Torna una nuova Prospettiva Europea da parte del team europeo

Prospettive europee: democrazia al tempo della guerra

, di Afonso Morango, Davide Emanuele Iannace, Marillie Giannakopoulou, Martin Penov , Pinelopi Katsigianni, Tradotto da Camilla Pasqualini, Wojciech Zajączkowski

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Prospettive europee: democrazia al tempo della guerra
«Il sonno della ragione genera mostri», di Francisco Goya. Dominio pubblico

Eurobull supporta la campagna della JEF-Europa #DemocracyUnderPressure che, quest’anno, prende luogo dal 18 al 25 marzo.

Italia - Davide Emanuele Iannace (Eurobull)

La violenza in una foto

La guerra non cambia mai, così come la natura umana. La violenta invasione della Russia contro l’Ucraina ha mostrato al mondo occidentale quanto sia fragile la pace che esso ha costruito attorno ai suoi confini - perché la triste verità è che la pace era una realtà concreta solamente all’interno della nostra fortezza, mentre continuano a svolgersi scontri armati in ogni altro continente.

La realtà più sconvolgente dei conflitti contemporanei non sono le potenti armi utilizzate, ma soprattutto la pornografia della violenza che ne consegue. Siamo letteralmente sommersi da immagini e video della violenza, una violenza reale e concreta. I droni registrano la distruzione dei veicoli e le posizioni dell’artiglieria; le telecamere mostrano ospedali che cadono come castelli di sabbia, il tutto in tempo reale.

Siamo ben oltre il reportage, come strumento per catturare le notizie, per riferire aggiornamenti ed informare la popolazione. I social media sono letteralmente saturi di immagini e video della guerra in corso, che da un lato sembra cauterizzare il conflitto stesso, sembra normalizzare la violenza; allo stesso tempo, sembra concedere ad ogni persona il diritto di commentare, di parlare, di contestare - questo è vero questo è falso, questo non è giusto, questo è giusto. Mentre in Russia il governo cerca con tutti i suoi sforzi di fermare la diffusione di qualsiasi tipo di informazione sull’invasione, in Occidente - e non solo - c’è un flusso costante di materiale audio-visivo proveniente dalle zone contese.

È questo il senso della libertà di parola e di stampa? Penso che stiamo perdendo la capacità di vedere una realtà tragica e di capirne la miseria. Invece, ci limitiamo a seguirla dietro i nostri schermi come se fosse un film, un videogioco, uno spettacolo, un concorso di realtà di sopravvivenza, un X-Factor, in cui il vincitore prende la sua vita e torna a casa.

Comprendere i limiti di questo triste approccio alle immagini provenienti dall’Ucraina è un primo passo per creare una vera opinione pubblica informata sul conflitto, e la reale possibilità per la popolazione europea di avvicinarsi ad esso con il rispetto che merita, il rispetto che meritano le vittime. Fermare un conflitto è una scelta politica. Una scelta politica, in un paese democratico - come l’Italia e come quello Europeo - trova la sua ragione d’essere nella volontà del popolo. Un popolo che merita di conoscere la verità, ma che deve anche rispettarla.

Continueremo a vedere principalmente la proiezione delle diapositive di corpi e di edifici fatiscenti, di carri armati che esplodono in raffiche di fuoco e di elicotteri che cadono dal cielo come neve. Comprendere la violenza delle immagini permetterà alle persone di comprendere la violenza stessa, e la necessità di intervenire, di agire, di fermare la violenza insensata di questa invasione. Solo affrontando quanto stiamo diventando indifferenti al dolore e alle brutture del mondo, diventeremo probabilmente capaci di agire politicamente per perseguire il nostro obiettivo: una pace globale, un miglioramento globale, una capacità globale di affrontare le sfide di domani.

Regno Unito - Martin Penov (TNF)

Parole ed Azioni: la risposta mista del Regno Unito all’invasione russa dell’Ucraina

Il Regno Unito è un Paese che è stato storicamente orgoglioso del suo sostegno all’umanitarismo. Pensare ad una prospettiva globale è alla base della visione post-Brexit di Boris Johnson, di una “Gran Bretagna globale”. Può sembrare dunque sconcertante che il Regno Unito sia l’unico paese in Europa che non accetta i rifugiati ucraini senza un visto.

