La vexata quaestio circa la dipendenza energetica dell’UE dalla Russia

, di Silvia Ciaboco

La vexata quaestio circa la dipendenza energetica dell'UE dalla Russia

L’European Green Deal lanciato dalla nuova Commissione europea essenzialmente mira, così come è già stato di frequente ricordato, a rendere sostenibile l’economia dell’Unione Europea. L’idea è quella di trasformare le attuali incombenti sfide ambientali e climatiche in opportunità di crescita e sviluppo, promuovendo un uso efficiente delle risorse tale da consentire la transizione a un’economia pulita e circolare. Ciononostante, gli effetti di tali iniziative sono verosimilmente destinati a manifestarsi nel medio – lungo periodo e ciò in ragione della loro complessità, non solo dal punto di vista attuativo, ma anche rispetto all’accettazione ed assunzione di responsabilità da parte dei singoli Stati membri. Difatti, il nuovo paradigma proposto dalla Commissione europea presuppone un radicale cambio di mentalità rispetto alla trattazione del tema, motivo per cui si renderà necessario procedere gradualmente. Quanto fin qui affermato conduce inevitabilmente ad interrogarsi rispetto all’attuale scenario europeo o, in altre parole, ad individuare l’esatto punto di partenza di questo lungo percorso di rinnovamento. Fermo restando che le aree politiche di azione previste dall’European Green Deal sono molteplici, è obiettivo di questo contributo l’analisi di un particolare settore energetico, quello del gas naturale, laddove la Commissione afferma la necessità di procedere a una diversificazione delle fonti di energia.

A tal proposito, un rapido sguardo al sito di Eurostat permette di avere un quadro chiaro circa gli attuali assetti energetici dell’UE in termini di produzione, consumo ed importazione. Stando ai propri livelli di consumo, l’UE ha bisogno di importare energia da Paesi terzi e il gas risulta essere il secondo prodotto energetico più importato dopo i prodotti petroliferi, che rappresentano quasi i due terzi delle importazioni di energia nell’UE. Tuttavia, al di là del mero dato relativo alle importazioni, è bene guardare al cosiddetto Energy dependency rate, il quale indica la percentuale di energia che un dato sistema economico deve importare e, in particolare, definisce il rapporto tra valore delle importazioni nette di energia e consumo interno lordo di energia. Considerando i dati forniti per l’anno 2018, all’interno dell’UE l’Energy dependency rate era pari al 58%, il che significa che più della metà del fabbisogno energetico dell’UE è stato soddisfatto dalle importazioni nette. Queste ultime, per quanto concerne il gas naturale, sono poi da ricondurre per i due terzi a due principali Paesi, Russia e Norvegia, che si confermano dunque come gli Stati dai quali l’UE è maggiormente dipendente in termini di approvvigionamento energetico.

Quanto detto consente di mettere in luce un primo fondamentale elemento, che costituisce poi il punto di partenza di questo contributo: gli Stati membri dell’UE dipendono, dal punto di vista energetico, da un duopolio. Ad oggi, Russia e Norvegia rimangono i principali fornitori di gas naturale per l’UE, con una quota di approvvigionamento rispettivamente del 40.5% e del 18.5%. A tale proposito, è bene fare una precisazione. Difatti, tali percentuali si riferiscono alle importazioni di gas da parte dell’UE considerando i milioni di metri cubi importati (Share based on million cubic metres), così come rinvenibile nel sito di Eurostat. Tuttavia, se si considera tali percentuali in termini di valore dello scambio (Share of trade in value), il dato riferibile alla Norvegia muta notevolmente (35.1%), evidenziando pertanto il costo notevolmente superiore del gas norvegese rispetto a quello russo. In ogni caso, si tratta di cifre significative, ma soprattutto rischiose: andando oltre alla pura rilevanza numerica del dato ed addentrandosi in un’analisi più ampia, i rischi geopolitici derivanti da un tale scenario sono presto evidenti, tanto più se si considerano le tensioni politiche che, negli ultimi anni, hanno scosso le relazioni tra Mosca e Bruxelles. Prima tra tutte, l’annessione unilaterale della Crimea da parte del Cremlino nel 2014 e le conseguenti sanzioni occidentali verso la Russia. I rapporti tra le due parti si sono dunque deteriorati, rendendo così una priorità assoluta l’elaborazione di politiche europee finalizzate alla sicurezza dell’approvvigionamento energetico, le quali, peraltro, si muovono congiuntamente alle politiche climatiche. Fermo restando che l’unica strategia possibile è quella di procedere verso una diversificazione della fornitura di gas, aprendo dunque a nuovi attori e mercati energetici, questo contributo mira ad esaminare i gasdotti operanti ovvero eventuali progetti, con il fine ultimo di avere una chiara visione rispetto all’attuale stato delle cose.

