L’incontro è stato aperto dall’alto rappresentante/vicepresidente della Commissione europea per la politica estera e di sicurezza europea, Josep Borrell, il quale, nel suo intervento, ha sottolineato l’importanza dell’autonomia strategica dell’Ue e delle iniziative che quest’ultima ha adottato nel settore della difesa. Tuttavia, il punto su cui si vuole attirare l’attenzione è un altro ed è l’affermazione con cui il presidente del Comitato militare Ue, gen. Claudio Graziano, ha chiuso i lavori. Il gen. Graziano ha sostenuto che “la priorità è la fornitura dei mezzi e del personale necessari a tutti gli impegni militari dell’Ue. Le missioni e operazioni Csdp sono il risultato tangibile della credibilità dell’Ue come fornitore della sicurezza globale. L’impegno militare contribuisce a un’Europa più autonoma, capace e credibile nella sicurezza e nella difesa”. È forse la prima volta che un presidente dell’Eumc alza la voce per chiedere l’assegnazione all’Ue delle risorse necessarie all’adempimento degli impegni militari che essa si assume.
Da questo punto di vista, sembra stia prendendo forma un’ampia convergenza a livello europeo. Già il mese scorso i quattro ministri della difesa di Francia, Germania, Italia e Spagna, hanno inviato una lettera agli altri ministri della difesa dei paesi europei e all’Alto rappresentante, per sollecitare l’attribuzione all’Eumc e, quindi, all’Mpcc, di tutte le missioni non esecutive e di almeno due missioni esecutive che l’Ue ha in corso.
Come è noto, attualmente, l’Ue ha in corso diciassette missioni, di cui undici non esecutive (sostanzialmente formazione) e sei esecutive (l’ultima delle quali è la missione Irini). Al momento della sua istituzione, si è deciso di attribuire all’Mpcc solamente tre missioni cosiddette non esecutive: Eutm Mali, Eutm Somalia ed Eutm Repubblica centroafricana.
Quello che ci preme qui sottolineare, se si vuole rispondere alle esigenze ricordate dal Presidente dell’Eumc, sono due aspetti. Innanzitutto, se si vuole dare un senso a tali esigenze, quanto sollecitato dalla lettera dei quattro ministri della difesa, deve essere inteso solo come un primo passo. In secondo luogo, l’attribuzione dei mezzi e del personale dedicato a tali missioni deve essere permanente, anche dopo che queste sono giunte a scadenza. Solo così si può dare inizio all’istituzione di una autonoma capacità militare a condurre operazioni al di fuori dei confini Ue e ad individuare il fabbisogno di capacità militari a gestirle, consentendo di identificare le carenze a livello europeo e sollecitare i necessari processi di standardizzazione.
Questo passaggio sembra necessario per acquisire un punto di vista europeo sui progetti che stanno maturando nell’ambito della Cooperazione strutturata permanente (Pesco) e invertire la sequenza del processo di pianificazione delle capacità militari che, oggi, parte dal livello nazionale per chiudersi a livello europeo, quando la sequenza dovrebbe, piuttosto, essere l’opposta. Non si tratta, infatti, di dar vita a piani militari nazionali che contengano qualcosa di “europeo”, bensì ad un piano europeo declinato, quanto meno in buona parte, in piani nazionali.
Su questa linea, sembra si stia muovendo anche il Parlamento europeo, soprattutto se, come sarebbe auspicabile, le raccomandazioni che sta predisponendo, sulla base delle relazioni dei parlamentari europei Radoslaw Sikorski ed Esteban Gonzales Pons, dovessero sostenere l’indicazione operativa dei quattro ministri della difesa.
Il fatto che questo rappresenti uno snodo cruciale è ricavabile dall’audizione del 2 luglio scorso, della Ministra francese della difesa, Florence Parly, alla sotto-commissione difesa e sicurezza del Parlamento europeo. Nel corso del suo intervento, la Parly ha precisato il concetto francese di “Europa della difesa”, un concetto diverso da quello di “difesa europea”. “L’Europa della difesa, ha detto la ministra, è differente dall’idea di un esercito europeo. L’Europa della difesa è poter godere di una piena libertà d’azione europea”. Questo significa che, se si vogliono compiere passi avanti verso una politica europea di difesa, occorrerà pensare ad un modello europeo di difesa che preveda, accanto ad una struttura militare autonoma europea minima, la permanenza delle tradizionali forze armate nazionali.
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