Sono passati 365 giorni dall’uscita dell’articolo di Davide Emanuele Iannace per la Festa dei Lavoratori del 2023 che commentava le lacunose condizioni del mondo del lavoro dello scorso anno. Oggi, vogliamo riprenderlo in mano per fare un resoconto dei cambiamenti che sono avvenuti nell’ultimo anno. Ve lo diciamo già, sono pochi e deludenti, ma ci possono bastare per ragionare, anche questo Primo Maggio, sullo stato del lavoro in Italia, ovviamente con l’auspicio che l’anno prossimo ci sia qualcosa di nuovo, e di positivo, da potervi raccontare.
Un primo punto che necessita di essere trattato riguarda i troppi stage sottopagati: a oggi i tirocini sono uno dei modi più comuni per fare un primo passo nel mondo del lavoro, e lo scorso 20 marzo la Commissione europea è intervenuta sulla questione proponendo dei miglioramenti sulle condizioni di lavoro dei tirocinanti, dalla retribuzione all’inclusività fino alla stessa qualità degli stage. Tra i punti chiave trattati dalla direttiva proposta ci sono il principio di non discriminazione, per garantire un equo trattamento dei tirocinanti al pari dei dipendenti in pianta stabile; un maggior numero di controlli ed ispezioni al fine di assicurare che i tirocini non nascondano posti di lavoro stabili; la tutela dei diritti dello stagista da parte dei rappresentati dei lavoratori e l’obbligo per gli Stati membri di mettere a disposizione canali attraverso i quali poter denunciare qualsiasi scorrettezza.
Questo sappiamo non essere abbastanza, almeno finché non diventa realtà. Per far sì che cambi nel concreto un aspetto così importante come l’introduzione alla sfera del lavoro, c’è bisogno di fare un altro passo indietro e, citando il nostro vecchio articolo, “non si può pensare a un equilibrato e sano mondo del lavoro, senza considerare un equilibrato e sano mondo dell’educazione”. Un’azione fondamentale sarebbe quella di interrompere il meccanismo di iperspecializzazione che aliena l’istruzione. Scegliere il liceo ad oggi equivale a stipulare un patto di sangue inscindibile con la società. Fare il liceo artistico o un istituto tecnico ti esclude o nella migliore delle ipotesi rende difficile svolgere un qualsiasi lavoro al di fuori di quelli per cui si è studiato e frequentare l’università diventa una prova di resistenza fisica e mentale più che un momento di apprendimento e crescita.
Se alla formazione di persone iperspecializzate aggiungiamo la competizione malsana che avvelena il mondo del lavoro, non sarebbe possibile immaginare una realtà senza ansia e stress.
Dall’inizio dei tempi il mondo cambia, non è una novità, eppure continuiamo a mettere in piedi società immobili, fondate su pilastri irremovibili nella quale è sempre più difficile spostarsi. Le mansioni cambiano, i luoghi di lavoro si modificano, le persone stesse sono diverse da quelle di secoli fa, eppure abbiamo ancora una concezione vecchia di lavoro.
Il lavoro è un’attività che va dalle otto a più ore, per cui ancora si muore – perché è più importante il profitto della sicurezza, per il quale c’è ancora chi viene sottopagato e sfruttato, e nel quale la gente si identifica e per la quale viene considerata. Nel 2024 dovremmo sapere che chi è un* dottor*, un* muratore, un impiegat*, eccetera, non è solo quello, ma ancora oggi si calcola il valore di una persona dal suo conto in banca o dal prestigio delle sue mansioni.
Tutti i più grandi cambiamenti partono dalla scuola. Allora, per raggiungere la parità di genere un’azione da poter mettere in campo è educare al rispetto reciproco, iniziare a buttare giù mattone dopo mattone quel muro che divide i mestieri per sesso e far comprendere ai giovani un concetto che alla generazione precedente è mancato: il genere non deve essere un limite sulle opportunità lavorative di una persona.
Si potrebbe fare un elenco infinito su tutti i problemi che in Italia e in Europa dovrebbero essere risolti nella sfera lavorativa, ma un aspetto positivo va messo in luce: In Europa, a differenza di altri paesi nel mondo, non ci sono più bambini che si spaccano la schiena affinché la nostra quotidianità resti tale. Migliaia di persone rischiano la vita ogni giorno per arrivare nel nostro paese in modo da poter avere un’esistenza degna di questo nome.
Noi a volte ci dimentichiamo che viviamo in un paese tutelato, dove i diritti non sono dei privilegi e dove abbiamo la possibilità di vivere le nostre esistenze in libertà e in maniera dignitosa.
Molti sono i cambiamenti da apportare e le lotte da portare avanti per rendere la società realmente equa e giusta, e non ci sarebbe bisogno di una ricorrenza per ricordarci che parlare delle condizioni di lavoro nel mondo è un dovere necessario.
Il 1° Maggio è un giorno importante e come tale va festeggiato, ma bisogna far si che il 2 Maggio non sia una giornata come un’altra, il lavoro non riguarda solo un giorno ogni 365.
Buon Primo Maggio a tutti, a chi il lavoro ce l’ha e a chi no, a chi ha perso la vita per averlo. A chi non viene pagato in modo giusto, alle donne che vengono pagate meno, a tutte quelle persone con disabilità a cui viene negato e a quei bambini che lavorano invece di studiare.
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