Lentius, Profundius, Suavius: il Populismo e Alexander Langer. Lezioni apprese (ma dimenticate) dall’Alto Adige

, di Cecilia Gialdini

Lentius, Profundius, Suavius: il Populismo e Alexander Langer. Lezioni apprese (ma dimenticate) dall'Alto Adige

Se immaginiamo un pantheon degli eroi federalisti, i primi volti che accorrono alla mente sono senza dubbio quelli di Spinelli, di Rossi, di Colorni, subito seguiti da Ursula Hirschmann, Luciano Bolis, Ada Rossi e molti altri. Nomi che portano su di loro il peso della storia, personaggi che abbiamo imparato a conoscere e che associamo alle idee di superamento dello stato nazionale, di unità dei popoli e di pace.

Tuttavia, in questo immaginario simulacro dei sognatori dell’Europa Unita troviamo anche una presenza più discreta, una figura che purtroppo ha fatto un’apparizione piuttosto breve su questa terra, ma non per questo meno importante. Questo “viaggiatore leggero” è Alexander Langer.

Troppo spesso dimenticato, Langer è stato a tutti gli effetti uno dei propugnatori dell’integrazione europea, accompagnata da un forte spirito ecologista e di fratellanza (e non tolleranza) tra i popoli.

Nato a Vipiteno-Sterzing (il doppio toponimo è d’obbligo) nel 1964, Langer rappresentava un esempio vivente dell’incontro tra culture: il padre proveniva da una famiglia ebrea viennese mentre la madre era tirolese e convintamente laica. Pur essendo di madrelingua tedesca, decise di frequentare un liceo italiano a Bolzano-Bozen. Bilingue per scelta e avverso ai muri di qualsiasi sorta, nel 1981 e nel 1991 rifiutò di aderire al censimento nominativo, con la motivazione che questo istituto rafforzasse la politica di divisione etnica.

Il suo impegno politico e civile infatti trovò radici profonde nella sua terra, ma acquistò ben presto uno spirito molto più ampio: vivendo sulla propria pelle la convivenza nell’Alto Adige-Südtirol, Langer si spinse a investigare la natura dei conflitti interetnici, viaggiando e studiando le ferite ancora aperte nei Balcani, a Cipro, in Israele e in Palestina. Fece del dialogo interetnico la sua bandiera, promuovendo al contempo l’impegno per l’ambiente e l’europeismo; per questo motivo si fece promotore del movimento politico dei Verdi, su ispirazione dell’omonimo tedesco, sia in Italia che in Europa. Dopo anni di fervente attivismo in associazioni, riviste e iniziative civiche, nel 1989, venne eletto deputato al Parlamento europeo e diventò il primo presidente del neo-costituito Gruppo Verde.

Durante il suo mandato, si impegnò per un allargamento ragionato dell’Europa ad Est, e per una “conversione ecologica”, intesa come un radicale cambio di vita e di paradigma produttivo in una direzione più sostenibile. Soprattutto, però, portò avanti il sogno di un’Europa unita, democratica e federale. Ostile agli stati-nazione e alla loro “pesante pretesa di omogeneità” [1], riteneva questo istituto particolarmente pericoloso per le minoranze dal momento che fa coincidere la cittadinanza e la nazionalità, escludendo da questo computo coloro che non si conformano alla maggioranza, le cosiddette “nazioni proibite” che “parlano quelle ‘lingue tagliate’ che non hanno trovato una propria proiezione statal-nazionale o sono capitati entro confini statuali sbagliati’" [1]. Nonostante questo, Langer non amava la prospettiva degli “Stati Uniti d’Europa”, dentro alla quale vedeva ancora racchiuso il fantasma dell’esclusivismo etnico e della volontà di uniformare i cittadini. Quella che immaginava lui era infatti un’Europa delle regioni, dove il trasferimento di competenze e funzioni dello stato nazionale non è solo indirizzato verso l’alto, sul piano sovra-nazionale, ma viene bilanciato da un “simultaneo trasferimento verso il basso, ai livelli regionali e locali” [2]. Con le sue Regioni Europee, Langer aveva trovato un pacifico e quieto compromesso tra l’integrazione sempre più forte e il mantenimento dell’identità dei singoli popoli.

Il 3 luglio del 1995 -troppo, troppo presto-, decise di porre fine alla sua vita, sopraffatto dal peso della continua lotta contro l’odio e l’ingiustizia. Lasciò un vuoto incolmabile ma, pur nel suo più grande momento di disperazione, regalò una luce di speranza con il suo ultimo biglietto, contenente l’ormai celebre monito “Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto”.

Ma perché è così importante ricordare Alexander Langer, a 24 anni dalla sua morte?