Mentre le comunità della diaspora dell’Europa Orientale si sono riunite per organizzare raduni, lanciare raccolte di fondi e ospitare eventi di beneficenza, molti si chiedono perché la Gran Bretagna sia stata così cauta. Mentre i paesi dell’Europa Centrale e Orientale come la Polonia, la Romania e la Moldavia, hanno aperto le loro frontiere per accettare oltre 3 milioni di rifugiati, il Regno Unito ha appena iniziato ad allentare le restrizioni sui visti il 14 marzo, dopo che una petizione al Parlamento ha superato le mille firme. La risposta è stata a dir poco deludente e c’è un evidente divario tra ciò che il governo dice e ciò che effettivamente fa. Mentre molti edifici in tutto il paese sono stati illuminati con i colori della bandiera ucraina, questi gesti simbolici non compensano il fatto che il governo abbia rifiutato di rinunciare ai visti o di attuare sanzioni più severe contro gli oligarchi per colpire le grandi quantità di denaro russo a Londra.

L’inazione dei governi è stata apertamente criticata da molti, compreso il presidente francese Emmanuel Macron, che ha notato che la Gran Bretagna dovrebbe essere all’altezza delle sue «grandi dichiarazioni”. Il nuovo schema»Homes for Ukrainians" ha anche ricevuto una discreta quantità di critiche per aver messo la responsabilità sui cittadini britannici, ai quali è stato chiesto di offrirsi come volontari per ospitare i rifugiati, rendendo gli ucraini dipendenti dalla buona volontà di estranei e aprendoli alla possibilità di sfruttamento.

Indipendentemente dalle critiche, è improbabile che il governo cambi presto la sua posizione. L’ostilità verso la migrazione non è una novità per la politica britannica, con gli europei dell’Est che condividono una lunga storia di attacchi dai populisti britannici e dai famigerati media di destra. Il partito conservatore al potere ha anche una lunga storia di accettazione di donazioni da parte di ricchi finanziatori russi, disincentivando il governo dal seguire il regime di sanzioni dell’UE. Con l’aggravarsi della crisi, saranno necessarie più cooperazione e unità tra i paesi europei. Se il Regno Unito vuole veramente perseguire un futuro globale e mantenere un buon rapporto con i suoi vicini, dovrà adottare la posizione del resto del continente contro il governo russo e mostrare un fronte europeo unito per sostenere la lotta dell’Ucraina per la libertà.

Portogallo - Alfonso Morango (TNF)

Il 26 febbraio, così come il resto d’Europa e del mondo, il Portogallo si è svegliato con il suono delle trombe di guerra in Ucraina. Il mondo non sarà mai più lo stesso e, ancora una volta, un conflitto armato su scala globale minaccia di cambiare il corso della storia.

Negli anni ’90, la crisi in Ucraina ha portato diversi ucraini ad emigrare in Portogallo. Oggi, ve ne sono all’incirca 28 mila, ma nel 2008 erano circa 80 mila. Ci sono ancora tra gli undici ed i dodici mila che hanno già la doppia cittadinanza e per questo non sono inclusi nelle statistiche del Servizio stranieri e frontiere. Per molti, tale è l’integrazione in terra lusitana che l’unica cosa che denuncia gli ucraini è il loro accento.

Perciò, anche se il Portogallo è il paese più occidentale dell’Unione Europea, è una guerra che preoccupa in modo speciale la maggior parte dei portoghesi. L’Ucraina non ci è mai stata estranea e ora, come europei, vediamo il nostro continente sotto attacco di un dittatore che cerca distruzione e disordine.

L’opinione pubblica in Portogallo converge ampiamente, come membro della NATO e dell’Unione europea, nel condannare con veemenza l’azione di Putin.

A livello locale, sono visibili gli sforzi di solidarietà delle famiglie portoghesi che cercano di aiutare come possono i nostri vicini europei che soffrono sotto il delirio di un criminale di guerra figlio dell’imperialismo russo. Decine di raccolte di beni vengono organizzate ogni giorno e anche i portoghesi più riluttanti sono ora attenti alle notizie che toccano questa terribile e catastrofica guerra.

Polonia - Wojciech Zajączkowski (Kurier Europejski)

Nel caso della Polonia, l’eterna questione dei legami tra democrazia e guerra ha recentemente acquisito un nuovo significato quando il primo ministro Mateusz Morawiecki e il vice primo ministro Jarosław Kaczyński si sono recati a Kiev per esprimere la loro solidarietà all’Ucraina in guerra.

