Paura dell’identità europea - commentaires Paura dell'identità europea 2010-02-13T00:18:40Z https://www.treffpunkteuropa.de/Paura-dell-identita-europea#comment8003 2010-02-13T00:18:40Z <p>acute osservazioni.....</p> Paura dell'identità europea 2010-02-11T09:18:24Z https://www.treffpunkteuropa.de/Paura-dell-identita-europea#comment7978 2010-02-11T09:18:24Z <p>Si tratta di uno splendido articolo. Chiaro, lineare, denso e corposo : Federica Martiny è una grande ! My compliments.</p> Paura dell'identità europea 2010-02-08T10:51:18Z https://www.treffpunkteuropa.de/Paura-dell-identita-europea#comment7949 2010-02-08T10:51:18Z <p>Ho pubblicato integralmente il Vostro post sul Blog « Identità Europea », ritenendolo meritevole di segnalazione. Di converso, Vi invio, come risposta, il penultimo post del nostro blog, che tratta un argomento parallelo :</p> <p>For Overcoming the Blocking of Europe, Direct Action of Civil Society is Required.Pour éviter le blocage de l' Europe, une action directe de la société civile est requise. Um Europas Sackgasse zu vermeiden, Direktaktion seitens Zivilgesellschaft ist erforderlich.</p> <p>In un precedente blog, avevamo accennato alla nostra preferenza, per descrivere la situazione in cui stiamo vivendo, per la « teoria degli equilibri punteggiati », anziché per la « concezione lineare della storia » .</p> <p>In concreto, le mutazioni antropologiche, culturali, socio-economiche, istituzionali e strategiche indotte dalla fine della Modernità stanno lavorando « nel profondo » : erodendo la fede nol carattere provvidenziale della « civiltà occidentale » ; indebolendo culture, istituzioni e dirigenti legati ai temi « forti » della Modernità ; facendo emergere nuovi Paesi, nuovi paradigmi, nuove culture.Ad un certo momento, tutte queste « faglie », per ora sotterranee ed impercettibili, si apriranno improvvisamente, mostrando allo sguardo uno scenario assolutamente inedito.</p> <p>Perciò, non ci stupisce il tono catastrofistico di uomini politici, giornalisti e intellettuali in questo inizio di secolo. Essi si rendono, seppur confusamente, conto del fatto, che, nei nuovi scenari, l'Europa così com' è sarà assolutamente spaesata e impreparata.</p> <p>Essi denunziano anche, come Nicola Bonanni su « La Repubblica », o Barbara Spinelli su La Stampa, una lista di sintomi preoccupanti ( rallentamento economico, esclusione dalle grandi decisioni internazionali, disinteresse da parte dell' America) ; alcuni, come Guy Verhofstadt nella sua Lettera aperta al Presidente Van Rompuy, fanno anche un elenco di cose da farsi.</p> <p>A nostro avviso, tuttavia, nessuna di queste critiche, né di questi appelli, potrà essere efficace.</p> <p>Come osserva giustamente Barbara Spinelli, la ragione prima di questa irrilevanza va ricercata in un' opzione dello stesso « establishment » europeo : puntare tutto, per la sopravvivenza dell' Europa, sulla prosecuzione all' infinito di un'assoluta egemonia americana, che si sta, invece, progressivamente indebolendo.</p> <p>Questa osservazione non è, a nostro avviso, sufficiente. Questo « establishment » europeo non può muoversi per ricercare opzioni diverse, in quanto la sua natura e la sua cultura glielo impediscono.</p> <p>Una cultura modernistica, millenaristica, pragmatistica e tecnicistica, come quella dell' attuale « establishment », non riesce neppure ad immaginare un futuro del mondo diverso dall' omologazione sul modello culturale « occidentale », né un Occidente che non sia guidato dall' antropologia puritana.</p> <p>Eppure, per competere efficacemente con le nuove realtà emergenti da tutte le parti del mondo, occorrerebbe comprendere la forza che promana, anche sulla costruzione politica, sulle attività economiche e sulle strategie militari, dall' appartenere a culture « olistiche » che non guardino solamente all'economia e alla politica.