Complice forse anche il caldo estivo, sono ormai mesi che non sentiamo più parlare del famigerato PNRR, che tanto aveva riempito giornali e notiziari quando era stato lanciato. Ma il PNRR non è scomparso, tutt’altro. É arrivato il momento di riprendere le fila del processo, e vedere a che punto siamo arrivati.
Prima di tutto, da dove siamo partiti?
Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), è un fondo approvato dall’Italia nel Gennaio 2021, finanziato con fondi provenienti dall’Unione europea nell’ambito del progetto Next Generation EU. In tutto, all’Italia sono toccati 191,5 miliardi di cui 70 miliardi - il 36,5% - in sovvenzioni a fondo perduto e 121 miliardi - il 63,5% - in prestiti.
Inoltre, il 6 maggio 2021 è stato approvato il Piano Nazionale degli investimenti complementari, ossia 30,6 miliardi di risorse nazionali per poter agevolare l’attuazione degli obiettivi del PNRR.
Il piano segue delle linee guida e delle scadenze molto rigide: entro il 31 dicembre 2026, tutti i soldi del PNRR devono essere utilizzati. La struttura del piano è ferrea. Esso si divide in milestone (traguardi) qualitativi e target (obiettivi) quantitativi. I primi sono leggi, regolamenti, atti amministrativi e bandi di gara, i secondi, più dettagliati, si riferiscono all’esecuzione di opere. Questi ultimi sono previsti soprattutto tra il 2024 e il 2026.
Per quanto riguarda le Componenti del Piano, esse sono 16 e sono raggruppate in 6 missioni:
- Missione 1 - Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo
- Missione 2 - Rivoluzione verde e transizione ecologica
- Missione 3 - Infrastrutture per una mobilità sostenibile
- Missione 4- Istruzione e Ricerca
- Missione 5 - Inclusione e coesione
- Missione 6 - Salute
Ogni rata versata dall’Unione europea è legata al rispetto dei punti contenuti nel piano entro le scadenze indicate. Finora la Commissione europea ha concesso all’Italia un prefinanziamento da 24,9 miliardi di euro il 13 agosto del 2021, poi la prima rata da 21 miliardi il 13 aprile 2022 e la seconda rata da 21 miliardi all’inizio di novembre, dopo la verifica sui 45 obiettivi previsti entro il primo semestre del 2022.
Il Governo ha chiesto l’erogazione della terza rata alla fine del 2022. Il confronto tra i funzionari europei e italiani doveva concludersi il 30 aprile ma si è prolungato oltre il tempo prestabilito. Il nodo della discussione ha riguardato gli alloggi universitari: secondo il PNRR, infatti, sono stati stanziati in tutto 960 milioni di euro per la creazione di 60mila nuovi posti letto per studenti. Il problema è che, data la scadenza ravvicinata, invece di effettivamente costruire nuove strutture, si stanno prendendo accordi con degli studentati privati, che però non garantiscono che il prezzo resti effettivamente basso. La paura è che semplicemente si vadano a finanziare studentati “di lusso” senza creare una reale differenza per i fuorisede con un reddito di fascia bassa o media.
La famigerata terza rata è stata infine sbloccata a fine luglio. In cambio, l’Italia ha rinunciato a circa 519 milioni di euro previsti dalla terza rata, che è passata così da 19 a 18,5 miliardi di euro. I 519 milioni non andranno persi, ma saranno spostati nella quarta rata del PNRR, che l’Italia conta di ricevere entro la fine del 2023 e che salirà a 16,5 miliardi di euro.
Per rendere un po’ l’idea delle tempistiche: la quarta rata doveva essere richiesta il 30 Giugno 2023 secondo programma, mentre stiamo ancora aspettando la terza.
Per quanto riguarda il Piano nazionale complementare agli investimenti, la situazione non è migliore, anzi. Tra gli obiettivi fissati per il quarto trimestre del 2022, il 25% non era stato conseguito, mentre il 54% era stato raggiunto solo in parte.
Insomma, il PNRR sembra in sofferenza, e per questo si è provveduto più volte a una riorganizzazione dei fondi, a discapito soprattutto del Sud Italia, in cui deve essere investito almeno il 40% del PNRR. A luglio, il PNRR ha subito una pesante riscrittura: 144 obiettivi su 349 sono stati toccati, e sono stati fatti uscire dal testo progetti che rischiavano di saltare a causa dei ritardi.
Per fare un esempio su un tema più specifico, caliamo questo discorso in uno dei nodi più caldi del PNRR: il trasporto pubblico su rotaia. Su questo punto, erano previsti 39,7 miliardi di euro, e finora ne sono stati spesi solo 4,7 miliardi. Il piano prevedeva obiettivi ambiziosi soprattutto per le ferrovie del sud, la costruzione del doppio binario, il potenziamento, elettrificazione, la costruzione dell’alta velocità. Tuttavia, il dover rispettare delle scadenze precise, e il fatto di essere già in ritardo, ha portato allo spostamento di 7,3 miliardi di fondi, facendo uscire varie opere dal PNRR. Per citare alcune linee penalizzate da questo spostamento: la Roma-Pescara, la Napoli-Bari, la Enna-Caltanissetta, la Palermo-Catania-Messina.
Abbiamo parlato di «spostamento» perché le opere in sé non sono state cancellate, ma appunto spostate dal PNRR al Fondo di Coesione. La differenza? Non ci sono limiti di tempo così rigidi nel secondo, ma questo inficerà senza dubbio anche sul termine dei lavori.
Gli spostamenti più consistenti (13,5 miliardi di euro) sono però quelli che riguardano i Comuni. Il Presidente dell’ANCI [1] Antonio Decaro ha lamentato questo elemento con il Ministro competente Fitto, sostenendo che questo ammanco porterebbe a ritardi e gravi dissesti nelle casse comunali, che in molti casi hanno già anticipato denaro per progetti.
Come andrà a finire? Difficile prevederlo ora. In questi giorni, l’Italia dovrà inviare il nuovo piano alla Commissione europea, che a sua volta dovrà valutarlo ed accertarsi che sia ancora in linea con gli obiettivi primigeni.
Una cosa però sembra certa: la burocrazia italiana fatica a stare dietro agli obiettivi di questa grande occasione. Arranchiamo, il personale manca, e la lentezza a cui siamo abituati non ci permette di stare al passo. É necessario esame di coscienza da parte del nostro paese: no, il problema non è che mancano i soldi, non stavolta. Stavolta non siamo in grado di gestirli.
Segui i commenti: |