Mosca o Bruxelles? La Serbia in equilibrio

, di Antonio Caso

Mosca o Bruxelles? La Serbia in equilibrio
Fonte: Image by Stevan Aksentijevic from Pixabay, https://pixabay.com/photos/belgrade-serbia-river-architecture-4583965/

Continuiamo nella nostra serie di approfondimenti sulla Politica Estera Europea. Continuiamo con l’allargamento prendendo in considerazione un altro Paese molto vicino l’UE, per storia e geografia, ovvero la Serbia. Sempre grazie al contributo di Antonio Caso, affronteremo non solo questo complesso paese ma anche lo stato delle sue relazioni con l’Unione.

Stato dei colloqui e capitoli di adesione

Il processo per permettere alla Serbia per diventare ufficialmente un candidato ufficiale all’adesione all’UE è stato molto travagliato, a causa di una sequenza di crisi politiche che hanno coinvolto prima il Montenegro e poi il Kosovo. Tecnicamente, il progetto di allargamento della Serbia è iniziato con i negoziati per un accordo di stabilizzazione e associazione nel 2005, mentre il paese era ancora federato con il Montenegro. All’epoca, erano state condotte trattative tecniche separate su questioni di competenza organizzativa substatale tra le due entità nella Repubblica Federale di Jugoslavia. La Serbia ha poi ripreso i colloqui da sola nel 2007 (nel frattempo il Montenegro avrebbe dichiarato l’indipendenza), con i negoziati per l’accordo conclusi pochi mesi dopo, nell’aprile 2008.

Il 2008, però, è stato anche l’anno della dichiarazione di indipendenza del Kosovo, che ha portato ad una crisi politica senza precedenti all’interno del governo serbo che ha distolto l’attenzione dagli obiettivi di adesione all’UE, soprattutto perché la maggior parte degli Stati membri ha rapidamente riconosciuto la ex-regione come paese indipendente. Inoltre, i Paesi Bassi e il Belgio si sono rifiutati di firmare l’accordo di associazione, poiché la Serbia non collaborava pienamente con il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. A causa della politica di unanimità dell’UE per quanto concerne l’allargamento, questi due veti hanno effettivamente bloccato l’entrata in vigore dell’intero accordo di stabilizzazione fino al 2013.

Nonostante ciò, la Serbia ha richiesto di aderire all’UE nel 2009 e allo stesso tempo ha attuato unilateralmente l’accordo di stabilizzazione e associazione. Avrebbe tuttavia dovuto attendere fino al 2012 prima che l’UE lo accettasse ufficialmente come paese candidato. Ad oggi, su un totale di 35 capitoli di negoziazione, 14 sono stati aperti per i negoziati, di cui 2 sono già stati chiusi provvisoriamente. Gli ultimi rapporti mostrano numerosi miglioramenti nel soddisfare i requisiti, soprattutto nei settori dell’Ambiente e dell’Agricoltura. Tuttavia, molte questioni rimangono ancora critiche e sono necessari progressi nei settori delle disposizioni finanziarie e di bilancio.

La strada davanti

Una delle questioni più urgenti per il futuro delle relazioni UE-Serbia è il rapido calo del sostegno all’adesione. Da un’indagine del 2017, infatti, solo il 51,2% della popolazione era favorevole all’adesione all’UE, il 36,3% era contrario e il 12,5% indeciso. Nel 2009, subito dopo l’entrata in vigore unilaterale dell’accordo di stabilizzazione e la richiesta ufficiale da parte del governo serbo di diventare un paese candidato, il sostegno all’adesione è stato del 71% circa. Oltre a un generico senso di scoraggiamento e risentimento dovuto ai lunghi tempi di attesa dei negoziati, ci sono stati due principali sviluppi politici che hanno contribuito a questo declino: uno relativo alle relazioni UE-Kosovo e l’altro alle relazioni Serbia-Russia.

È impossibile considerare l’adesione della Serbia all’Unione europea indipendentemente dalla situazione del Kosovo. Anche se il governo di Belgrado ha compiuto enormi progressi nel dialogo con Pristina, l’opinione generale su questo tema è ancora molto conflittuale. Dallo stesso sondaggio del 2017, un’altra domanda posta: “se il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo fosse una condizione per l’adesione all’Ue, pensi che questa condizione dovrebbe essere accettata?”. Solo il 12,1% ha risposto sì, il 70,6% no e il 17,3% era indeciso. Se da un lato l’attuale caos politico in Kosovo, determinato dall’affermazione di forze spiccatamente anti-sistema e favorevoli ad un referendum per l’annessione all’Albania e dalle recenti dimissioni del premier Thaçi, può incidere negativamente sulle relazioni con la Serbia, una speranza da questo punto di vista potrebbe arrivare dalla nuova presidenza Biden, da sempre impegnato come vice-presidente nella pacificazione dei Balcani occidentali.

