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Possono i partiti transnazionali rispondere alle sfide globali?

, di Adriano Giuliani

Possono i partiti transnazionali rispondere alle sfide globali?
Rousseau in meditazione nel parco di La Rochecordon, presso Lione, in un dipinto di Alexandre-Hyacinthe Dunouy del 1770. Fonte: Wikimedia, https://it.wikipedia.org/wiki/Jean-Jacques_Rousseau#/media/File:Alexandre_Hyacinthe_Dunouy_-_Jean-Jacques_Rousseau_meditating_in_the_park_at_La_Rochecordon.jpg

Il Covid-19 ha messo in luce problemi sociali impensabili prima della pandemia. La normale quotidianità che da sempre avvolge ogni cittadino è mutata enormemente. Da febbraio 2020 le nostre vite sono state inondate da misure precauzionali che man mano si son trasformate in restrizioni sempre più incisive. Queste restrizioni, attuate da quasi tutti i paesi, sono state immesse al fine di evitare il collasso delle strutture ospedaliere e l’incremento dei decessi.

Un aspetto che deve essere preso in considerazione è sicuramente quello economico: come è noto, infatti, ad oggi la pandemia ha causato la più grande crisi economica dal dopoguerra e, al fine di risolvere il problema, gli Stati, seppure in maniera differente, stanno proponendo delle soluzioni.

In questo quadro una domanda, però, sorge spontanea: un singolo Stato è in grado di attuare politiche utili al fine di arginare il problema?

La diffusione del virus è collegata strettamente alle relazioni interpersonali. Credo sia ovvio pensare che in una società come la nostra, nella quale si viaggia da una parte all’altra del globo con un tempo relativamente breve, anche la diffusione di un virus è più veloce. Viviamo, in altre parole, in una società globalizzata nella quale i rapporti commerciali, sociali e culturali sono sempre più in connessione. Se assumiamo come vera questa condizione, però, dobbiamo identificare come esistente e possibile la presenza di sfide diverse da quelle affrontate dai nostri nonni, sfide per l’appunto globali. Per dirlo in altri termini, penso che sia impensabile ad oggi considerare gli Stati come entità singole che riescano a rispondere ad emergenze globali.

La pandemia ha mostrato brutalmente il cambio di direzione che è necessario intraprendere. Questa ci ha resi partecipi delle stesse sfide, facendoci diventare, da un giorno all’altro, una grande comunità che combatte un nemico comune.

Nello scenario sopra descritto, la politica e in particolare i partiti politici assumono un ruolo da protagonista. Prendendo e sintetizzando al massimo la definizione classica di partiti, questi sono quelle organizzazioni capaci di canalizzare gli interessi e rappresentarli. Il modo in cui operano, ossia il modo in cui rappresentano la propria constituency, può però assumere svariate esposizioni. Qui, mi limiterò ad identificare le due macro-aree predominanti di questo concetto: la rappresentanza descrittiva, e quella sostitutiva.

I sostenitori della c.d. rappresentanza descrittiva vedono nella base elettorale l’elemento centrale, sulle orme di Mill, Mirebeau ed altri. Per questa tesi, un’assemblea rappresentativa è tale se e solo se rappresenta con esattezza le divisioni dell’elettorato e identificando i leader come “lo specchio” della constituency.

Per i sostenitori del concetto di rappresentanza sostanziale, invece, seguendo la scia di Burke, attribuiscono ai leader un ruolo centrale, incaricandoli di perseguire interessi generali utili per l’intera nazione. È utile però, scortati dall’impostazione elaborata da Pitkin ed altri autori contemporanei, fare un passo ulteriore precisando che la rappresentanza sostanziale deve essere concepita come quel meccanismo che, oltre ad attribuire ai leader un ruolo importante, considera la constituency come un organo indipendente e necessario affinché si possano innescare meccanismi di controllo e di accountability.

L’idea che sosterrò si baserà sul secondo concetto di rappresentanza esposto. Le sfide sovra-nazionali hanno bisogno di politiche che vadano oltre la mera politica locale. È necessario avere dei leaders che perseguono obiettivi generali capaci di fornire benefit all’intera comunità. D’altro canto, sfide quali una pandemia o il mutamento climatico hanno messo in luce l’esigenza di ri-formattare l’asset pensato in precedenza. In questo quadro, una delle idee più accreditate sembra essere quella di formare dei partiti transnazionali capaci di intervenire su argomenti comunitari.