Muovendo i primi passi a nord del continente europeo, il progetto più significativo - anche per le controversie che ha suscitato - è stato certamente il gasdotto Nord Stream. Sorto da uno studio di fattibilità russo-finlandese risalente agli anni Novanta, il progetto Nord Stream Gas Pipeline (NSGP) consiste in un gasdotto avente una capacità di 55 miliardi di metri cubi all’anno che, lungo il fondale marino, attraversa il Mar Baltico e, partendo dalla città russa di Vyborg, arriva direttamente a Greifswald, in Germania e, dunque, in Europa. Questo aspetto è fondamentale, poiché costituisce l’elemento centrale stesso del progetto: bypassando i Paesi di transito, Nord Stream provvede a fornire a Gazprom, società russa le cui azioni sono controllate per oltre il 50% dal Cremlino, un accesso diretto ai consumatori europei. Ciò è tanto più significativo se si considera la composizione interna della società che ne cura l’esercizio: difatti, Gazprom detiene la maggioranza del progetto con il 51% di partecipazione, mentre la restante parte è suddivisa tra altre quattro società che sono quindi azionisti di minoranza. Dal punto di vista politico, il progetto NSGP è stato concepito come una sorta di garanzia a lungo termine per le relazioni di fiducia tra Germania e Russia, aspetto che la stessa cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha sottolineato in occasione dell’inaugurazione del gasdotto, definendo quest’ultimo come un segnale ai fini di “[a] safe, sustainable partnership with Russia in the future”. Ciononostante, le tensioni interne all’UE non sono mancate. In particolare, a scontrarsi sono state due contrastanti visioni. Da un lato quella tedesca, finalizzata ad assicurare un approvvigionamento energetico che consentisse di evitare il transito lungo i Paesi dell’est, come ad esempio la Bielorussia, troppo spesso esposti a perturbazioni e tensioni politiche. Dall’altro lato, invece, si sono schierati tutti quei Paesi tradizionalmente di transito che, venendo bypassati (come nel caso della Polonia), considerano Nord Stream una significativa minaccia, in quanto configurabile come un’arma impiegabile dal Cremlino per compiere pressioni sugli stessi. [1] Tuttavia, la collaborazione non si è arrestata. Poco dopo l’inaugurazione del nuovo gasdotto baltico, Gazprom ha progettato la costruzione del cosiddetto Nord Stream 2, prevedendo un secondo set di gasdotti lunghi 1.200 chilometri che, seguendo un percorso parallelo a quello già esistente nel Mar Baltico, contribuirà ad aumentare la capacità di approvvigionamento diretto dalla Russia alla Germania di ulteriori 55 miliardi di metri cubi all’anno. Inizialmente, si era previsto il completamento del gemello gasdotto per la fine del 2019, tuttavia i lavori hanno subito alcuni ritardi. In particolare, il nuovo progetto ha portato all’emersione di tensioni su più fronti, tali da non limitarsi al solo continente europeo e coinvolgendo, addirittura, l’alleato d’oltreoceano. Washington si è fin da subito schierata contro il nuovo gasdotto, ricorrendo all’imposizione di sanzioni contro le compagnie straniere coinvolte nella realizzazione di Nord Stream 2. Tale azione ha in parte ritardato i lavori, come lo stesso presidente russo ha ammesso, tuttavia, non ha condotto ad un arresto totale, tanto che nel dicembre 2019 il gasdotto era stato completato al 94% distanziandosi dall’approdo in Germania per ancora poche centinaia di chilometri. [2]

