Le ali di Icaro di Boris Johnson

, di Cecilia Gialdini

Le ali di Icaro di Boris Johnson
«Il volo di Icaro», di Jacob Peter Gowy

Chi ha studiato epica a scuola, si ricorderà certamente il concetto di hýbris: ben più forte di un banale sentimento di sfrontatezza, hýbris descrive la tracotanza degli esseri umani che si credono superiori all’ordine universale e sfidano le leggi divine, fallendo miseramente. Icaro che cerca di volare vicino al sole e cade rovinosamente, senza più il sostegno delle sue ali di cera. Certo, per chi possiede simpatie anarchiche questo concetto può apparire quantomeno disgustoso, la negazione del concetto di libertà ed autodeterminazione. In realtà, la mitologia greca parla per iperboli, attraverso metafore che suggeriscono codici di comportamento. In questo senso il peccato di hýbris non comporta una punizione ma un insegnamento, un avvertimento per evitare conseguenze spiacevoli: “non sfidare l’ordine delle cose o potresti finire male”.

Se ancora avete dei dubbi sul significato di questa parola, vi suggerisco un esempio del nostro tempo. Avete presente il Primo Ministro inglese, Boris Johnson? Ecco, sempre più si sta dimostrando un caso vivente di hýbris dell’epoca contemporanea. Il nostro Icaro in questo caso ha i capelli biondo platino e non sfida le leggi della gravità ma quelle della solidarietà globale. E pure del buonsenso, diciamolo.

Negli ultimi mesi, Johnson, forte del consenso ottenuto alle elezioni generali di Dicembre 2019, ha potuto coronare il suo sogno politico di “getting Brexit done”, sancendo il divorzio definitivo tra UK e EU. Divorzio ancora tutto da negoziare, a dire la verità, soprattutto a causa dell’Irlanda del Nord e dei confini con la Repubblica d’Irlanda, questione che definire delicata è un sottile eufemismo. Nei mesi antecedenti alle elezioni, ma anche in seguito, durante le negoziazioni con Bruxelles, il Primo Ministro ha portato avanti il motto della Grande Nazione Inglese, con l’obiettivo di rafforzare le relazioni con il Commonwealth, le sue ex colonie (o meglio, con una porzione selezionata di esse) e con gli Stati Uniti. Ecco, anche Donald Trump potrebbe essere definito a pieno titolo un Icaro dei giorni nostri, spavaldo e senza paura, convinto di essere intoccabile.

In effetti, con gli Stati Uniti in particolare, Il PM Johnson ha una vera e propria affinità elettiva: l’intesa con il Presidente Trump trascende le semplici similitudini nelle modalità di azione al punto da sembrare quasi una fanciullesca emulazione. Al di là della capigliatura, i due capi di governo hanno in comune una spiccata retorica sovranista e dalla paura delle ondate migratorie. E se Trump costruisce muri fisici per tenere lontani i messicani, Johnson sta studiando una serie di barriere più sottili ma non per questo meno pericolose: una su tutte, la creazione di un sistema di visti “a punti” (che dovrebbe entrare in vigore da Gennaio 2021), atto ad accettare all’interno dei confini del Regno soltanto i lavoratori qualificati e a scongiurare la minaccia degli europei che “rubano il lavoro agli onesti cittadini inglesi”. Tra l’altro, un conteggio dei punti assolutamente discutibile, che prevede una gerarchia tra le discipline, dando più valore alle scienze “dure” sopra quelle umanistiche e che minimizza in modo classista le competenze tecniche, privilegiando l’istruzione universitaria senza prevedere dei correttivi per quando riguarda eventuali certificazioni professionali. Dal punto di vista meramente economico, è ancora difficile prevedere quali potrebbero essere gli effetti di questa misura; pare però necessario sottolineare il fatto che molti settori UK, come quello agricoli, hanno sempre fatto massiccio affidamento sulle braccia degli stranieri, soprattutto europei, per i svolgere lavori meno qualificati. Tuttavia, l’impatto più tragico è quello simbolico: questo sistema non è solo un puerile schiaffo in faccia a Bruxelles ma anche la caparbia negazione dell’esistenza di un mondo sempre più globale e interconnesso. Tutto questo, in un idealistico scenario di autosufficienza o, ancora peggio, di rigurgito coloniale, spettro di un passato che ormai si pensava superato.

E se pensavate che la tracotanza di Boris Johnson e della sua Grande Inghilterra (chiamiamola proprio così, dal momento che il governo scozzese non viaggia sulla stessa lunghezza d’onda) fosse finita qua, vi sbagliavate. L’affinità con il self-made man a capo della più grande nazione del mondo non si esaurisce nella propaganda xenofoba, fin troppo diffusa nel nostro continente. Nel programma elettorale dei Tories guidati da Johnson, infatti, si paventava la privatizzazione del NHS, il sistema sanitario inglese, su modello statunitense. A posteriori, scelta che avrebbe potuto rivelarsi deleteria, considerando l’emergenza sanitaria posta dalla pandemia di Covid-19. Eppure, invece di tremare al pensiero che le ali di cera sovranista stiano iniziando a sciogliersi, Johnson ci dà un nuovo saggio di hýbris sminuendo la pericolosità del virus con tale veemenza che fa quasi sembrare indulgente la cocciutaggine di Trump nel negare i cambiamenti climatici. Le misure anti-contagio adottate nel Regno Unito sono diverse da quelle del resto dell’Europa e del mondo. Per qualche motivo gli UK devono sempre distinguersi dal resto del mondo. Il tempo di isolamento in casi sospetti è stato ridotto a 7 giorni invece che 14, le scuole ancora non sono state chiuse [1]. Il motivo? Perché questo comporterebbe la perdita del 3% del PIL. Prima i cittadini inglesi, insomma, ma prima ancora le casse del Regno.

Non pago di aver suscitato le perplessità dell’intera comunità scientifica, Boris Johnson, in una conferenza stampa, ha candidamente annunciato ai propri concittadini di “prepararsi a perdere alcuni dei loro cari anzitempo”. Tragica ironia, questa, dal momento che la maggior parte dei votanti di Johnson sono gli over 70. Praticamente il Primo Ministro congeda con rassegnata serenità il proprio bacino elettorale.

Ma siamo partiti dalla mitologia, da una favola, e come tutte le favole anche questa porta una morale. Quello che portiamo a casa dall’esperienza del Regno Unito è che i governi nazionalisti pensano di essere invincibili. Boris Johnson, Donald Trump, Jair Bolsonaro giocano al di fuori delle regole, anzi le deridono, gonfi di quella tracotanza, di quella hýbris sovranista che dà loro l’illusione di essere in qualche modo intoccabili.. La retorica dello stato nazione, egoista, arrogante e diffidente, non è sostenibile e gli avvenimenti degli ultimi anni ce lo stanno rendendo sempre più manifesto. Come ha scritto su questa stessa rivista Jacopo Barbati “senza la solidarietà non ha senso continuare” ed è proprio sulla solidarietà, sulla fratellanza globale e sulla svolta federale che dobbiamo puntare. Al momento, tristemente, il Regno Unito sta andando in una direzione completamente diversa. La speranza è che si renda conto della poca lungimiranza prima che la cera inizi a sciogliersi.

Note

[1Al momento della redazione di questo articolo, scuole e università sono ancora aperte, salvo in qualche caso, dettato principalmente da iniziative spontanee.

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