legge nella dichiarazione. La partecipazione civica sarà, quindi, la cifra di questo appuntamento e ciò non è scevro di conseguenze per noi federalisti.

Dopo che il 2020 ha messo in luce sia le potenzialità che i limiti dell’Unione (rispettivamente la parziale condivisione del debito e la deludente risposta unitaria alla sfida dei vaccini), il momento di riflessione profonda e di proposta al quale ci accingiamo è sicuramente un’occasione da saper sfruttare. Tuttavia, il pallido europeismo quasi generalmente diffuso, e incoraggiato dall’insediamento del Governo Draghi, non ci deve far cadere nell’errore di considerare lontano il pericolo dello sgretolamento del processo d’integrazione continentale. Più saggiamente, l’attuale consenso di cui l’Unione gode si dovrebbe considerare come l’effetto di un evento imprevisto, certamente impattante ma non necessariamente irreversibile, invece che una reale presa di coscienza dell’inadeguatezza dello Stato nazionale.

In questo senso, la storia dell’Unione Europea può aiutare a comprendere i rischi che abbiamo di fronte. Già altre consultazioni popolari sono state condotte nel tempo, e l’entusiasmo per proseguire il processo di integrazione si autoalimentava ad ognuna di esse, nella diffusa convinzione che il popolo stesse seguendo con lo stesso fervore la strada indicata dai propri leader. Questo meccanismo, invece, ha portato ad esacerbare la distanza tra Bruxelles, le capitali e il popolo europeo, i cui risultati si vedono ancora oggi. Ci si è accorti, quindi, che quei processi di consultazione popolare non erano veramente rappresentativi e che il percorso di integrazione europea ha lasciato indietro una grande fetta di cittadini.

Nonostante i limiti intrinsechi alla Conferenza sul Futuro dell’Europa, il tempismo con cui si sta aprendo potrebbe fornire una grande occasione. Senza dubbio la pandemia ha avvicinato tante e tanti alla politica, elettori un tempo distaccati che, dopo quest’anno, hanno sperimentato le dirette conseguenze che le scelte politiche hanno sulle loro vite. Non è da escludere, quindi, che la Conferenza si inserisca in questa rinnovata esigenza di partecipazione democratica, tale da generare una consultazione veramente rappresentativa delle istanze del popolo europeo.

Sorge spontaneo chiedersi quale ruolo possa svolgere in questo contesto il nostro Movimento, che innegabilmente rientra in quella “bolla europea” lontana dai cittadini e che, ci si consenta, non sempre si è dimostrato in grado di affrontare il problematico gap tra istituzioni e popolo e, in questo, di volersi mettere radicalmente in discussione.

Riprendiamo a questo proposito la riflessione che Giulio Saputo e Jacopo Barbati hanno brillantemente esposto in questo giornale il 7 marzo scorso, che ci trova concordi, cercando di aggiungere qualche ulteriore spunto. Oltre ai già citati necessari paletti contenutistici e al messaggio che come federalisti abbiamo il compito di veicolare, come GFE Emilia-Romagna vorremmo soffermarci sul metodo che, a nostro parere, è necessario mettere a servizio dell’azione federalista; ma in un’azione politica il metodo rientra nel merito.

In continuità con i grandi esempi di partecipazione che la nostra regione ha saputo portare avanti, partiamo dalla convinzione che il Movimento Federalista Europeo, e la sua giovanile, dovrebbero avere come principale obiettivo quello di rendere la Conferenza accessibile a “tutti gli angoli dell’Unione”. Dobbiamo impegnarci per portare la Conferenza tra le persone, nelle comunità e nei territori più periferici. Questo è il nostro compito. Più di una volta abbiamo osservato i limiti di una lotta politica incentrata sulla sola interlocuzione con i centri di potere, e gli scarsi risultati riscontrati nel poco promettente lancio della Conferenza ne sono la dimostrazione.

Non limitiamoci al solo compito di creare un dibattito tra “addetti ai lavori” e facciamo nostro invece anche un rinnovato approccio dal basso. Solo con una conciliazione tra i due livelli si potrà ottenere un risultato soddisfacente nel creare reale mobilitazione per il futuro dell’Europa. Ed è nostro dovere lavorare per includere i gruppi sociali marginalizzati, estranei alla bolla europea, la cui stessa esistenza e numerosità non solo condanna all’irrilevanza le idee di cui si fa promotore il nostro movimento, ma l’intero progetto di integrazione al fallimento.

Di più, l’occasione che ci offre la Conferenza è anche quella di interrogarci sul rapporto che abbiamo con il consenso. Una riflessione mai banale perché, non sottoponendoci noi alla prova della competizione elettorale, non riusciamo mai veramente a compiere quella necessaria verifica della nostra capacità di penetrare nell’opinione pubblica. Come federalisti tendiamo a focalizzare la nostra azione nell’attività di lobbying sui centri del potere istituzionale e politico. Dal momento che tali centri, però, tendono fisiologicamente a compiacere l’elettorato, non possiamo noi abdicare al ruolo principe di un movimento politico, ossia confrontarsi con l’opinione pubblica e contribuire ad orientarla, se davvero vogliamo portarla a mobilitarsi. Questo è il ruolo autentico che noi vediamo per il Movimento all’interno del federalismo organizzato, consapevoli della difficoltà storica di tornare a riempire le piazze per l’Europa e, allo stesso tempo, assolutamente non rassegnati alla sua impossibilità.

Alla luce di queste riflessioni, abbiamo deciso come GFE dell’Emilia-Romagna di provare a metterci in gioco con tutte le forze di cui saremo capaci, lanciando una campagna di ascolto diffusa, di accompagnamento verso la Conferenza, con la speranza di produrre un’esperienza interessante al punto da essere replicata in altre realtà territoriali. Alla base della campagna “1 Consiglio X l’UE” poniamo una rivoluzione di metodo della nostra azione politica. Svestiamo i panni dei relatori per diventare pubblico, chiediamo alla nostra comunità di raccontarci che tipo di Europa sogna e come vorrebbe vedere trasformate le Istituzioni europee, di dare il loro “consiglio” all’Unione, rendendo effettiva la spinta dal basso richiesta dalla Conferenza. Lo stesso strumento della piattaforma ci impone, attraverso un processo partecipativo e inclusivo, di stimolare il contributo della società civile, la quale finalmente potrà e dovrà essere protagonista del processo di integrazione, che l’ha vista fino ad ora marginalizzata. Ma perché sia protagonista, questa deve essere prima consapevole dell’esistenza della Conferenza e anche del potere della propria voce.

Affrontiamo questa sfida, tutt’altro che semplice, consapevoli dei rischi e determinati nei nostri valori federalisti, senza paura di essere contaminati e con l’intenzione di proporre a tutte le persone con cui entreremo in contatto la nostra lente di analisi.

In questo senso, l’anno che abbiamo di fronte ci faciliterà molto il lavoro. In un’operazione circolare che parte dai fondi che arriveranno con il Next Generation EU, vogliamo approfittare di tale slancio per non limitare i benefici di questo piano al solo campo economico; dobbiamo sfruttare, infatti, la capillarità dei fondi per introdurre un dibattito diffuso sul futuro dell’Europa e fare scaturire da ciò, finalmente, un’ampia riflessione politica. Dobbiamo far sì che i fondi europei siano investimenti fruttiferi anche nel senso di generare consapevolezza e proposte per l’Europa di domani. La Conferenza può, e dunque deve, essere lo spazio che cerchiamo. Per questo motivo siamo convinti che il 2021 possa essere un anno di svolta, non solo per l’Unione ma anche per il nostro Movimento.

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