Per Eurobull, Stefania Ledda è voluta salire per la prima volta su una delle navi dalle mille speranze, intervistando Flore Murard, Press Officer for Italy della SOS Humanity. Si precisa che l’intervista che segue è avvenuta a bordo della nave in tempi stretti. Il contenuto dell’intervista è stato rivisto dalla persona intervistata.
Q: Parliamo della SOS Humanity 1. Quante persone riesce ad accogliere? Murard: Secondo il diritto marittimo internazionale, dobbiamo soccorrere ogni persona in pericolo in mare. Ci è capitato di avere fino a 400 persone a bordo in caso di soccorsi multipli, cioè quando ci sono varie imbarcazioni che chiedono un soccorso di emergenza in contemporanea.
Q: Avete delle rotte prestabilite da seguire? Conoscete quelle più frequentate? Murard: La nostra area operativa è il Mediterraneo centrale, in acque internazionali. Le decisioni operative su dove condurre le ricerche vengono prese in coordinamento con altre navi SAR (Search And Rescue) civili, in modo da poter coprire la più ampia area possibile. Inoltre, le nostre decisioni sono guidate da tutte le informazioni che riceviamo su potenziali casi di soccorso, per lo più attraverso attori civili che fanno ricorso all’AlarmPhone, o aerei civili; e, in casi più rari, da centri di coordinamento dei soccorsi, aerei di Frontex o pescherecci. Non operiamo nelle acque nazionali della Libia o della Tunisia.
Q: Nel 2023 è stato registrato il doppio degli arrivi del 2022. Che cosa vedete rispetto a quest’anno? Murard: Non possiamo trarre conclusioni sulle tendenze degli arrivi e delle partenze, ma sappiamo chi abbiamo a bordo: sopravvissuti, detenuti in Libia… Tra settembre del 2022 e giugno del 2023, abbiamo effettuato un sondaggio a bordo, poi diventato il nostro rapporto Humanity Overboard, che le consiglio di leggere, il quale, con dati alla mano e testimonianze dei sopravvissuti, mostra quanto siano disumane le politiche in atto nel Mediterraneo nei confronti delle persone in cerca di protezione e il contesto migratorio da cui fuggono. L´insicurezza è infatti, secondo l’80% degli intervistati, il motivo principale della fuga. Il 54% degli intervistati è stato detenuto in Libia e il 44% ha tentato tre o quattro volte la traversata del Mediterraneo. Queste persone sono state intercettate e respinte in Libia in un ciclo di violenza senza fine. Siamo quindi di fronte a una catastrofe umanitaria perché le persone in pericolo sono di fatto lasciate consapevolmente annegare - come se la loro silenziosa scomparsa nel vasto mare fosse disumanamente scontata -, oppure vengono riportate nell’inferno libico da attori pagati dall’Unione Europea e dall’Italia falsamente etichettati come guardacoste. SOS Humanity chiede all’UE e ai suoi Stati membri di ristabilire con urgenza un programma di salvataggio marittimo coordinato dalla stessa UE, invece di privare ulteriormente i rifugiati dei loro diritti e lasciarli morire in massa nel Mediterraneo.
Q: Quali sono le fasi principali della ricerca e del salvataggio? Murard: L’identificazione delle imbarcazioni e il soccorso delle persone in pericolo in mare. Ci sono casi di salvataggi facili e altri più critici, dipende dalla situazione. I salvataggi semplici si hanno quando ci sono delle persone su un’imbarcazione ancora stabile, mentre quelli critici sono quelli in cui le persone sono cadute in acqua perché la loro imbarcazione è rovesciata o perché il gommone su cui viaggiavano si è sgonfiato, oppure perché per il terrore di essere riportate indietro dalla Guardia costiera libica si sono gettate in acqua nel tentativo di salvarsi.
Q: Nei casi peggiori, utilizzate ulteriori strumenti? Chiedete aiuto ad altre imbarcazioni nei momenti di crisi? Murard: In situazioni critiche, utilizziamo tutti gli strumenti a nostra disposizione, compresa la richiesta di aiuto ad altre imbarcazioni che si trovano nelle vicinanze e che possono prestare assistenza. In ogni caso, ci coordiniamo strettamente con le altre imbarcazioni civili di ricerca e soccorso e ci prestiamo assistenza reciproca quando possibile. Inoltre, informiamo sempre i centri di coordinamento italiani dei nostri salvataggi e ne chiediamo il coordinamento. Quando abbiamo casi medici critici a bordo, chiediamo regolarmente l’evacuazione medica da parte della Guardia Costiera italiana. Abbiamo anche assistito la Guardia Costiera italiana in diverse occasioni, effettuando una prima valutazione di un’imbarcazione in difficoltà e rimanendo in attesa che la stessa Guardia Costiera conducesse un salvataggio.
