Lo stato del mondo al tempo del Covid

, di Silvia Ciaboco

Lo stato del mondo al tempo del Covid

Nel corso della storia, sono state le grandi guerre a ribaltare l’ordine internazionale, rafforzando ovvero portando al collasso interi Paesi e i loro sistemi politici: alla crescita del potere di uno corrispondeva la perdita di influenza di un altro. I sistemi d’arma moderni sono divenuti troppo potenti per consentire un’escalation militare, ad esempio, su scala delle due grandi guerre mondiali che hanno drammaticamente segnato il cosiddetto secolo breve. Tuttavia, con il nuovo millennio e con il nuovo mondo globalizzato è apparsa una nuova minaccia: le cosiddette crisi mondiali. Quella iniziata nel 2008, segnata dal quasi tracollo del sistema finanziario americano, ha condotto alla più profonda recessione economica dopo la Grande Depressione del 1929.

Volgendo però lo sguardo a Oriente, tra gli effetti di tale crisi si registrò un aumento dell’aggressività, nonché miglioramento della statura internazionale, del grande Dragone cinese, che ha presto accelerato la propria ascesa a livello mondiale. In realtà, l’ondata di potere e prestigio cinese seguita alla crisi del 2008 non emerse dal nulla, ma giunse dopo tre decenni di consistente crescita economica annuale a doppia cifra, consacrando progressivamente il ruolo centrale della Cina nell’economia mondiale. Nei confronti della minaccia posta dalla crisi finanziaria del 2008, la Repubblica Popolare cinese rispose ricorrendo a notevoli programmi di investimento economico orientati dallo Stato per stimolare l’economia del Paese: l’ingente programma di stimolo (586 miliardi di dollari) fu tale da stabilizzare l’economia già nel secondo trimestre del 2009, limitando i danni generati dalla crisi finanziaria e aumentando la fiducia e la posizione internazionale della Cina, soprattutto a fronte dei fallimenti delle democrazie occidentali. Esattamente come nel caso dei conflitti diretti, la perdita di prestigio e influenza di un attore volevano dire l’innalzamento sul piedistallo di un altro nuovo protagonista.

Per più di un decennio Pechino è avanzata, sul piano geopolitico, a vele spiegate. Ciononostante, l’emergenza sanitaria internazionale posta dal Covid-19, la cui origine è da rinvenire proprio in Cina e la cui esistenza è stata inizialmente negata e nascosta dal governo della RP, potrebbe ribaltare i guadagni della Cina post-2008 in termini di potere e prestigio internazionale. Da settimane Pechino respinge con vigore le critiche che le giungono circa le modalità di gestione dell’epidemia da Coronavirus, tuttavia, nei giorni scorsi leader stranieri di nazioni amiche, come ad esempio l’Iran, hanno messo in dubbio le dichiarazioni rilasciate dalle autorità cinesi in merito al numero di nuovi infetti e decessi nella RP. [1] Coloro che si schierano in aperta critica, ivi inclusa l’amministrazione Trump, pongono enfasi sul carattere ambiguo che la leadership autoritaria del Partito Comunista avrebbe mostrato, fin dalle fasi iniziali dell’epidemia, in merito alla reale sussistenza e portata del virus da Covid-19. In un simile frangente, il Dragone cinese non può fare altro che cercare di riscrivere il proprio ruolo, con la speranza ultima di ergersi, nei prossimi mesi, quale leader risoluto e responsabile, dimostrando di aver trionfato laddove altri Stati nel mondo sono invece inciampati. Tali dinamiche sono dunque destinate ad andare ben oltre alla semplice attribuzione di colpa di fronte alla comunità internazionale.

Nel momento in cui l’emergenza sanitaria da Coronavirus sarà rientrata, permettendo così un graduale ritorno alla normalità, i governi di tutto il mondo dovranno fare fronte a livello nazionale a nuove ingenti sfide, prima tra tutte quella economica. Per quanto concerne la Cina, l’entità del danno è stata illustrata lo scorso 17 aprile dallo stesso governo della RP, il quale ha segnalato le statistiche economiche riferibili al primo trimestre del 2020. L’economia cinese, principale motore della crescita mondiale, è stata effettivamente sospesa al minimo nel mese di febbraio, dopo che il virus si è diffuso dall’iniziale focolaio di Wuhan. Stando alle statistiche governative, la seconda economia più grande al mondo avrebbe subito una contrazione del 6.8% nel primo trimestre del 2020 rispetto all’anno precedente. [2] Gli economisti credono ampiamente che la chiusura abbia condannato un numero imprecisato di posti di lavoro e piccole imprese, prefigurando pertanto un riavvio dell’economia molto più difficile e complesso, in particolar modo se confrontato con quanto avvenne in seguito al 2008. I costi economici derivanti si sommano così a quelli geopolitici, rivelando la possibilità di una portata complessiva enorme per la RP, qualora nel futuro prossimo Pechino non riuscisse nell’azione di difesa e rafforzamento della propria statura internazionale.

