Sex, rock and Federazione Europea

, di Arturo Mariano Iannace

Sex, rock and Federazione Europea

Domenica 26 aprile il Presidente del Consiglio dei Ministri ha illustrato, in diretta nazionale, come da tradizione ormai consolidata, i principali punti del nuovo DPCM che, entrando in vigore il prossimo 4 maggio, segnerà a tutti gli effetti l’ingresso degli italiani nella ormai famigerata Fase 2, quella “della convivenza” con il COVID-19. Il nuovo decreto consta di ben settanta pagine, e illustra tutti i dettagli relativi alla graduale riapertura delle attività economiche e produttive del Paese, le disposizioni di sicurezza, prevenzione, protezione da mettere in atto, ribadisce ancora una volta molte delle restrizioni già in vigore, e infine stabilisce alcune novità in termini di libertà di movimento dei cittadini. Di tali novità una, in particolare, costituisce forse l’aggiunta più significativa: l’Articolo 1, paragrafo a), introduce una nuova ragione valida di spostamento, affermando che “si considerano necessari gli spostamenti per incontrare i congiunti”, fatto salvo l’obbligo di mantenere il distanziamento di un metro, l’utilizzo delle mascherine, e l’ovvio divieto di assembramenti (come lo stesso Presidente del Consiglio ha ribadito in diretta, “niente party di famiglia”). I giornalisti che hanno avuto modo di interrogare il Presidente del Consiglio a seguito della conferenza hanno (giustamente) chiesto delucidazioni importanti, tra le altre cose, riguardo la scuola, lo sport, il continuo utilizzo dell’autocertificazione. Tuttavia, c’è stato un grande assente, sia in tali domande, come nel discorso del Presidente Conte: la sessualità. Ma andiamo con ordine, e ripercorriamo le tappe di questi ultimi giorni.

Né il decreto del Presidente del Consiglio, né il Presidente stesso nel suo discorso, specificano cosa si intenda esattamente per “congiunti”. Inutile a dirsi, la domanda è sorta spontanea a molti, e così già poche ore dopo la conferenza ci si poteva già imbattere sul web in articoli che cercavano di dare una definizione esaustiva di cosa significhi essere “congiunti” per la legge e la giurisprudenza italiane. In particolare, in un breve quanto simpatico ed interessante articoletto, un giurista è anche riuscito a rispondere ad una domanda che, in fondo, stava assillando molti nostri concittadini: ma coloro che vivono una relazione non legalmente formalizzata (in parole povere, i fidanzati), possono considerarsi congiunti oppure no? La risposta è risultata tutt’altro che univoca. Una delle possibili, più ardua da trovare di quanto non possa sembrare a prima vista, si trova in una sentenza della Corte di Cassazione penale del 2014, numero 46351, relativa al risarcimento per illecito stradale. In tale sentenza, la Corte dichiarò che “si è chiarito che il riferimento ai ‘prossimi congiunti’[…]deve essere inteso nel senso [che sia presente]un saldo e duraturo legame affettivo…”. Particolarmente significativa la motivazione che la Corte adottò, e che vale la pena riportare per intero: “si è osservato che, in tale prospettiva, i riferimenti costituzionali non sono da cogliere negli articoli 29 e 30 della Costituzione, così che detto legame debba essere necessariamente strutturato come un rapporto di coniugio, ed a questo debba somigliare, quanto piuttosto nell’articolo 2 della Costituzione, che attribuisce rilevanza costituzionale alla sfera relazionale della persona, in quanto tale.” Ma qui, è ovvio, siamo nell’ambito del diritto penale; e era tutt’altro che scontato che tale allargamento della definizione di “prossimo congiunto” potesse estendersi al caso in questione. Molto più ‘pessimistica’, infatti, è stata la risposta che già Il Sole 24 Ore ha provato a dare in un articolo. In questo guazzabuglio di possibilità interpretative, quindi, si può dire facilmente che l’unica certezza fosse l’incertezza stessa. Infine, la luce: lunedì 27 indiscrezioni da Palazzo Chigi, prontamente rimbalzate da una testata all’altra, hanno rivelato che nella categoria potevano rientrare anche “fidanzati stabili, affetti stabili.” Meglio tardi che mai, si direbbe. Eppure, il problema resta.

