Cos’è la povertà, come si manifesta e soprattutto, come la si può affrontare all’alba degli anni ’20 del XXI secolo? Queste sono le domande alla base di “Disuguaglianza e povertà in Europa”, scritto dal dott. Stefano Bellagarda e edito da “Albatros Il Filo”. Povertà che l’autore, in linea con la tendenza più contemporanea di osservare e studiare i fenomeni da un punto di vista olistico, non monolitico, collega non esclusivamente alle dinamiche economiche di tante persone e famiglie diffuse in tutto il mondo, ma piuttosto a quella condizione di isolamento, di separazione dalla vita sociale, culturale e comunitaria del proprio ambiente di riferimento. Ecco che quindi la povertà di esprime nella solitudine, nell’incapacità di vedere con certezza (in un mondo con sempre maggior incertezze) verso il futuro, nella distruzione dei legami.
Il libro di Bellagarda si propone prima di analizzare le diverse cause della povertà, e i loro effetti, su quelle categorie più sensibili e anche deboli, come possono essere i bambini e gli anziani, le coppie di giovani adulti e quelle famiglie monogenitoriali con figli che più di tutte sono suscettibili agli andamenti delle politiche del welfare e agli influssi dell’economia. Proprio su di loro è necessario centrare il focus, e anche le attenzioni. Le fasce più vulnerabili, come anche la recente epidemia di Covid-19 sta dimostrando, sono quelle che in casi emergenziali non solo soffrono, ma vengono spezzate ed isolate. Clochard e persone nella fascia liminare, a metà tra la periferia e l’abbandono, sono quelle che più duramente stanno, e saranno, colpite dal crollo economico che sicuramente, prima di ogni possibile ripresa, toccherà lo stato contemporaneo di cui i limiti il virus sta mettendo in mostra. L’opera si muove su diversi fili, mettendo prima in luce come si possa interpretare la povertà in questa nuova decade, ma poi spingendo verso le due possibili vie di soluzione: intervento pubblico e cooperazione. Cooperazione che, viene messo bene in luce negli ultimi capitoli del lavoro, può essere sospinta dall’Unione Europea che molto già fa nell’affrontare il problema con una serie di strumenti, eloquentemente descritti nel lavoro di Bellagarda. Il libro si propone di mettere in luce i diversi meccanismi che sono alla base del circuito quindi della povertà, delle sue fasce sensibili ma anche come affrontarli, in virtù della presenza di meccanismi internazionali di sostegno come quelli europei che devono essere proattivi e non solo una finale difesa dagli stati di indigenza. Proattività e cooperazione sono le lezioni che il libro “Disuguaglianza e povertà in Europa” mette in risalto come le uniche vere possibilità di aiutare la popolazione europea, tutta, ad affrontare i rischi e le incertezze che ci vengono poste dinanzi. Il libro affronta giustamente la povertà (come ben scritto, che va contraddistinta tra una povertà reale ed assoluta e le povertà relative) come un problema non solo economico ma anche politico, razziale, sociale, culturale, identitario anche. Essere “poveri” vuol dire essere anche percepiti come tali, percepirsi in autonomia, allo specchio, come tali. Spesso proprio per questo problema dell’identificazione del sé con il povero e/o escluso, porta le persone a evitare anche quelle strategie pubbliche che potrebbero assistere nel recupero in una posizione, anche sociale, migliore.
Il principio del “Nessuno indietro” è quello di cui l’Europa, insomma, dovrebbe farsi promotrice, in virtù di tutte quelle sacche di esclusione che pur sono sotto gli occhi di qualunque abitato di media grandezza in su in qualsiasi parte di Europa, se non del mondo. L’escluso è spesso sotto gli occhi di tutti, ai lati dei marciapiedi, vicino le stazioni. La loro presenza viene spesso collegata, ingiustamente, al tema del “degrado”, allontanata con creatività architettoniche, in qualche modo ancora più marginalizzata.
Per questo la povertà deve essere affrontata come una issue complessa e ramificata tra più strati della società civile e degli stati-nazione. C’è bisogno da un lato dell’impegno di coloro che vivono in povertà nel rialzarsi dalla loro condizione, ma allo stesso c’è anche bisogno, d’altro canto, che i governi non colpevolizzino né si limitino a essere assistenti, come bastoni per la vecchiaia. C’è bisogno che, da un lato all’altro, vi sia proattività e volontà di attivare nuovi meccanismi, sia pubblici che individuali, che siano capaci di mettere in avvio un ciclo positivo e costruttivo, di relazioni umane e sociali, capaci di far rientrare all’interno del tessuto della società tutte quelle persone prima ingiustamente escluse. L’Unione Europea ha gli strumenti, come il libro mette bene in mostra, per inaugurare questo ciclo che oggi più che mai è doveroso e necessario lanciare. Covid-19 sta mettendo a dura prova non solo le economiche, gli interi tessuti di vite quotidiane, della comunità e delle culture occidentali e non.
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