Muovendosi ora a Occidente, è verosimile credere che le ricadute del Coronavirus rischiano di seppellire prematuramente il paradigma proposto dalla nuova Commissione europea, la quale, sotto la guida di Ursula Von Der Leyen, si è espressa in favore di un’Europa più geopolitica. L’espansione del virus dalla Cina nel resto del mondo sta costringendo tutti i Paesi a fronteggiare l’emergenza in prima linea, ricorrendo all’implementazione di misure nuove e drastiche. Fermo restando che si tratta di un momento particolarmente drammatico, è importante ricordare che, al venire meno dell’emergenza, il bisogno di un’Europa più geopolitica diverrà quanto più impellente. Pertanto, la sfida è duplice, se si considerano i rischi che la crisi posta dal Covid-19 è suscettibile di generare a danno della politica estera dell’Unione Europea.

Un primo elemento emerso in queste settimane verte intorno alla crisi di solidarietà ampiamente percepita dall’Italia così come da altri Stati membri dell’UE: un malumore così diffuso getta un’ombra anche sui tentativi dell’UE di rafforzare le proprie capacità in materia di sicurezza e difesa, in un’ottica di progressiva acquisizione di autonomia strategica. Difatti, se gli Stati membri sentono di non poter fare affidamento l’uno sull’altro nella comune battaglia contro il Coronavirus, è difficile pensare che gli stessi possano sentirsi forti e uniti a fronte di un potere esterno aggressivo. Esiste dunque il rischio che, in politica estera, il Covid-19 conduca al rafforzamento di istinti isolazionisti nei governi degli Stati membri dell’UE. Gli insegnamenti che si potranno trarre da questa tragica e peculiare esperienza emergenziale saranno sicuramente molti: innanzitutto, la necessità per gli Stati di disporre più risorse a sostegno dei sistemi sanitari nazionali, così come per le misure di stimolo alle economie, e ancora la necessità che l’UE chiuda un occhio rispetto ai deficit di bilancio che ne nasceranno. Imprescindibile sarà però anche la presa di coscienza, da parte di tutti i Paesi, rispetto a un impegno collettivo che conduca ad una maggiore cooperazione internazionale al fine di prevenire, limitare e combattere le pandemie. In altre parole, ciò significa accogliere convintamente una riscoperta del multilateralismo. Ciò detto, è tuttavia improbabile che in seguito alla crisi il mondo diverrà più cooperativo. Considerando le dinamiche internazionali attuali fino alle più recenti degli ultimi anni, è arduo pensare che l’attuale emergenza possa condurre potenze straniere come Stati Uniti, Cina e Russia a trarre simili insegnamenti. Al contrario, si potrebbe affermare che la reazione del mondo al Covid-19 potrebbe confermare proprio la loro visione hobbesiana del mondo e delle relazioni internazionali. Pertanto, difficilmente qualche potenza deciderà di ridurre significativamente le proprie spese militari, piuttosto che di abbandonare assertive politiche estere. I leader dei regimi corrotti non sceglieranno di rubare di meno, affinché sia assicurato un migliore finanziamento all’assistenza sanitaria. E ancora, le numerose guerre, molte delle quali si sviluppano lungo i confini esterni dell’UE, sebbene risultino al momento svanite dai notiziari, non lo sono di certo nella realtà.

Quanto fin qui affermato serve essenzialmente per prendere coscienza rispetto al fatto fondamentale secondo cui, nonostante la pandemia causata dal diffondersi del Coronavirus, i piani geopolitici mondiali continueranno senza sosta e, dopo l’attuale crisi, l’UE dovrà affrontare gli stessi problemi geopolitici di prima. Adottando questo tipo di prospettiva, emerge con chiarezza l’enorme rischio che potrebbe derivare da un ampliamento del distanziamento tra gli Stati membri dell’UE, laddove a frapporsi tra gli stessi vi sarebbe un diffuso risentimento alimentato, principalmente, dalla percezione di un’imminente crisi della solidarietà interna. Quest’ultima, inoltre, si accompagnerebbe ad una perdita di credibilità e proiezione esterna. Pertanto, affinché tale risultato non si verifichi, è necessario che l’UE si adoperi affinché sia assicurato un rafforzamento interno, anche dal punto di vista economico, cosicché divenga poi possibile ragionare concretamente di un’Europa più geopolitica. Dal Nord Africa al Medio Oriente, passando poi per i Balcani, gli scenari sono numerosi e tutti ugualmente complessi, tuttavia, si tratta di problematiche che non saranno risolte se non tramite un consistente coinvolgimento dell’UE, a meno che si decida di prediligere una generale posizione di passività, a danno però degli stessi interessi geopolitici europei. Il Coronavirus non ucciderà la geopolitica, ciò nonostante i leader europei sono i soli a poter impedire il venir meno dell’UE come forza geopolitica.