Esso risiede innanzitutto in una domanda: perché il governo, in un decreto di settanta pagine, non è riuscito a estendere immediatamente la definizione di “congiunti”, semmai appoggiandosi alla giurisprudenza esistente e sviluppandone gli assunti, fino a includere i fidanzati (ma includendo i parenti fino al sesto grado)? Ovviamente la priorità del governo, è chiaro, va al contenimento del contagio; in tal senso, includere anche i fidanzati nelle ragioni di movimento avrebbe potuto condurre facilmente ad un’estensione incontrollata dei movimenti stessi, con tutte le negative conseguenze del caso. Ma è davvero così? Si tratta davvero di una risposta legittima? Con gli assembramenti vietati in ogni caso, sembrerebbe quasi un controsenso vietare di vedersi alle coppie, le quali, per definizione, sono composte di due persone soltanto. Eppure, è quello che sta accadendo. La risposta alternativa è che si sia trattata di una voluta omissione, e che l’intento del legislatore sia stato specificamente quello di non includere tale categoria all’interno dei casi previsti dal decreto, salvo poi aggiungere la postilla di lunedì dinanzi alla crescente insoddisfazione generale. Le ragioni di ciò possono essere state molteplici, e non è questa la sede per indagarle. Piuttosto, quello che conta in questa sede è che, per rievocare le parole della sentenza menzionata poco sopra, “l’articolo 2 della Costituzione, che attribuisce rilevanza costituzionale alla sfera relazionale della persona”, in questo caso non fosse stato tenuto adeguatamente in conto fin dall’inizio. Ciò che è peggio esso, e le esigenze da esso rappresentate, garantite, e protette, erano state poste nella pratica in una posizione di subalternità rispetto alle (pur sacrosante) esigenze della ripresa economica e produttiva (e calcistica) del Paese. La precisazione ora è arrivata, è tutto risolto? Non proprio; per una serie di ragioni. La prima, perché la sessualità continua a essere la grande esclusa di questo famigerato decreto (non dimentichiamoci, peraltro, che, secondo il testo ora in Gazzetta, la visita dovrà pur sempre avvenire mantenendo la distanza di un metro e con l’uso di mascherine). Per porre la questione in termini forse più diretti, il governo sta dimostrando di non tenere in giusto conto le fondamentali esigenze sessuali di una gran fetta della popolazione. Secondo, ai danni già subiti, alle limitazioni della libertà personale cui tutti noi abbiamo accettato di sottoporci, ora si aggiunge, per molti concittadini, l’ulteriore beffa di rischiare di non vedere riconosciuto il proprio diritto all’affetto della persona amata ed al reciproco legame affettivo e sessuale, laddove la definizione di “fidanzati stabili” lascia molto all’interpretazione degli eventuali controllori. La sfera sessuale e amorosa della persona-cittadino non è stata ritenuta neppure degna di essere menzionata, in una conferenza stampa in cui, invece, ci si è dilungati abbondantemente su quando potrà ricominciare il campionato di calcio.