Q: E per quanto riguarda i rapporti con gli Stati? Murard: Gli Stati europei, in particolare quello italiano in questo momento, ci stanno ostacolando nelle operazioni di ricerca e soccorso. Ritardano i soccorsi: qualche volta lasciano l’area di soccorso vuota per lungo tempo a causa della politica dei porti distanti se ci chiedono di navigare nei porti del nord Italia. Quindi, gli Stati non stanno rispondendo adeguatamente alla catastrofe umanitaria nel Mediterraneo. Per noi gli Stati europei dovrebbero avviare immediatamente un’operazione di soccorso come Mare Nostrum, così che gli Stati possano coordinare i soccorsi. SOS Humanity chiede all’UE e ai suoi Stati membri di ristabilire con urgenza un programma di salvataggio marittimo coordinato dall’UE, invece di privare ulteriormente i rifugiati dei loro diritti e lasciarli morire in massa nel Mediterraneo.
Q: Quindi, praticamente, gli Stati “danno il loro benvenuto” solamente quando siete fermi nei porti, come in questo caso. Murard: Non c’è un vero benvenuto da parte degli Stati in questo periodo storico. Gli Stati ci stanno ostacolando in tutti i modi. Il governo italiano sta multando e detenendo le navi.
Q: Si sono mai verificati episodi di speronamento? Murard: Se ci sono mai stati episodi di speronamento da parte della Guardia costiera libica? Quello che succede in mare oggi sono soprattutto le intercettazioni di massa in mare. Nel 2024 a oggi, più di 15.000 persone sono state intercettate a mare e respinte per essere riportate nell’inferno libico.
Q: Passiamo alle esperienze dell’equipaggio. Siete circa una trentina a bordo… Murard: 28. Q: So che il 21 agosto è stato effettuato il cambio dell’equipaggio. Murard: Ci sono cambi di rotazione dello staff. Considerando che siamo 28, il 50% del nostro staff è permanente e l’altro 50% è volontario, proveniente da tutte le parti del mondo.
Q: È mai capitato che qualcuno che avete salvato è riuscito o ha voluto essere volontario sulle vostre navi? Murard: Abbiamo dei mediatori culturali che spesso hanno un background migratorio.
Q: Adesso parliamo dell’impatto psicologico. Murard: Questo è difficile da dire. Abbiamo uno psicologo che segue ogni membro dell’equipaggio. Sono dei briefing psicologici. E c’è una psicologa anche a bordo che si occupa dei sopravvissuti.
Q: Quindi, sicuramente, cambia anche la visione del viaggio. I bambini non possono capire molto. Gli adolescenti invece acquisiscono una visione differente rispetto a quella che viene loro raccontata. Murard: Sì, è impressionante il numero di minori che abbiamo avuto a bordo negli ultimi soccorsi. Nell’ultimo soccorso, che era un soccorso multiplo, abbiamo salvato 286 persone di cui 100 minori, di cui 77 non accompagnati. Quindi arrivano, senza famiglia e persone con legami familiari.
Q: Voi a settembre ripartite. Murard: A ottobre. Q: Avete delle missioni in programma? Ogni quanto ripartite o vi fermate? Murard: A ogni rotazione. Il problema è che sono i porti distanti a rallentare le nostre missioni. I porti distanti a nord, che ci assegnano le autorità italiane, sono sempre più distanti dall’area di soccorso; il che richiede giorni di navigazione supplementari, costi maggiori in carburante, ma soprattutto disagio ulteriore per le persone più vulnerabili. Noi chiediamo sempre uno sbarco sicuro, il più vicino possibile. Le nostre fermate nei porti dipendono dalle autorità italiane, e se ci fermano, ovviamente rimaniamo di più. Più o meno, giriamo ogni mese. Se non fosse per l’iniziativa di Open Ship di adesso, saremmo continuamente in mare per far arrivare persone in pericolo nei porti sicuri. Non abbiamo alcun controllo sui porti assegnati per lo sbarco. L’ideale sarebbe che ci venissero assegnati porti in Sicilia o in generale nel sud Italia, ma la prassi dei porti lontani si oppone a questo: le autorità italiane ci assegnano sempre di più porti lontani nel nord Italia. Costringere una nave di soccorso non governativa a salpare verso porti distanti diversi giorni dalla sua posizione attuale comporta maggiori sofferenze per i sopravvissuti, già vulnerabili, a bordo con un rischio di peggioramento delle loro condizioni fisiche e mentali. Altrettanto grave, questa nuova politica tiene le navi di soccorso lontane dalle aree di soccorso, e molto probabilmente sta contribuendo all’aumento del numero di morti nel Mediterraneo.
Q: Qual è la vostra giornata tipo a bordo? Murard: A mare abbiamo il look-out, ossia la sorveglianza binoculare 24 ore su 24, quando c’è il cambio turno dello staff. Una giornata normale comincia alle 6 di mattina e può durare tutta la notte se abbiamo dei soccorsi notturni.
Q: Tra di voi ci sono anche volontari. Qual è il vostro background? Ci sono anche persone che non hanno precedenti esperienze nelle organizzazioni civili o di salvataggio? Murard: L’intero equipaggio marittimo è specializzato e permanente; non sono volontari. I volontari sono le équipe mediche e gli psicologi, il team di assistenza sanitaria e di assistenza ai profughi.
Q: Oggi è l’ultima giornata dell’Open Ship, che si chiude con una Panel Discussion. Qual è stato l’approccio del Comune di Siracusa e dei siracusani? Murard: Estremamente aperto. Siamo felici. Tanta gente è venuta a visitarci, tanta gente che ha sempre più coscienza di quello che succede nel Mar Mediterraneo.
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