Le elezioni europee di maggio 2019 saranno le prime nelle quali i nazionalisti e gli euroscettici potranno puntare alla maggioranza del Parlamento Europeo. La maggioranza in Parlamento, fra l’altro, permette di occupare anche le cariche di Presidente del Parlamento e, soprattutto, di Presidente della Commissione. Non sarà sicuramente facile per i nostri amici antieuropei raggiungere un tale numero di seggi, ma il solo fatto che siano nelle condizioni di poterci ambire è rappresentativo della delicatezza del momento attuale.
I fattori che hanno portato alla imponente ascesa nazionalista sono numerosissimi e oltrepassano i confini dell’Unione Europea e dell’Europa, ma ritengo interessante e decisivo il soffermarsi su un paio che invece riguardano esclusivamente l’Unione. Primo colpevole su cui occorre sostare è l’Unione Europea stessa. Infatti, l’Unione Europea con la sua architettura attuale si sta dimostrando incapace di rispondere a molti bisogni dei cittadini. Cittadini che in buona parte addirittura non la percepiscono come un’istituzione collegialmente costruita, ma come un’accozzaglia di tecnocrati (spesso tedeschi o francesi, se ci riferiamo ai cittadini italiani) che impongono decisioni svantaggiose ai vari Paesi membri.
Lo status quo non può funzionare perché ancora ostaggio degli stati nazionali. L’Unione Europea attuale, in cui vi sono solo minuscoli spazi di sovra nazionalità, in cui il grado di democraticità è limitato al solo Parlamento, in cui i capi di governo riuniti nel Consiglio votano sulle questioni più spinose con il diritto di veto, non solo non ha speranza di resistere e di esistere a lungo, ma contestualmente contribuisce a incrementare il fronte a sé opposto.
Lo status quo, dunque, costituito da un Parlamento che non è il centro istituzionale nelle materie più rilevanti, una Commissione solo embrione di un vero governo e, soprattutto, un Consiglio che cerca soluzioni al ribasso, per accontentare tutte le esigenze prettamente elettorali dei vari capi di stato nazionali non è destinato a durare. Davanti a un’istituzione così debole non possiamo meravigliarci che il progetto europeo, la sua storia, i suoi valori non siano il perno degli interessi dei cittadini. Così come non possiamo, conseguentemente, meravigliarci dei voti che i partiti antieuropei riescono ad accumulare.
In secondo luogo, è interessante analizzare un secondo fattore dell’ascesa dei nazionalismi: l’europeismo. Nel corso degli anni (ma anche attualmente) la risposta maggioritaria al nazionalismo è stato (ed è) l’europeismo. Un europeismo scialbo, vuoto di contenuti e pieno di slogan, vago, poco coraggioso e a cui è mancata (e tuttora manca) l’idea di progettualità. Un europeismo che inoltre spesso si è complimentato con il federalismo, adducendogli il merito di essere utopico, di essere un fantastico sogno, di essere un kit di idee meravigliose da tenere serrato per un futuro sempre rimandabile. Piuttosto, il sogno è illudersi che si possa governare il mondo con quello strumento obsoleto, datato e insulso che è lo Stato nazionale. Il sogno è pensare che l’Europa e gli europei possano avere un futuro prospero e di pace affidando il proprio governo a degli staterelli piccoli e irrilevanti dinnanzi alle reali potenze mondiali: USA, Cina, Russia, India, Brasile. Insomma, un europeismo che non è in grado di rendersi conto che a Ventotene Spinelli non favoleggiava, ma, appunto, progettava. Un europeismo incapace di urlare e di contrastare la distopia del mondo contemporaneo: gli Stati nazionali. In più, un europeismo che è stato incapace di riconoscere la forza del suo avversario: il nazionalismo, il quale ha una storia e una teoria forti e radicate. Il professor Alberto Martinelli considera il nazionalismo l’ideologia forte, mentre il populismo l’ideologia debole. Partendo dall’analisi di Martinelli, possiamo permetterci di sostenere che l’europeismo è l’ideologia debole e il federalismo l’ideologia forte. A maggio ci saranno le elezioni europee e, se la battaglia sarà ancora fra europeismo e nazionalismo, non dovremo sorprenderci quando allo spoglio l’ideologia forte avrà racimolato ulteriori voti, a discapito di quella debole. Questa è la seconda causa dell’ascesa nazionalista che voglio sottolineare qui: l’essersi aggrappati in maniera flebile e perdente a slogan deboli e vuoti contro un avversario strenuo e strutturato, accantonando il progetto federalista.
La drammaticità e l’urgenza della situazione odierna non ci permettono di affrontare i nazionalisti antieuropei con proposte timide e insipide. È tempo di dare vita alla battaglia di Ventotene, alla battaglia che Spinelli disegnava nel Manifesto per un’Europa libera e unita, l’unica vera battaglia politica attuale. Se abbiamo a cuore il nostro futuro, non abbiamo alternative: il progetto federalista deve imporsi sull’europeismo e l’Unione Europea deve essere riformata in senso federale.
Come possiamo difendere l’europeismo, davanti a un continente incapace di opporsi alla continua morte di persone nel Mediterraneo? Come possiamo, davanti a un continente incapace di far ripartire stabilmente la propria economia in ogni sua area? Come possiamo, davanti a un continente che dopo secoli di guerre e di morti torna a costruire muri e fili spinati? Come possiamo, davanti a un continente che pare avere dimenticato quanta fatica e quanto sangue ha dovuto spargere, prima di poter permettere ai suoi figli di viaggiare liberamente da una città all’altra al suo interno? Come possiamo, davanti a un continente in cui le parole pace, solidarietà, accoglienza, costituzione sono irrise, mentre la chiusura dei porti è carità? Come possiamo, davanti a un continente che non è più in grado di garantire uno stato sociale solido ai suoi cittadini? Come possiamo, davanti a un continente incapace di trovare un proprio posto nel caos geopolitico odierno e che non è in grado di essere locomotiva di sviluppo e di pace nelle aree di guerra ai suoi confini? Come possiamo, davanti a un continente in cui non si comprende più che l’alternativa è fra unione tollerante e autodistruzione?
Mi pare evidente che, davanti a questo continente, sia irrealistico e folle rimanere ancorati alla debolezza e alla futilità dell’europeismo. Dobbiamo, subito, andare oltre l’europeismo, per andare oltre a questa Unione Europea.
Con una Federazione europea.
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