È il momento dell’impresa pubblica europea

, di Domenico Moro

È il momento dell'impresa pubblica europea

Quando Franklin Delano Roosevelt, all’inizio del mese di marzo del 1933, lanciò in quanto Presidente neoeletto la proposta di un New Deal, non poteva sapere che, trentacinque anni dopo, il filosofo tedesco-americano Herbert Marcuse avrebbe coniato l’espressione “l’immaginazione al potere”, fatta propria dal movimento giovanile degli anni ’60 e che, alla luce del deludente esito del Consiglio europeo di questi giorni, illumina il significato profondo di quel provvedimento.

La politica di Roosevelt ha dimostrato che il potere di decidere è condizione necessaria ma non sufficiente per assumere iniziative coraggiose. Il Presidente americano che lo precedette, Herbert Hoover, riteneva che la risposta alla crisi economica americana fosse un compito esclusivo degli Stati membri della federazione americana. Roosevelt, con l’intervento federale, non solo rovesciò questo paradigma politico, ma cambiò anche quello economico. Il Federal Reserve System che, contrariamente alle intese iniziali, doveva avere una durata di vent’anni, divenne un’istituzione monetaria permanente, le aliquote sui redditi più alti vennero elevate e con l’approvazione del Social Security Act venne introdotta un’assicurazione minima federale contro la disoccupazione. Di fatto, risale a quegli anni, con altri provvedimenti nel settore bancario e finanziario, l’invenzione della moderna politica macroeconomica. Forse meno noti, ma non per questo meno importanti, sono le altre decisioni che hanno accompagnato il New Deal: l’istituzione della Public Works Administration, della Tennessee Valley Authority (TVA) e del Civilian Conservation Corps. Con le prime due il governo federale si dotò degli strumenti per realizzare direttamente le infrastrutture, quali ponti, dighe, scuole, ospedali, che interessavano più Stati membri. In particolare, con la TVA, che tocca sette Stati, si dette vita a un’impresa pubblica che aveva il compito di gestire il bacino idrico del Tennessee e costruire imponenti dighe per la produzione di energia elettrica. Gli investimenti della TVA, oggi la più importante impresa pubblica americana nella produzione di energia, vennero finanziati con un prestito della durata di settant’anni (l’ultima rata del debito è, infatti, stata pagata nel 2006).

Con l’istituzione del Civilian Conservation Corps, Roosevelt ha anticipato quello che oggi si chiama il Green Deal. Esso aveva come obiettivo la tutela dell’ambiente e il lavoro giovanile. Alla fine del programma, che durò nove anni, vennero realizzati numerosi parchi su tutto il territorio americano, piantati tre miliardi di alberi, dando lavoro a tre milioni di persone. La metà del reddito percepito dai lavoratori impegnati in questa occupazione, doveva essere mandato alle rispettive famiglie. Poco prima che Roosevelt varasse il suo piano, quindi non direttamente imputabile a esso, il governo americano prese un’altra decisione destinata a fornire un servizio pubblico essenziale ai cittadini americani: l’istituzione del National Institute of Health, oggi Institutes, al plurale, e diventato il più grande centro di ricerca biomedica mondiale in quanto gestisce 27 istituti e centri di ricerca sparsi sul territorio, con un budget annuo di 32,4 miliardi di dollari per la R&D, contro un miliardo di euro speso dalla Commissione europea.

Quel che preme qui sottolineare è che l’esito di questi interventi è stato il sensibile rafforzamento del governo federale, ma non a scapito del potere degli Stati, quanto in attività nuove, rese necessarie per far fronte alla crisi economica degli anni ’30. L’UE oggi parte da una situazione più favorevole. Accanto ad alcune istituzioni federali, come la politica commerciale, la Corte di giustizia, il mercato interno e il Parlamento europeo eletto, vi è la Banca Centrale Europea, istituzione permanente che ha varato la più ambiziosa politica monetaria da quando è stata istituita e che prevede, tra le altre cose, la possibilità di acquistare obbligazioni emesse da imprese europee, pubbliche e private e che possono essere impiegate in investimenti aggiuntivi. È quest’ultima possibilità che va sfruttata, se si vuole dare un segnale di svolta al sistema economico europeo e che, in una certa misura, è indipendente dal volume dello sforzo finanziario che si vuole sostenere. Se si continua ad insistere sul concetto di “debito comune”, la cui garanzia deve essere assicurata pro-quota dai singoli Stati membri, in quanto segno di solidarietà europea, difficilmente se ne uscirà, perché questa, in realtà, è una solidarietà debole, in quanto si fonda solo sulle convenienze o, nel caso specifico, sulle urgenze del momento degli Stati membri. Questa idea si fonda, di fatto, su un’ipotesi di comunità politica che continua ad essere intergovernativa e non federale. La solidarietà europea si deve fondare su un soggetto diverso che, peraltro, già esiste e che si manifesta ogni qual volta si vota per le elezioni europee: i cittadini europei, il solo soggetto in grado di affermare una solidarietà federale europea.