Per un giorno c’è stata una sensazione di consenso generale che governava il dibattito pubblico - i peccati di Diritto e Giustizia hanno perso il loro significato e Kaczyński rappresentava l’intera società polacca. È possibile sostenere il governo in alcuni campi e criticarlo in altri? È lo stesso Kaczyński che è responsabile della distruzione della democrazia polacca e dello stato di diritto. È a causa sua che alle donne sono negati i diritti riproduttivi di base e la comunità LGBT è stata vittima di bullismo da parte della polizia nell’estate del 2020.

Eppure, nel momento del pericolo o del dolore, i polacchi hanno una capacità unica di riunirsi e dimenticare temporaneamente le dispute in corso. Così è stato nel 2005, nel 2010 e così è oggi. A partire dal 18 marzo, due milioni di rifugiati dall’Ucraina sono entrati in Polonia. La società civile continua a fornire loro riparo e qualsiasi aiuto di cui possano avere bisogno. Il governo ha approvato una legge che permette di accelerare l’attribuzione dei numeri di sicurezza sociale (PESEL) ai cittadini dell’Ucraina.

È giusto sostenere il governo in tempo di crisi. È importante non dimenticare di renderlo responsabile in tempo di pace.

Grecia - Pinelopi Katsigianni, Marillie Giannakopoulou

La Grecia e l’Ucraina hanno molto in comune fin dal passato. Le tradizioni, la cultura e la religione di questi due paesi hanno anche contribuito a costruire forti relazioni diplomatiche. Inoltre, la Grecia è uno dei principali sostenitori dell’ingresso dell’Ucraina nella NATO e nell’Unione europea. Quindi, è evidente che la reazione della Grecia sarebbe di sostegno all’Ucraina.

Prima di tutto, il primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis ha dichiarato che "Nessuno si aspettava che il presidente Putin prendesse la decisione di invadere l’Ucraina, anche se abbiamo avuto un avviso, soprattutto dai servizi segreti degli Stati Uniti, che questo era ciò che stava progettando [...] Quello che è certo è che il presidente Putin ha scelto di invadere un paese indipendente e democratico, di violare l’inviolabilità delle frontiere e di imporre effettivamente il proprio stile di vita in un paese vicino [...] La Grecia ha inviato materiale di difesa (due C-130) per rispondere alla richiesta di solidarietà pratica dell’Ucraina. [1]

Milioni di rifugiati ucraini stanno cercando un posto sicuro per passare la notte senza il suono assordante dei bombardamenti e le sirene della guerra. Rifugiato. È impossibile afferrare il suo significato se non lo si è vissuto. Eppure, nonostante sia una situazione ugualmente dolorosa per ogni essere umano, la discriminazione razziale e religiosa fa di nuovo la sua comparsa sulla televisione greca. Un deputato greco, definendo la sua dichiarazione «cinica e politicamente poco ortodossa», non ha esitato a dichiarare alla televisione nazionale che «non stiamo parlando di un massacro in un luogo lontano, nelle profondità dell’Africa, di gente irreligiosa, ma di cristiani, bianchi, europei, che sono da noi, che vengono da noi». Una visione che purtroppo è presente oggi in Grecia dove il razzismo e il bigottismo sono onnipresenti nella vita quotidiana del paese. Inoltre, il portavoce del ministero degli Esteri greco ha dichiarato che i greci morti in Ucraina sono stati uccisi dal fuoco russo e "le bombe ortodosse hanno ucciso gli espatriati ortodossi”.

Nonostante i commenti conservatori, in questi tempi difficili in cui la democrazia è sotto pressione, la solidarietà con il popolo ucraino è stata espressa massicciamente in piazza Syntagma, nel cuore di Atene, dove gli slogan contro la guerra «Stop Putin» e «Stop alla guerra» sono stati suonati a gran voce il primo giorno di marzo da una folla di manifestanti. Allo stesso tempo, il sostegno del paese è anche espresso attivamente, dato che 8.000 rifugiati ucraini sono già arrivati in Grecia, secondo il ministero della protezione dei cittadini.

In conclusione, la reazione della Grecia è stata notevole e importante, considerando le circostanze. La democrazia è minacciata in un luogo vicino ai confini dell’Unione europea. La Grecia non può agire unilateralmente. Tuttavia, tutti gli stati membri europei dovrebbero continuare a reagire con forza e velocità.

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