</p> <p>Soprattutto, comprendere che, nella gestione del futuro mondo « multipolare », ciascuno conterà solamente in funzione della capacità che esso avrà di gettare sul piatto della bilancia esigenze, proposte e soluzioni che, da un lato, riuniscano un ampio consenso in patria e risolvano i problemi del proprio Continente, e, dall' altro, non siano contrarie alle esigenze di base di tutta l' umanità, ed alle ineludibili scelte socio-culturali degli altri Continenti.</p> <p>L'America continua a proporre, a quel tavolo, l' esportazione dell' efficienza economica, sorretta dai valori della liberaldemocrazia e del mercato.La Cina butta, sul piatto della bilancia, il culto dell' « armonia », il rifiuto dell' egemonia mondiale. In fondo anche il mondo islamico, anche se in modi contraddittori, e, tavolta, distruttivi, apporta, a questo dibattito, un contributo fondamentale : l' importanza delle religioni nell'affrontare i problemi del mondo.</p> <p>Che cosa apporta l' Europa al tavolo mondiale, che non sia un sottoprodotto della civilità americana ?L' unica cosa che distingua l' Europa attuale dall'America è l' economia sociale di mercato. Tuttavia, Cina e Paesi in via di sviluppo sono, nella sostanza, ancor più « sociali » dell' Europa ( in quanto mirano a risolvere, con la spinta decisiva dello Stato, le esigenze drammatiche di centinaia milioni di loro cittadini).Essi non hanno molto da imparare a questo riguardo, e, comunque, non potrebbero applicare un' « economia sociale di mercato » che presupporrrebbe comunque condizioni storiche ed economiche molto diverse.</p> <p>Al massimo, chi potrebbe imparare da noi sono gli Americani, i quali, però, tranne alcune modeste eccezioni, come Jeremy Rifkin, non sembrano averne una grande intenzione. Lo stesso Obama è stato costretto, dal Congresso e dagli elettori, a smorzare molto le proprie politiche sociali e ambientaliste, aventi una qualche affinità con la « economia sociale di mercato ».Inoltre, si è sempre guardato bene dal fare qualunque cosa che assomigli al prendere atto che un' Unione Europea esiste. Termine mai usato da alcun Presidente americano. Come stupirsi che non sia voluto venire a Madrid ? Come afferma giustamente Barbara Spinelli, gli americani non sono disposti a riconoscerci una superiorità intellettuale (a mio avviso, neppure un' eguaglianza).</p> <p>Quest' apparente posizione di stallo non è inevitabile.</p> <p>Il blocco culturale in cui versa l' « establishment » europeo non è « colpa » della cultura europea. Anche se oggi ci sono pochi intellettuali che « pensino fuori del coro », la maggior parte della tradizione culturale europea non è millenaristica (vedi San Paolo, Sant'Agostino e Maimonide) ; né economicistica (vedi Aristotile, Dante, Goethe, Tolstoj) ; né « suprematista bianca » (vedi De las Casas, Vieira, ancora Goethe, Carlyle, Simone Veil).</p> <p>L' Europa è culturalmente attrezzata a comprendere la storia dell' Umanità nel suo complesso, senza pregiudizi « eurocentrici » o « occidentalistici » (cfr. p. es. Matteo Ricci, Schopenhauer, Guénon, Toynbee, Panikkar).Essa ha denunziato i pericoli di un futuro puramente tecnocratico (Zamiatin, Capek, Huxley, Orwell ), e tentato di elaborare « utopie » che non implichino anche, nel contempo, la « Fine della Storia » (Platone, Moro, Coudenhove Kalergi, Spinelli,Latouche).</p> <p>Che questi grandi filoni della cultura europea vengano studiati ed approfonditi non potrà essere opera degli attuali « establishments », che, delle loro vecchie culture, hanno fatto la base delle loro carriere e del loro potere. Si impone un rinnovato sforzo della società civile, per incontrarsi, discutere, studiare questi temi e gli autori che li trattano, per confrontarsi con la società e formulare proposte condivise, da portare a livello europeo.</p> <p>Alpina continua a proporsi come luogo di incontro e dibattito a questo fine.</p> <p>Intervenite alla riunione del 9 Febbraio alle ore 21</p> <p>presso Alpina Srl</p> <p>Via P. Giuria n.6</p> <p>10.125 Torino</p> <p>tel 011 668758</p> <p>E.mail : info<span class="mcrypt"> chez </span>alpinasrl.com</p>