Grand Tour 2.0: viaggio tra le Regioni italiane

Le Regioni, queste sconosciute

, di Amanda Ribichini

Le Regioni, queste sconosciute

A seguito de «L’Italia delle Regioni», Festival organizzato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Eurobull riflette sul significato e sulle mansioni di queste nel Bel Paese come in Europa. Da questo articolo - episodio zero della rubrica - inizia il Grand Tour tra le Regioni italiane.

Nelle giornate del 5 e 6 dicembre 2022 si è svolto in Lombardia il primo Festival “L’Italia delle Regioni”, organizzato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, sotto la presidenza del governatore del Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga. Nonostante sul web siano comparse varie foto, poco se ne è parlato, né dei lavori, né delle conclusioni a cui si è giunti. Eppure, all’apparenza, sembra un momento importante: tutti i Presidenti di Regione si sono riuniti in tavoli di lavoro per ragionare su un nuovo modo di vedere le regioni. Più autonome, più responsabili? Questa serie di articoli parte proprio da qui.

Se alla domanda “chi è il Presidente del Consiglio?” oppure “chi è il Ministro degli Affari esteri?” sappiamo rispondere quasi tutti, senza timore, la situazione cambia quando la questione diventa il nome del Presidente di Regione. Oppure il nome dell’Assessore regionale con delega alla Sanità. Se la politica di Roma è chiacchierata, commentata, scandagliata in modo più o meno dettagliato, la situazione non si ripete quando si parla dell’amministrazione regionale, neanche della nostra stessa Regione. Ovviamente, il Governo ha poteri e competenze diverse dall’amministrazione regionale, ma spesso essa ricopre un ruolo importantissimo nella vita delle persone, e prende provvedimenti che stanno più a contatto con la popolazione nel suo concreto.

Perché, allora, non ce ne curiamo? Se vi aspettavate una risposta a questa domanda, mi dispiace deludervi, ma non ce l’ho. Posso però raccontarvi un po’ delle competenze e delle responsabilità delle Regioni, magari l’interesse verrà da sé.

Per parlare delle Regioni non c’è niente di meglio che partire dalla Costituzione italiana, che ha sancito la loro creazione nel 1948. Nel 1963 sono state poi modificate, con l’aggiunta di Molise e Friuli-Venezia Giulia, arrivando alla conformazione attuale. Tuttavia, le Regioni hanno sostanzialmente preso vita come organo politico solamente nel 1970, con l’elezione dei primi Consigli regionali.

Gli organi della Regione sono principalmente tre: il Presidente di Regione (nel linguaggio giornalistico spesso chiamato Governatore), il Consiglio regionale e la giunta comunale. Presidente e Consiglio vengono eletti insieme a suffragio universale (a parte in Valle d’Aosta, dove il Presidente di Regione viene eletto dal Consiglio), e sono organi strettamente collegati: per loro infatti vale il principio del “Simil Stabunt, Simil Cadent”. Nei fatti, ciò significa che a seguito delle dimissioni del presidente, cade anche il consiglio, e viceversa (basta la maggioranza, non serve che si dimettano tutti). La Giunta regionale, che sarebbe il corrispondente regionale del Consiglio dei ministri, è composto invece da assessori nominati dal presidente, in base alle forze politiche che lo hanno sostenuto. Esso ha principalmente funzione amministrativa.

Si parla delle Regioni nel Titolo V della Costituzione, a partire dall’articolo 114. Nell’articolo 116 si afferma quali siano le Regioni a statuto speciale, le prime ad essere istituite. Esse sono 5: Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta, Sardegna e Sicilia. Vedremo le loro caratteristiche quando tratteremo la prima di esse: per ora ci accontentiamo di analizzare quelle a statuto ordinario. È poi nell’articolo 117 che viene definita la competenza tra Stato e Regioni. Dopo aver affermato le competenze esclusive dello stato, e le materie di competenza concorrente, si stabilisce che “Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.”.

Prima di procedere oltre, chiariamo cosa sia la potestà legislativa: essa viene definita come “l’attività volta alla produzione di atti normativi primari, ossia alla produzione delle leggi costituenti l’ordinamento giuridico dello Stato”. È attribuita alle Camere, in via eccezionale al Governo, e anche alle Regioni, nelle materie di loro competenza.

Si parla quindi di potestà legislativa residuale, ossia che alla Regione spetta di occuparsi di tutto ciò di cui non si parla nell’articolo. Non è stato sempre così. Nel 2001 il Titolo V è stato riformato, in un contesto che avrebbe poi dovuto successivamente portare a uno stato con larghe autonomie. Se all’inizio era lo stato ad avere la maggior parte delle competenze, ora le parti si sono invertite.

I poteri delle Regioni sono quindi mutati nel corso del tempo, e con essa anche l’importanza in materia legislativa: dal recepimento di direttive nazionali, alla legislazione propria, persino il loro intervento nei trattati internazionali. I problemi non mancano: per citarne uno, quello delle interferenze, difficili da sbrogliare. Per fare un esempio: il turismo fa parte delle competenze residuali delle regioni, mentre la “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” rientra tra le competenze esclusivamente statali. Cosa fare, quando le due cose si intrecciano?

Anche a Bruxelles non ci si è dimenticati delle regioni. Dal 1994, esiste infatti il Comitato europeo delle Regioni, un organo consultivo dell’UE composto da rappresentanti eletti a livello locale e regionale provenienti da tutti i 27 Stati membri. Attraverso il CdR essi possono scambiarsi pareri sulle norme dell’UE che incidono direttamente sulle regioni e sulle città.

Chiudiamo quindi questo cerchio con l’argomento da cui siamo partiti: il primo Festival delle Regioni e delle Province autonome. I lavori, svoltisi in tavoli di lavoro, hanno portato alla concettualizzazione di quello che viene definito come “Nuovo regionalismo”, in cui si riconosce l’importanza chiave che l’ente Regione svolge sul territorio. Si parla della creazione di “Nuovi territori”, che attuino politiche di prossimità e che collaborino sia con gli altri enti che con il mondo dell’impresa. Inoltre, si considera “L’Europa delle regioni” come “la risposta per un concreto processo di integrazione e cooperazione”. Nonostante la direzione verso la quale le Regioni vogliono muoversi è piuttosto chiara, tali non sono le loro richieste. Le domande che gravitano intorno alle Regioni continuano a essere molte: gli enti regionali dovrebbero avere accesso a una gestione più autonoma del territorio? Sarebbero in grado di sostenerla? E ancora: Si dovrebbe arrivare dunque a una rivalutazione del ruolo europeo svolto dalle Regioni, attribuendo loro ancora più competenze? Oppure questo rischia solo di frammentare ulteriormente il territorio europeo?

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