Qualcuno potrebbe dire: ma è una missione impossibile, il sesso, si direbbe quasi per definizione, è un potenziale pericolosissimo veicolo di contagio. In parte è vero, in parte è falso. Perché ciò che a questo governo si può rinfacciare è di non aver neppure preso in considerazione il problema, di non aver lanciato nessun messaggio ai cittadini per accompagnarli durante una situazione delicatissima che ha, di fatto, annichilito per molti ogni possibilità di avere una vita sessuale. Eppure, affrontare la questione è possibile, comunicare con i cittadini riguardo il problema è fattibile. Lo dimostra, tra gli altri, il documento di due pagine rilasciato dal Dipartimento della Salute di New York, dall’eloquente titolo “Sex and Coronavirus Disease 2019”, contenente istruzioni su come affrontare il rapporto sessuale (e affini) durante il contagio; ma senza andare oltreoceano, basterebbe dare un’occhiata ad altri Paesi europei, per esempio la Danimarca, dove il Direttore Generale dell’Autorità Sanitaria ha pubblicamente detto che “as with any other human contact, there is a risk of infection. But of course one must be able to have sex”. (Qui il testo ad un breve articolo in merito). In Italia, il Paese che ha adottato le misure più stringenti in assoluto, invece, si tace. D’altronde, è francamente difficile sorprendersi di un tale atteggiamento (di disprezzo? Di indifferenza?) verso la sfera sessuale e amorosa della persona-cittadino, in un Paese in cui l’educazione sessuale all’interno dei curricula scolastici è ancora osteggiata, e in cui per giungere a un riconoscimento delle unioni civili si è dovuti passare attraverso un vero e proprio calvario legislativo.

Tuttavia, a questo punto sorge spontanea una domanda: qual è il nesso tra questa questione, così apparentemente squisitamente italiana, ed il federalismo europeo? Per dare una risposta il più esaustiva ed efficace possibile, è necessario ribadire che tutto quanto abbiamo detto finora si trova, per così dire, nel punto di congiunzione di tre problemi estremamente rilevanti:

  1. La gestione nazionale dell’emergenza sanitaria (e il relativo diritto alla salute del cittadino);
  2. I diritti della persona in quanto tale (per quanto concerne, nel nostro caso, la sfera affettiva e sessuale, in quanto garantiti dall’Articolo 2 della Costituzione, come sopra menzionato);
  3. Il senso di responsabilità civica del singolo cittadino;

Sarebbe inutile ribadire qui quanto è già stato abbondantemente detto sui limiti che la gestione prettamente nazionale dell’emergenza che stiamo vivendo abbia dimostrato. Essi sono davanti agli occhi di tutti, ogni giorno; e nonostante le nuove misure che l’Unione Europea ha deciso di mettere in campo (i cosiddetti ‘recovery funds’, per esempio) siano un passo in avanti, comunque siamo ancora in una situazione in cui, volenti o nolenti, le decisioni principali e più rilevanti sulla gestione dell’emergenza restano nelle mani dei singoli governi degli Stati membri (e per una prospettiva federalista sulla questione, basti scaricare lo speciale che Eurobull ha rilasciato proprio lunedì, che riunisce tutti gli articoli che hanno affrontato l’emergenza COVID-19 da questa prospettiva). E se la mancanza di risorse (a livello sanitario) è da considerarsi tra le cause principali della necessità di imporre restrizioni alla nostra libertà personale, quali quelle che stiamo sperimentando da marzo, allora essa può considerarsi anche direttamente collegata alla questione che stiamo affrontando in questa sede. Detto in altre parole, la mancanza di un approccio europeo e federale verso l’emergenza costituita dal COVID-19 ha reso possibile una discriminazione grave tra gli stessi cittadini italiani; e, in un effetto a cascata, ha reso possibile la violazione implicita di uno degli articoli fondamentali della nostra Costituzione. Già questo basterebbe a rendere evidente quanto la necessità di una struttura politica federale a livello europeo diventi sempre più urgente per proteggere e promuovere le libertà fondamentali dei cittadini. Perché, a dispetto di quanto possono asserire alcuni rumorosi oppositori, la sessualità rientra tra tali diritti. Ma, come detto, c’è anche un terzo elemento da prendere in considerazione, quello del senso di responsabilità dei singoli cittadini (italiani, in questo caso). È evidente che, se si vuole che la sfera sessuale ed amorosa dei cittadini venga protetta e posta sullo stesso piano delle altre priorità del governo, ciò implica anche la necessità di un aumento del senso di responsabilità da parte dei singoli cittadini, onde evitare che il riconoscimento di un diritto fondamentale diventi niente più che una scusa per una violazione generalizzata e ingiustificata delle restrizioni. Detto in altri termini, se si vuole che il governo rispetti i diritti dei cittadini, sono proprio i cittadini, in primis, a doverli rispettare.