Un’ulteriore problematica, ad ogni modo, nasce anche dalle relazioni tra Serbia e Russia. Anche se l’attuale governo sta cercando di adottare un approccio equilibrato e di mediazione tra Mosca e Bruxelles, la Russia rimane ancora il principale partner politico della Serbia. Inoltre, nel 2015, la Serbia ha avviato negoziati per un accordo di libero scambio con l’Unione economica eurasiatica guidata dalla Russia, rafforzando i suoi legami con l’oriente. È probabile che siano necessari ulteriori sforzi e dimostrazioni di maggiore indipendenza dallo stato euroasiatico prima che i negoziati possano progredire in modo significativo.

Contesto economico

L’economia serba è probabilmente quella di maggior successo nei Balcani occidentali. È considerata un’economia a reddito medio-alto, basata sui servizi con un trainante settore terziario che rappresenta i due terzi del PIL totale. Altri settori economici particolarmente floridi sono quelli dell’industria automobilistica, dell’energia e dell’estrazione mineraria (soprattutto al sud). L’esportazione è sostenuta da importanti produzioni di ferro e acciaio, agricoltura, armi e munizioni e automobili. I suoi principali partner commerciali sono Russia, Cina, Germania e Italia assieme agli altri paesi balcanici.

Il PIL nominale nel 2017 ammontava a $ 5.599 pro capite, mentre quello generale a $ 39,366 miliardi. Il PIL di altri paesi candidati come l’Albania e la Macedonia settentrionale ammontava rispettivamente a $ 13 e $ 11 miliardi, mentre quello croato ammontava a $ 54.840. Questo confronto è emblematico dello stato dell’economia serba. L’economia serba è cresciuta del 3% nel 2018 con un boom del settore edile, cresciuto del 26,4%. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, il tasso di disoccupazione è sceso dal 13,5% nel 2017 all’11,9% nel 2018. Al momento si attesta sull’8%. Anche le retribuzioni medie sono aumentate del 4,2% in termini reali.

Geografia e cultura della Serbia

La Serbia si trova nel cuore dei Balcani, incastonata tra Ungheria, Romania, Bulgaria, Macedonia del Nord, Kosovo, Montenegro, Bosnia ed Erzegovina e Croazia. Si estende su 88.361 kmq e ha una popolazione di oltre 7 milioni di cittadini. A causa della sua posizione geografica e della sua storia, la cultura serba è un mix di influenze ottomane, bizantine e austro-ungariche, come si può vedere chiaramente dall’ampia varietà di piatti tipici che si possono trovare qui. La cucina serba include elementi di culture diverse come crauti, moussaka, rakija, birre artigianali e caffè turco.

Il serbo è lingua ufficiale in Serbia, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Kosovo, mentre è riconosciuto come lingua minoritaria in Ungheria, Slovacchia, Croazia, Macedonia del Nord e Romania. È l’unica lingua con una digrafia corrente che include alfabeti cirillico e latino, usati in modo intercambiabile in tutto il paese. L’alfabeto cirillico serbo è stato creato nel 1814 da Vuk Karadžić.

Società e religione

Le minoranze più numerose nel Paese sono ungheresi, rom e bosniaci, concentrati principalmente in Vojvodina, dove i serbi costituiscono solo il 70% della popolazione. Secondo la Costituzione, la Serbia è un paese laico con libertà religiosa. La Chiesa ortodossa è l’organizzazione religiosa più comune nel Paese. Oltre l’84% della popolazione si identifica come ortodossa, compresa la maggior parte dei serbi etnici, montenegrini, rumeni, macedoni, bulgari e valacchi. La Chiesa cattolica romana è diffusa soprattutto nella regione della Vojvodina, mentre i musulmani sono presenti principalmente nel distretto di Raška e tra i bosniaci.

L’articolo è una traduzione (aggiornata) dell’originale in inglese (sempre di Antonio Caso) su My Country? Europe, apparsa in italiano già sul “Il Bradipo Federalista” al seguente link

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