Gli esperti di relazioni internazionali tendono a dedicare ben poca attenzione ai rapporti tra la Santa Sede e le Istituzioni europee, anche a causa del carattere ibrido di questa relazione, in parte riconducibile alla classica diplomazia internazionale e in parte invece assimilabile ai rapporti che legano Bruxelles agli attori non governativi della società civile. Preso in questo equivoco, il rapporto tra le due parti può essere semplificato e forse anche banalizzato riducendolo all’estenuante dialogo sulle radici cristiane d’Europa.
Questo dibattito iniziò ai tempi della mai ratificata Costituzione europea e da allora non è mai stato totalmente sopito, nonostante i molti sforzi fatti anche della Santa Sede per superarlo (si pensi al discorso di Papa Francesco dinnanzi al Parlamento europeo nel 2014). La realtà delle connessioni esistenti tra Roma e Bruxelles è un poco più complessa di quella presente nell’immaginario collettivo e i temi di discussione più ampi e strutturati.
La storia delle relazioni
La nunziatura apostolica presso l’ allora Comunità europea venne aperta per volontà di Papa Paolo VI nel 1970, all’inizio associata alla rappresentanza diplomatica in Belgio. Da allora le sue funzioni sono cambiate poco, a parte il fatto che ha acquisito, con la nascita dell’Unione europea, dignità a sé stante. Il discorso è molto diverso per i rapporti tra Unione europea e Santa Sede. Solo nel 2006 la Commissione europea scelse di richiedere al Vaticano l’accreditamento nel corpo diplomatico del proprio rappresentante presso le Nazioni Unite a Roma, all’epoca l’ambasciatore Luis Ritto.
Oggi quindi il rappresentante preposto a rappresentare le Istituzioni europee presso la Santa Sede, attualmente il polacco Jan Tombìnski, ha mandato sia per i rapporti con la Fao, l’Ifad e il Pam sia per le relazioni con la Chiesa Cattolica e San Marino. Il ritardo dell’Ue nello stabilire rapporti diplomatici ufficiali è dovuto, oltre che ad alcune contingenze storiche legate al rafforzamento delle Istituzioni europee nel panorama internazionale, anche paradossalmente proprio all’attenzione che per decenni ha avuto la diplomazia pontificia nella capitale belga.
Un’attenzione che va oltre la diplomazia
L’attenzione di Roma per l’evoluzione del progetto di integrazione europea in effetti non è mai mancata. Pochi sanno, per esempio, che con il Consiglio Vaticano II si scelse di confederare le Conferenze episcopali dei Paesi europei in un organismo unico, la Conferenza episcopale europea, oggi guidata dal Cardinal Bagnasco. I vescovi europei sono strutturati secondo lo stesso principio dell’Ue: ogni conferenza episcopale nazionale nomina dei suoi delegati, che vanno a guidare le strutture di coordinamento esistenti proprio a Bruxelles.
Ancora più interessante il fatto che l’unico altro esempio di Conferenza episcopale “allargata” o “di secondo livello” della Chiesa cattolica è presente nell’Africa occidentale, per i Paesi associati nell’Ecowas, organizzazione africana per molti versi simile all’Ue.
I vescovi europei esercitano sul Continente una funzione pastorale come accade a livello nazionale, ma a differenza di quanto avviene con i governi nazionali i rapporti con il Parlamento europeo e la Commissione non sono tenuti dai vescovi stessi, ma da un organo tecnico, la Comece. Questa organizzazione riunisce esperti, in gran parte laici, provenienti dal mondo accademico e professionale in vari settori. Grazie a questa struttura accreditata presso le Istituzioni europee, il dialogo con Bruxelles si sviluppa su due livelli: uno diplomatico affidato alla nunziatura e uno più ‘politico’ di competenza del Comece.
I temi e la suddivisione dei compiti
Mentre la nunziatura apostolica sviluppa un dialogo più rigido con Bruxelles, concentrandosi su priorità condivise come quelle migratorie, la Comece esprime il punto di vista cattolico sulle più diverse questioni di attualità politica. Ad esempio, l’8 maggio i suoi rappresentanti hanno incontrato il ministro degli esteri bulgaro, Ekaterina Zakharieva, spiegando il punto di vista della Chiesa cattolica su alcune questioni al centro della presidenza di turno bulgara del Consiglio dei Ministri dell’Ue: i giovani, l’economia digitale e l’integrazione nell’Ue dei Balcani occidentali. La Comece, su questi e altri temi, su mandato della Conferenza episcopale europea, ha sviluppato una riflessione coerente con la dottrina della Chiesa, ma anche supportata da autorevoli esperti, auditi più volte in sede parlamentare. Comece e Conferenza episcopale europea hanno organizzato l’ottobre scorso in Vaticano un evento per rilanciare il progetto di integrazione europea, alla presenza di Papa Francesco, esponenti della Commissione, decine di parlamentari europei e centinaia di rappresentanti di associazioni della società civile, cattoliche e non. I temi trattati sono quelli su cui la Chiesa Cattolica si sta concentrando nei suoi rapporti con Bruxelles: il lavoro per i giovani, la gestione delle migrazioni ma anche il ruolo dell’Unione europea nel mondo, alla luce dei recenti sviluppi politici.
Possibili evoluzioni del rapporto Santa Sede / Ue
Il ruolo della Chiesa cattolica come attore sia interno che esterno all’Unione europea è di assoluto interesse. La regionalizzazione del dialogo episcopale in Europa è un segnale interessante e incoraggiante per tutte le professioni religiose, mentre a livello diplomatico su molti temi come il rispetto dei diritti umani o l’ambiente la Santa Sede e l’Ue possono trovare notevoli sinergie.
Sia oggi che nel recente passato le due istituzioni sono intervenute insieme per scongiurare crisi umanitarie o vigilare sul rispetto delle regole democratiche (per esempio recentemente nella Repubblica Centrafricana). Questa collaborazione non deve intaccare l’autonomia reciproca, né evitare l’oggettiva divergenza di vedute su alcune questioni, come la legislazione europea sui diritti civili o forse presto la gestione del fenomeno migratorio.
Tuttavia, per l’Ue è importante il sostegno della Chiesa, la più grande organizzazione religiosa sul continente, per approfondire il sempre più difficile dialogo interreligioso al suo interno, un dialogo che sappia fare coesistere confessioni diverse con Stati laici. Viceversa, per la Chiesa cattolica la presenza dell’Ue come garante di stabilità e pace sul continente è un valore aggiunto imprescindibile, come affermato e ribadito da tutti i pontefici fin dall’inizio del progetto europeo.
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