Prendendo il caso europeo, ad esempio, dal 2014 è stata regolamentata l’idea di formare partiti transnazionali, ossia gli “euro-partiti”, visti come federazioni extraparlamentari di partiti nazionali appartenenti ai diversi Stati membri che condividono alcune tematiche comunitarie.

La riuscita di questi partiti, però, è ostacolata da problematiche collegate alla modalità con cui si intenderebbe procedere alla fondazione degli stessi. Guardando alla storia dei partiti, specie di quelli di massa, è più semplice cogliere quali siano le peculiarità che differenziano i partiti transnazionali. In primo luogo, i partiti derivati dall’ Unione Europea non hanno, ad oggi, un elettorato coeso e militante, ossia non rappresentano persone con medesimi interessi. In secondo luogo, i finanziamenti europei, regolamentati dal 2014, li hanno messi in una condizione più vicina alle istituzioni che ai cittadini. D’altra parte, i partiti europei, così strutturati, non sono nient’altro che una somma di partiti politici nazionali, e perciò conservano gli stessi difetti delle varie singole organizzazioni.

Un sistema così impostato potrebbe provocare una disaffezione dei cittadini alla sfera politica, antitesi perfetta della funzione partitica stessa.

L’effetto prodotto da una regolamentazione così strutturata, ossia un disciplinamento che assume sostanzialmente una meccanica top-down, potrebbe innescare un comportamento contrario a quello aspettato.

I cittadini, non sentendosi appartenenti al tipo di politiche promosse dai transnazionali, invece che partecipare attivamente alla politica innescando meccanismi di accountability e responsabilità, rivolgerebbero i loro interessi a politiche più vicine a loro, politiche nazionali basate sostanzialmente su slogan. Quest’effetto oramai conosciuto alimenterebbe quella deriva populista tanto temuta dai sostenitori e creatori della politica comunitaria. Anche se le elezioni europee del 2019 e la scomparsa dalla scena politica di Trump come Presidente degli USA ha attenuato l’idea di una presenza considerevole della linea populista (e nel caso europeo anche euroscettica), penso sia importante e necessario pensare che il “nemico” sia sempre dietro l’angolo, capace di dissestare i rapporti da un momento all’altro.

Nel mondo di oggi è necessario pensare organi transnazionali con rappresentanti che, canalizzando le idee particolari, rappresentino gli interessi sovra-nazionali.

I partiti contemporanei, però, sembrano non avere quella forza e struttura necessaria affinché si possano delineare politiche comuni. Trovare una soluzione, a questo punto, sembra essere necessario. Se da un lato, come detto in precedenza, i partiti sovranazionali devono perseguire interessi generali, dall’altro dovrebbero coinvolgere anche i cittadini fornendo loro strumenti utili a innescare meccanismi di responsabilità. Solamente in questo modo, il cittadino incrementerebbe il proprio interesse verso la cosa pubblica diminuendone considerevolmente la disaffezione.

Negli ultimi anni molti politologi, sociologi, filosofi etc. hanno elaborato e proposto idee molto interessanti al fine di ri-coinvolgere i cittadini. Alcune di queste sono, in realtà, una sfida aperta al sistema partitico (ancor di più al concetto di partito transnazionale), basti pensare, ad esempio, all’introduzione del concetto di assemblee deliberative o di democrazia diretta realizzata tramite piattaforme web. Altre, forse meno ambiziose o semplicemente più realistiche, attribuiscono ai partiti un ruolo ancora centrale, a tal proposito viene subito in mente tutto il lavoro fatto dagli accademici sulla intra-party democracy.

In ogni caso, tornando al centro del nostro discorso, Mi permetto di concludere come segue: le sfide globali hanno bisogno di strutture cooperanti e d’insieme che perseguono interessi comunitari. La pandemia ha messo in luce quanto sia importante la cooperazione al fine di perseguire questi interessi.

Le strutture partitiche, essendo ancora oggi il più affidabile mezzo rappresentativo, devono rendere, per così dire, partecipi la loro base. Ma, per fare ciò, è necessario che ci sia un cambio di direzione, un’ulteriore trasformazione partitica, sicuramente diversa dalla precedente, ma che riesca ancora ad avvicinare e includere i cittadini. Un’idea interessante potrebbe essere quella di promuovere alcune soluzioni capaci di incrementare il livello di partecipazione. I leaders, in altre parole, dovrebbero cercare di ri-scovare quell’interesse oramai perso dal cittadino, acquisire credibilità ed ascoltare l’opinione degli altri al fine di rappresentarli nel miglior modo possibile.

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