Le principali istituzioni europee, Commissione e Parlamento, devono avere il coraggio di chiedere l’emissione di debito europeo, garantito da imposte europee, per uscire dal vicolo cieco dell’idea del debito comune. A cosa dovrebbe servire questo debito europeo? I precedenti europei, anche clamorosi, non mancano. Basti pensare all’Impresa Comune Galileo che ha realizzato un sistema di navigazione satellitare di livello mondiale, superiore allo stesso GPS americano. Oppure alla società Airbus, nata come consorzio pubblico e oggi quotata in borsa e leader mondiale dell’industria aeronautica civile e una delle prime nel settore militare. L’UE deve avere il coraggio di promuovere imprese pubbliche e pubblico-private nei settori nei quali è più sentita la necessità di fornire beni pubblici europei: la sanità, la difesa e l’energia. Nel settore sanitario, oltra a rafforzare la riserva strategica di materiale sanitario di cui si è parlato nei giorni scorsi, l’UE, ricorrendo all’art. 187 del TFUE, dovrebbe dar vita ad uno European Institute for Health sul modello americano e destinarvi le stesse risorse in materia di R&D, vale a dire 30-40 miliardi di euro all’anno. La distribuzione territoriale di questi investimenti potrà essere oggetto di trattativa, ma l’importante è procedere in questa direzione. Nel settore della difesa, occorrerà dare il via libera all’accordo tra STX e Fincantieri, estendendolo possibilmente anche a Naval Group, in modo da dar vita a uno dei leader mondiali nel settore della cantieristica civile e militare. In secondo luogo, occorrerà procedere all’istituzione di un consorzio europeo, come era stato a suo tempo per Airbus, per la realizzazione del velivolo di nuova generazione promosso da Francia e Germania. Su questo punto, l’Italia, a differenza delle scelte fatte al momento della costituzione del consorzio Airbus, dovrà decidersi ad una scelta di campo. La nomina di Thierry Breton quale Commissario all’Industria difesa e spazio, dovrebbe agevolare queste iniziative.

Nel settore dell’energia, oltre a quanto già detto in un altro documento del CSF a proposito della trasformazione dell’EURATOM in una Comunità europea dell’energia e dell’ambiente, si può pensare di realizzare il tunnel, sotto lo stretto di Gibilterra, che colleghi il Marocco alla Spagna. Il progetto, inizialmente pensato solo per il trasporto ferroviario, ultimamente è stato rivisto in modo da prevederlo anche come infrastruttura per il trasporto dell’energia elettrica fotovoltaica prodotta dai paesi africani. Questo investimento, oltre a essere uno strumento per l’attuazione del Green Deal, sarebbe anche il segnale alla comunità politica ed economica euro-africana, di una cooperazione strutturale tra l’UE e l’Unione Africana. Il documento appena citato fa anche riferimento alla risorsa propria che potrebbe fungere da garanzia per l’emissione del debito europeo da utilizzare per finanziare le iniziative appena elencate: la border carbon tax. Sia che abbia natura di dazio doganale o di montante compensativo, essa riguarda un provvedimento inerente alla politica commerciale europea, vale a dire una competenza esclusiva dell’Unione europea. Le istituzioni europee hanno il potere di prendere questa decisione e, a differenza di Roosevelt, non devono neppure avere troppa immaginazione. Non sfruttarlo vorrebbe dire affossare definitivamente il progetto europeo e consegnare gli europei al solo volere delle potenze emergenti.

Tuoi commenti
moderato a priori

Attenzione, il tuo messaggio sarà pubblicato solo dopo essere stato controllato ed approvato.

Chi sei?

Per mostrare qui il tuo avatar, registralo prima su gravatar.com (gratis e indolore). Non dimenticare di fornire il tuo indirizzo email.

Inserisci qui il tuo commento

Questo campo accetta scorciatoie SPIP {{gras}} {italique} -*liste [texte->url] <quote> <code> ed il codice HTML <q> <del> <ins>. Per creare paragrafi lasciare semplicemente delle righe vuote.

Segui i commenti: RSS 2.0 | Atom

Leggi anche:

Un MES per gli Enti locali