Smarcarsi dagli USA di Trump

, di Mario Dianda

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Smarcarsi dagli USA di Trump
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Gli stravolgenti eventi politico-diplomatici e militari degli ultimi giorni stanno rendendo più che mai evidente l’assoluto immobilismo europeo e la totale assenza di incisività sugli assetti futuri di regioni molto vicine e interconnesse con l’Europa, coma la Libia e il Medio Oriente. Questi drammatici sviluppi nelle relazioni internazionali dovrebbero, però, paradossalmente rappresentare un’occasione per l’Unione Europea: oggi più che mai ci sarebbe l’opportunità concreta di sviluppare una politica estera autonoma, smarcandosi sensibilmente da quello che è un alleato scomodo nella zona, come gli Stati Uniti di Donald Trump, che stanno conducendo attività diplomatiche e militari fortemente destabilizzanti. Azioni che vanno apertamente contro gli interessi dell’UE, perché sarà il Vecchio Continente, più di altri, a pagare le conseguenze di quelle scelte (leggasi abbandono dei curdi nelle mani della Turchia e strategia della tensione crescente con l’Iran).

Il raid che ha portato all’uccisione del plenipotenziario generale iraniano Soleimani, del quale i Paesi dell’Unione Europea non sono stati nemmeno informati, rappresenta una prova palese di quanto la sponda orientale dell’alleanza atlantica venga considerata dal principale player della stessa: zero. L’UE è intrappolata nella NATO, un’alleanza vincolante con un Paese che da quando Donald Trump ne è Presidente, non si può considerare al 100% un alleato: a fronte delle minacce per spingere i Paesi europei parte della NATO ad aumentare le spese militari, Trump ha sempre mostrato , né più né meno di Putin, delle aperte simpatie verso quelle forze politiche che l’Unione Europea vorrebbero disgregarla, ha imposto dazi su molti prodotti europei esportati negli Stati Uniti, estendendo anche al Vecchio Continente la guerra commerciale iniziata con la Cina, ha unilateralmente abbandonato importanti accordi multilaterali, come quello di Parigi sul clima o quello sul nucleare con l’Iran. Tutto questo non è più tollerabile, semplicemente volgendo lo sguardo da un’altra parte.

La NATO rappresenta un’alleanza evidentemente superata dai tempi, varata a pochi anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, quando il mondo intero era suddiviso in due soli blocchi fortemente contrapposti. All’epoca era assolutamente necessaria una scelta di campo, o si stava da una o si stava dall’altra parte e l’Europa Occidentale scelse giustamente di stare dalla parte della libertà. A partire dalla caduta del muro di Berlino, però, il mondo è profondamente cambiato ed ora le relazioni internazionali sono talmente diverse che la logica su cui si basa la NATO sembra decisamente obsoleta. Lo scenario geo-politico globale vede la presenza di molteplici potenze e di alleanze molto fluide tra le stesse, date da interessi dinamici e contrapposti. Agli USA e alla Russia si sono aggiunti altri player globali che sviluppano una propria autonoma strategia in politica estera, come la Cina e potenze regionali che si contendono zone di influenza alleandosi alternativamente con l’una o con l’altra delle grandi potenze, come l’Iran stesso, la Turchia o l’Egitto. In questo contesto, se l’Unione Europea riuscisse ad avere una voce univoca e forte in politica estera, andrebbe annoverata al pari delle grandi potenze USA, Russia e Cina. L’alleanza a tutti i costi con gli USA costituisce una gabbia stretta anche perché gli interessi in campo sono troppo spesso contrastanti.

Non si può che essere d’accordo con le parole di Macron, quando ha parlato di stato di morte cerebrale dell’Alleanza Atlantica: o quest’ultima viene rinnovata su dei presupposti concreti (ad esempio una concordata politica mediorientale e mediterranea) oppure muore. Considerando la gestione delle relazioni internazionali portata avanti da Trump anche quest’ultima opzione non sarebbe da vedere negativamente. Infatti, un forte intervento dell’UE nella gestione delle crisi mediorientali, potrebbe portare un approccio meno muscolare e una relazione più distesa con le potenze regionali. Il beneficio principale di questa linea politica sarebbe indubbiamente quello di ridurre l’avversità del mondo arabo verso l’Occidente in generale. L’Europa sia per storia che per vicinanza geografica deve poter dialogare con le potenze arabe e deve potersi distaccare dallo schiacciamento sulla posizione degli Stati Uniti, che avversano apertamente uno Stato importante per la stabilità della zona come l’Iran e con il quale per l’Europa sono invece di più gli interessi convergenti che quelli divergenti.

Certamente l’Iran non è un esempio di libertà di pensiero e democrazia, se si pensa ad esempio che nella Repubblica Islamica è prevista la pena di morte per molti reati, tra cui l’apostasia (il ripudio della propria religione) e che vige la cosiddetta “legge del taglione”, per noi ormai un retaggio medievale. È importante, però, anche considerare che lo Stato persiano è uno dei pochi della regione che rappresenta effettivamente un’identità nazionale pre-esistente (quella persiana appunto) e non è il frutto di confini disegnati a tavolino dalle ex potenze coloniali. Probabilmente una delle conseguenze di ciò è che l’apparato statale iraniano è uno dei pochi effettivamente presenti e funzionanti in Medioriente, con un sistema di pesi e contrappesi e delle regolari elezioni, che, pur con molti limiti, lo rendono in una certa misura assimilabile alle democrazie occidentali. Certamente meno dissimile di altre potenze regionali che sono indiscutibilmente considerate alleate dell’Occidente. Come l’Arabia Saudita, uno dei pochi Stati al mondo dove governa ancora una monarchia assoluta, dove ogni anno vengono condannate alla decapitazione o alla crocifissione decine di persone (per lo più appartenenti alla minoranza sciita) e dove giornalisti liberi come Jamal Khashoggi vengono fatti uccidere. O come l’Egitto, dove il nostro connazionale Giulio Regeni è stato barbaramente torturato e ucciso nel 2016.

Infine, un accenno importante merita la questiona libica. Anche su questa vicenda, come nella gestione di tutto ciò che avviene nelle regioni intorno al Mediterraneo, l’Unione Europea è rimasta colpevolmente inerte, lasciando l’egemonia sul Mare Nostrum completamente nelle mani di Russia e Turchia. Data la vicinanza geografica e gli impatti che gli eventi che avvengono in questa area hanno sul continente europeo, quanto sta avvenendo è perfino più drammatico. L’Europa osserva senza alcuna reazione i vicini player geo-politici che si contendono e spartiscono l’approvvigionamento energetico destinato all’Europa stessa. L’apparente disinteresse degli Stati Uniti per queste vicende doveva rappresentare un’occasione per far sentire, una volta tanto, la voce europea o per lo meno di una parte importante di essa. Invece, l’immobilismo e lo stallo, nascosto dietro a una fumosa volontà di procedere per vie diplomatiche, hanno portato all’intervento diretto sul campo di potenze ostili che hanno tutto l’interesse a respingere l’influenza europea sempre più all’interno dei propri confini e che sono facilitate in questo compito da organismi politici che sanno solo “guardarsi l’ombelico”. E così l’Europa, da naturale potenza egemone, si trova ad essere ogni giorno più ripiegata su sé stessa.

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