Fonte: Gazprom

Ora, Nord Stream 2 è un progetto controverso per molteplici motivi, tutti aventi natura prettamente politica. In particolare, è bene tenere a mente che negli stessi anni si è consumata la questione riguardante l’annessione della Crimea da parte della Russia, confermandosi tuttora come un fronte aperto e altamente instabile. In un simile frangente, le spaccature sono state dunque numerose. Queste sono rinvenibili all’interno dell’UE, laddove i Paesi che già si erano opposti all’iniziale progetto avvertono ancora di più la minaccia incombente posta dalla Russia, ma i contrasti sono giunti anche dal più tradizionale alleato dell’UE. In realtà, quantunque Washington si schieri a sostegno dell’Ucraina, sostenendo che la stessa debba rimanere centrale al fine di potersi avvantaggiare degli introiti derivanti dall’essere un Paese di transito, la posta in gioco si rivela essere in realtà ben più grande e, soprattutto, remunerativa. Difatti, a partire dal 2005, la produzione di gas naturale negli Stati Uniti è decollata, aumentando di quasi il 70% dal 2005 al 2018. Collocandosi nello scenario mondiale come esportatore netto di gas naturale, Washington mira ad espandersi sempre di più, soprattutto alla luce del fatto che i progetti previsti per la metà del prossimo decennio porteranno la capacità di esportazione dell’LNG (Liquefied Naturale Gas) statunitense a cinque volte il livello attuale. Questi mutamenti nelle dinamiche di mercato hanno, inevitabilmente, importanti implicazioni per l’Europa. I russi hanno utilizzato la fornitura di gas come arma politica e il potenziale di tale interferenza è insito nella capacità aggiuntiva delle tubazioni. La crescita delle esportazioni di LNG statunitense apre a nuove opzioni per l’Europa, nonostante ad oggi si tratti di volumi piccoli e più costosi di quelli russi. Una maggiore offerta e condizioni più flessibili posizionerebbero però l’Europa in una migliore condizione negoziale nei confronti della Russia, riducendo la capacità di quest’ultima di politicizzare la propria fornitura di gas. [3]

Sebbene il processo legislativo europeo risulti essere più lento rispetto agli accordi bilaterali, le normative europee rimangono l’unica arma a disposizione contro l’eventualità che l’interesse di un attore prevalga e, conseguentemente, influisca negativamente su quello europeo comunemente inteso. In tal senso, il tanto contestato progetto Nord Stream 2 ha probabilmente generato dinamiche positive. Difatti, la nuova direttiva 692/2019 del Parlamento europeo e del Consiglio è intervenuta nell’ambito delle norme comuni del mercato interno del gas naturale, modificando la precedente n. 2009/73/CE. Tale intervento legislativo ha come principale obiettivo quello di assicurare che le norme che regolano il mercato del gas all’interno dell’UE si applichino anche ai gasdotti che collegano uno Stato membro ed un Paese terzo fino al confine del territorio e del mare territoriale dello Stato europeo. La portata della direttiva è dunque significativa, anche alla luce del fatto che questa si applica al tanto discusso Nord Stream 2, il quale ha probabilmente contribuito ad innescare un cambio di impostazione in seno all’UE. Le norme modificate conferiscono competenza esclusiva a Bruxelles in materia di stipula degli accordi sulle nuove linee di gas dell’UE con Paesi terzi, prevedendo comunque la possibilità che la Commissione autorizzi lo Stato membro, nel quale si trova il punto di ingresso del gasdotto, ad avviare i negoziati con lo Stato terzo, eccezion fatta per i casi in cui si ritenga che ciò sia in conflitto con il diritto europeo ovvero dannoso per la concorrenza e la sicurezza dell’approvvigionamento energetico.