Osserviamo per un momento il mondo in cui ci troviamo adesso: il Presidente Trump nega boriosamente i cambiamenti climatici e promuove l’immagine di mascolinità tossica, Boris Johnson cavalca l’ondata nazionalista paventando prospettive di Brexit sempre più agghiaccianti, Matteo Salvini in Italia raggiunge nuove vette di populismo scomodando persino la Madonna di Medjugorje e in Cile fotoreporter che documentavano le proteste muoiono misteriosamente [3]. L’ondata migratoria si è assestata solo perché l’Europa ha deciso di venire a patti con uno stato fallito che raccoglie i profughi in campi di detenzione, ma gli episodi di razzismo non si fermano. E per un italiano su quattro la violenza sessuale è addebitabile al modo di vestire delle donne [4]. Il contesto politico globale è invaso da xenofobia e populismo e oggi più che mai è necessario sconfiggere la retorica sovranista e la cultura dell’odio.

Quindi perché è importante ricordare Langer? Per molte ragioni: perché già più di vent’anni fa invitava a una “svolta oggi quanto mai necessaria ed urgente che occorre per prevenire il suicidio dell’umanità e per assicurare l’ulteriore abitabilità del nostro pianeta e la convivenza tra i suoi essere viventi” (non ricorda una giovane attivista per l’ambiente?). Perché il suo Tentativo di Decalogo per la Convivenza Interetnica dovrebbe essere letto nelle scuole di tutta Europa, per insegnare ai bambini come sconfiggere la paura del diverso e come invece trarre giovamento dalle diversità culturali. Perché il suo progetto di cooperazione su base regionale potrebbe unire davvero i popoli e creare un senso di cittadinanza europea “dal basso”, anziché calato dall’alto di istituzioni intergovernative. Ma più che per i contenuti, dovremmo ricordare Alex per il suo approccio alla politica e alla vita. Riprendendo il motto delle moderne Olimpiadi, che propugna i valori del citius, più veloce, altius, più alto, fortius, più forte, più possente; Langer descrive la società dell’epoca (ma si applica benissimo anche a quella attuale) come animata da un profondo senso di irrequietezza e mossa da una costante sfida all’essere più veloci, all’arrivare più in alto e all’essere più forti. La sua risposta a questa alienante inadeguatezza, sta nel cercare esattamente l’opposto:

Io vi propongo il lentius, profundius e soavius, cioè di capovolgere ognuno di questi termini, più lenti invece che più veloci, più in profondità, invece che più in alto e più dolcemente o più soavemente invece che più forte, con più energia, con più muscoli, insomma più roboanti. Con questo motto non si vince nessuna battaglia frontale, però forse si ha il fiato più lungo [5].

Ed è proprio nel consiglio di essere lentius, profundius e soavius che risiede la grandezza del messaggio di Langer. Questo monito si può applicare facilmente sia su noi stessi che nel nostro dialogo con gli altri, per quanto misere e crudeli possano essere le loro argomentazioni. Difficilmente, infatti, si potrà sconfiggere la retorica nazionalista e xenofoba utilizzando lo stesso registro e la stessa attitudine: il motto di Langer ci fornisce gli anticorpi per resistere al fascino del populismo, che parla di impatto, alla pancia e lo fa velocemente, in modo che non ci si possa rendere conto dell’incoerenza delle affermazioni (lentius); ci costringe a non fermarci in superficie, ma a scavare a fondo e a riscoprire quali sono i valori davvero importanti (profundius); ci invita a mantenere sempre un animo leggero e sereno (soavius).

Dunque, raccogliamo l’invito di Alex e fermiamoci a riflettere, poniamoci in un atteggiamento pacato e non giudicante, affrontiamo i drammi della natura umana con dolcezza ma con decisione e promuoviamo gli ideali con intensità e empatia.

Sono passati vent’anni, non lasciamo che ne passino altri venti senza trasformare i pensieri in azioni; anche perché rischiamo davvero di non averne altri venti.


Note:

i ) Ai residenti della regione autonoma dell’Alto Adige/Südtirol è richiesto di indicare la loro appartenzenza ovvero aggregazione al gruppo linguistico tedesco, italiano o ladino. La dichiarazione ha lo scopo di mantenere la proporzionale etnica, il regime giuridico secondo il quale vengono regolati l’ammissione ai pubblici impieghi e il godimento di alcuni diritti, allocati rispettando la proporzione dei tre gruppi linguistici.

Fonti:

Gli scritti di Alexander Langer sono disponibili in italiano, tedesco, inglese e francese sul sito della Fondazione | Alexander Langer | Stiftung pro dialog (https://www.alexanderlanger.org/).

[1] A. Langer, “Il vertice di Maastricht - Le piccole nazioni e la loro fede europeista,” Il Manifesto, 01-Dec-1991.

[2] A. Langer, “Sull’allargamento dell’Unione europea,” in Relazione al Convegno dei Verdi europei in preparazione alla Conferenza Intergovernativa al Parlamento europeo, 1996.

[3] F. Florio, “Cile, trovata morta una fotografa freelance: i suoi scatti avevano immortalato le proteste,” Open.online, 2019.

[4] A. Ziniti, “Report shock dell’Istat: ‘Per un italiano su quattro la violenza sessuale è addebitabile al modo di vestire delle donne,’” Repubblica.it, 2019.

[5] A. Langer, “Quattro consigli per un futuro amico,” in Convegno giovanile di Assisi, 1994.

Fonte immagine: Verdi.it

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