Ma, ancora una volta, in che modo questa necessità avrebbe a che fare con la lotta politica federalista? La risposta è semplice: perché tutto ciò va a toccare le fondamenta stesse del pensiero e della lotta federaliste. Fin dalla stesura del Manifesto di Ventotene, pilastro fondante dell’idea federalista, la libertà da acquisire mediante la creazione di una Federazione Europea venne vista come libertà economica, libertà sociale, e, connessa ad entrambe, allo sviluppo di un rinnovato senso di solidarietà tra tutti i cittadini (quella che gli autori del Manifesto definirono “la solidarietà umana”). Si tratta di tre elementi che il movimento federalista non può e non deve ignorare, ma che vanno tenuti sullo stesso piano. Ora, mentre si è parlato a lungo (e giustamente) delle misure economiche messe in campo dall’Unione Europea, o di quelle che una politica davvero federale avrebbe potuto mettere in campo, e mentre la voce federalista si è (altrettanto giustamente) levata contro gli abusi e le violazioni delle libertà fondamentali che stanno avvenendo in alcuni Stati membri, in primis in Ungheria, ancora nulla si è detto, su questo piano, riguardo l’Italia. Non si tratta di paragonare il governo italiano a quello di un Orbàn (che sarebbe una comparazione assurda, ingiusta, e ingiustificata); ma, piuttosto, si tratta di preservare alcune conquiste fondamentali che si sono fatte dal secondo dopoguerra in poi. Ci sono voluti decenni di lotte politiche, spesso accanite, per veder riconosciuti i diritti civili legati alla libertà affettiva e sessuale; ma tali diritti sono, per loro natura, fragili, e come tali restano perennemente in bilico tra lo svilimento nato dall’indifferenza e la soppressione che risulta da una concezione moralista e paternalista dello Stato e della società. A entrambi questi pericoli, il movimento federalista non può restare indifferente, perché in caso contrario verrebbe meno al suo compito di forza inerentemente progressista, violerebbe la sua natura di movimento per la libertà di ogni cittadino. Lungi dall’essere un’appendice, o un capriccio di cittadini stanchi di starsene chiusi tra quattro mura e desiderosi di svago, i bisogni affettivi, amorosi, e sessuali devono essere considerati una priorità. E la lotta in loro favore, e in loro garanzia, offre al movimento federalista un’opportunità importante: quella di far sentire la propria voce, dinanzi a tutti i cittadini, e di mostrare il legame inscindibile tra l’ideale di cui è portavoce e le loro esigenze più quotidiane, più intime, più umane. Per questo, dinanzi alle strane omissioni o apparenti negligenze del governo attuale, sarebbe quanto più auspicabile, se non imperativo, far sentire la voce del federalismo più genuino, e ricordare a tutti che dietro le grandi costruzioni politiche ed economiche, quale si prospetta essere la Federazione Europea, c’è pur sempre la massa dei cittadini, persone, e, soprattutto, esseri umani, con i loro bisogni e i loro desideri.

Non si tratta qui di avanzare subito proposte, non in tempi di così grande incertezza. Piuttosto, porre al centro del problema un’altra visione di questa complicata, complessa situazione, in cui non si possono lasciare dei diritti che sono pur centrali nel definire l’individuo fuori dalla soluzione. Il Movimento Federalista può e deve sfruttare quest’occasione per far avanzare ancora di più la sua azione politica.

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