La ragione più immediata del mutato scenario è l’invasione russa dell’Ucraina, ma la ragione strutturale è un’altra ed un’intervista al Segretario NATO Stoltenberg, nonché un recente paper di Luis Simòn (Elcano Royal Institute) pubblicato sul sito della NATO, lo precisano.
Essi sottolineano che il centro di gravità della politica globale, per due secoli ancorato alla regione Euro-Atlantica, oggi si sta spostando verso quella dell’Indo-Pacifico. Oggi, soprattutto dal punto di vista degli USA, la missione della NATO dovrebbe sempre più tenere conto di questo spostamento e darsi non più una missione regionale, come è stato fino ad ora, bensì una missione globale e quindi farsi anche carico del problema della sicurezza nell’Indo-Pacifico.
Le preoccupazioni europee seguite all’invasione russa in Ucraina vengono certamente prese in considerazione ma, sia pure con discorsi circonlocutorii, soprattutto da parte del politologo Luis Simòn, si cerca di dimostrare che l’aggressiva politica russa è frutto dello spostamento del centro di gravità della politica mondiale. In ogni caso, ci si preoccupa di chiarire che questa è la principale preoccupazione degli USA, mentre in Europa si continua a ritenere che la guerra in Ucraina abbia riportato l’attenzione americana sulla sicurezza europea, quando in realtà è sempre più evidente che la sicurezza europea dipende dagli europei e non dagli USA.
Cosa comporterebbe per l’Europa questo spostamento dell’attenzione strategica verso l’Indo-Pacifico rischia di restare oscuro fino a quando si continuerà a considerare il Trattato dell’Atlantico del Nord come sinonimo della sua organizzazione militare, la NATO. Il primo è un’alleanza politico-militare che gli USA firmarono con i paesi europei per difenderli da un’eventuale aggressione sovietica. La seconda è il braccio militare di quest’alleanza che, con il tempo, è diventato un’organizzazione che vive di una vita propria. Già Altiero Spinelli, a suo tempo, aveva sottolineato l’originalità dell’organizzazione militare dell’Alleanza atlantica che, in quanto struttura militare autonoma e permanente, era un caso unico nella storia delle alleanze militari. Ma una volta detto questo, se si vuole cogliere il significato del previsto nuovo concetto strategico NATO, la distinzione va tenuta presente.
Se la NATO deve essere coinvolta nella sicurezza asiatica perché essa è collegata alla sicurezza europea, ciò significa che la sicurezza sta diventando un problema globale e non regionale. Uno spostamento dell’attenzione della NATO di questo tipo, senza un ampio dibattito pubblico a livello europeo, significherebbe cambiare, surrettiziamente, la missione dell’Alleanza Atlantica, in quanto i paesi UE che aderiscono alla NATO si dovranno impegnare anche a presidiare l’Indo-Pacifico. Quindi il problema non è tanto ridefinire la missione della NATO, quanto ripensare l’Alleanza atlantica.
L’altro punto che i testi ricordati all’inizio lasciano in ombra è, più in generale, il problema dei rapporti tra UE e USA. L’invasione russa dell’Ucraina, apparentemente, ha avuto l’effetto di rinsaldare il legame transatlantico, ma non si può sostenere che siano superate le incertezze che, negli ultimi anni, hanno riguardato il futuro dell’Alleanza atlantica e della sua struttura militare e che erano state alimentate dalle frasi di Obama, di Trump, di Macron, e dal precipitoso e non concordato ritiro USA dall’Afghanistan, deciso da Biden. Se esse mettono in luce un dilemma che è tutt’altro che recente - in quanto risale agli anni ’50 e ’60, quando si discuteva dell’effettiva volontà americana ad assicurare la copertura nucleare all’Europa -, vi è un fatto nuovo di cui tenere conto.
La novità è stata ben messa in luce dallo slogan “America First” della campagna elettorale di Donald Trump. Questa frase significa che si è arrivati alla fine della politica bipartisan americana che, al di là dei richiami all’insufficiente sforzo militare europeo, non metteva mai in discussione l’importanza del legame atlantico. A partire da Trump, che si è fatto interprete di un diffuso sentimento, nell’opinione pubblica americana, di stanchezza circa il ruolo degli USA di gendarme del mondo (e di insofferenza nei confronti di un’UE che non si fa carico della propria sicurezza), la politica atlantica degli USA è divenuta oggetto di contesa nel dibattito politico americano e non si può quindi escludere che in futuro venga messa in discussione. L’UE deve quindi cominciare a prendere atto che la sua sicurezza non può dipendere dall’esito dei cicli elettorali americani, ma che vi dovrà provvedere in modo autonomo.
Per gli europei, il prossimo vertice NATO sarà quindi anche l’occasione per riflettere su come assicurare la propria difesa, non solo perché, come detto sopra, l’interesse prioritario degli USA è ormai l’Indo-Pacifico, ma anche perché la guerra in Ucraina sta mettendo in evidenza un dato aggiuntivo: il sostegno militare all’Ucraina da problema politico è diventato un problema politico-industriale. I mezzi militari di cui essa ha bisogno supera la capacità europea di assicurare contemporaneamente la propria difesa, rendendo così ancora più problematico pensare che l’UE riesca a far fronte anche agli impegni nell’Indo-Pacifico (al di là dell’invio simbolico di qualche nave o sommergibile, come hanno fatto recentemente Francia e Germania).
I problemi che si stanno addensando sulla scena politica mondiale rendono indifferibili dei passi avanti verso una difesa europea. Tuttavia, se è vero che il problema della sicurezza è un problema globale, la politica di difesa europea si trova di fronte all’alternativa tra l’essere un mattone dell’arroccamento occidentale o quello di un’istituzione globale per la sicurezza che potrà anche basarsi, come punto di partenza, sulla NATO, ma che non potrà essere la NATO come la conosciamo oggi.
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