La diffusione del Covid-19 non ha risparmiato nemmeno i Paesi del Medio Oriente e Nord Africa, i quali sono tutti a vari livelli impegnati nella lotta contro il cosiddetto nemico invisibile. A livello regionale, il numero più alto di contagiati sarebbe in Iran che è così individuato quale epicentro del virus nella regione. Sebbene risulti impossibile controllare i dati effettivi nei Paesi attualmente attraversati da conflitti armati, vi sono comunque numerosi dubbi anche circa l’affidabilità delle cifre annunciate dai diversi governi regionali, aspetto di criticità che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha tenuto a sottolineare. Al di là delle singole modalità di reazione alla minaccia sanitaria posta dal Coronavirus, nonché dei reali effetti generati dall’adozione delle diverse misure, è bene evidenziare che qui, più che altrove, la pandemia si sovrappone a problemi politici, sociali ed economici ancora ben lungi dall’essere risolti e, pertanto, il rischio di esacerbare tensioni preesistenti è altissimo. A fronte di un simile rischio, l’UE dovrebbe ad esempio impedire che altri Paesi vicini perseguano il medesimo destino del Libano, al momento in condizioni di default finanziario. Ancora una volta, però, una grande occasione per l’UE potrebbe risiedere proprio laddove si alimentano buona parte delle instabilità regionali e delle tensioni internazionali, e dunque in Iran. Potrebbe infatti essere giunto il momento per un po’ di health diplomacy, così come era avvenuto in passato con la Cina durante l’epidemia di SARS [3]. In questo momento, la diplomazia potrebbe rivelarsi molto utile nella riduzione delle tensioni tra Iran e Stati Uniti e, tenuto conto del coinvolgimento europeo nel dossier nucleare iraniano, l’UE potrebbe agilmente inserirsi in qualità di intermediario. L’intento dovrebbe essere quello di esercitare pressioni su Washington al fine di ottenere un allentamento delle sanzioni, dando un po’ di sollievo agli iraniani dalla sofferenza quotidiana a cui sono soggetti, e fornire in questo modo la base per futuri negoziati.

Così come la crisi finanziaria del 2008, anche il Coronavirus è probabilmente destinato ad essere un evento che segnerà significativamente lo sviluppo mondiale, modificando i rapporti di forza tra i numerosi attori coinvolti. Se si verificheranno alcune delle più oscure proiezioni che si stanno elaborando in questi giorni, è probabile che il mondo dovrà affrontare una delle peggiori crisi in tempo di pace dell’età contemporanea. Sfortunatamente, questa crisi si verifica in un clima politico piuttosto cupo, a tratti più simile a quello degli anni Trenta del secolo scorso: difatti, negli ultimi dieci anni, il mondo è diventato più autoritario, nazionalista, xenofobo e unilateralista. Pertanto, l’attuale stato della geopolitica mondiale è suscettibile di aggravare suddetta crisi, piuttosto che di stabilizzarla. Come già anticipato, è un momento che richiederebbe una risposta internazionale cooperativa, ma i fatti sembrano dare prova di tendenze opposte, ivi incluso il posizionamento dell’amministrazione Trump, laddove quest’ultima non ha mostrato alcun interesse a guidare una risposta internazionale condivisa. In questi giorni si sente ripetere di frequente che, una volta che l’emergenza sarà passata, nulla sarà più come prima. Tuttavia, nulla di buono verrà da sé e, anzi, vi sarà un profondo bisogno di nuove idee e di una rinnovata leadership affinché si possa assistere alla creazione di nuovi e positivi equilibri nel mondo. Se c’è una lezione che la pandemia da Coronavirus sta impartendo alla comunità internazionale è che quest’ultima si trova ora a navigare in acque totalmente inesplorate: in ragione di ciò, tutti dovrebbero essere alla ricerca di opportunità al fine di ottenere il meglio da questa crisi. Pertanto, per l’UE ciò potrebbe significare l’esercizio di uno sforzo duplice, poiché la reazione interna di lotta al virus (anche rispetto ai problemi economici emergenti) dovrebbe accompagnarsi a una significativa spinta politica per una maggiore proiezione esterna. Se l’UE riuscisse nella propria azione di modifica dell’attuale paradigma, il risultato sarebbe, innanzitutto, l’acquisizione di un maggior peso politico a livello mondiale, muovendo così i passi verso quel modello di Europa più geopolitica. Ma a trarne vantaggio non sarebbe solo il Vecchio Continente: riscoprire l’importanza delle istituzioni e delle organizzazioni internazionali, quali luoghi di dialogo e confronto tra le parti, permetterebbe l’elaborazione di una risposta condivisa e multilaterale rispetto ad una minaccia che è, per l’appunto, mondiale.

Note

[1Yaghoub Fazeli, Iranian, Chinese officials trade barbs over reported coronavirus numbers, in Al Arabiya, 6 aprile 2020. (https://english.alarabiya.net/en/News/middle-east/2020/04/06/Iranian-Chinese-officials-trade-barbs-over-reported-coronavirus-numbers)

[2Laura He, China’s economy just shrank for the first time in decades. It could still eke out growth this year, in CNN Business, 17 aprile 2020. (https://edition.cnn.com/2020/04/16/economy/china-economy-gdp/index.html)

[3Lai-Ha Chan, Lucy Chen e Jin Xu, China’s Engagement with Global Health Diplomacy: Was SARS a Watershed?, in PLoS Medicine, Aprile 2010. (https://journals.plos.org/plosmedicine/article?id=10.1371/journal.pmed.1000266)

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