Abbandonando ora la questione circa il progetto NSGP e muovendosi figurativamente lungo il confine sud-est dell’UE, vi sono altre e numerose questioni che emergono, le quali, peraltro, nascono proprio dalla spinta impressa dalla politica russa di diversificazione del mercato dell’energia. Difatti, fermo restando che si sta trattando di Europa e della impellente necessità europea di diversificare il proprio approvvigionamento energetico, è bene ricordare anche gli interessi degli altri attori coinvolti, giacché di geopolitica si sta parlando. Per quanto concerne la Russia, il Cremlino si sta muovendo lungo due fondamentali direttrici: l’una mirante all’individuazione di rotte per l’esportazione di gas naturale verso l’Europa evitando però il transito per l’Ucraina, e l’altra verso i mercati extraeuropei, con particolare attenzione al crescente mercato asiatico del gas. Per quanto concerne l’obiettivo di diversificarsi lontano da Kiev, la Russia ha costruito dapprima Nord Stream e, sulla scia dell’iniziale successo ottenuto a nord, era stato elaborato un secondo progetto, il cosiddetto South Stream. Se realizzato, tale gasdotto avrebbe permesso l’esportazione di gas russo attraverso il Mar Nero in Bulgaria e nell’Europa centrale, disponendo di una capacità di 63 miliardi di metri cubi all’anno. I lavori di costruzione, che già erano stati avviati nel 2012, sono poi stati interrotti e il progetto abbandonato a seguito di alcune criticità, aventi prevalentemente carattere normativo, sollevate dalla stessa Commissione europea. [4] A ciò va poi aggiunto il significativo rafforzamento che ne sarebbe conseguito in termini di dipendenza europea dal gas russo, esponendo l’UE e i suoi Stati membri a un maggiore rischio di sicurezza. Peraltro, l’Europa aveva già precedentemente tentato di fare fronte al rischio geopolitico derivante da una eccessiva dipendenza energetica da Mosca attraverso il gasdotto Nabucco, il cui progetto sarebbe stato volto alla realizzazione di una nuova via di importazione di gas naturale attraverso un corridoio meridionale non controllato dalla Russia. Difatti, il percorso ipotizzato prevedeva l’importazione di gas proveniente dalla zona del Caucaso e, potenzialmente, del Medio Oriente tramite un gasdotto che avrebbe collegato la Turchia all’Austria lungo la penisola balcanica. Il progetto aveva dunque una significativa rilevanza strategica, poiché avrebbe contribuito a rafforzare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’UE incrementando una diversificazione dell’offerta, priorità che, peraltro, era stata delineata anche all’interno del Third Energy Package entrato poi in vigore nel settembre 2009. Il fallimento di South Stream, tuttavia, non ha condotto ad un arresto della strategia del Cremlino, il quale ha semplicemente mutato il proprio piano rivolgendosi ad un nuovo partner: la Turchia. Difatti, segue di poco l’annuncio di annullamento del progetto South Stream, la firma nel dicembre 2014 di un MoU tra Gazprom e la società turca Botaş per la costruzione di un nuovo gasdotto offshore, il cosiddetto TurkStream.

Fonte: Gazprom

Sono rinvenibili diversi elementi comuni tra il fallito progetto South Stream e l’ormai operativo gasdotto TurkStream. In primo luogo, seguono in gran parte lo stesso percorso lungo il fondale marino del Mar Nero, salvo poi deviare verso la costa turca invece di quella bulgara. In aggiunta a ciò, entrambi sono stati concepiti secondo la medesima logica: consentire alla Russia di diversificare le proprie forniture di gas all’Europa aggirando l’Ucraina. Ciò detto, vi sono anche delle differenze di rilievo. Difatti, il nuovo gasdotto nato dalla collaborazione con Ankara presenta il vantaggio di evitare il rispetto della legislazione europea, giacché il punto di sbarco è al di fuori del territorio europeo. Per quanto riguarda i riferimenti più tecnici, la capacità è di 31.5 milioni di metri cubi all’anno e, mentre il primo tratto è destinato all’approvvigionamento turco, il secondo mira a raggiungere il mercato europeo. In questo rinnovato scenario energetico, la Turchia si configura progressivamente quale hub regionale del gas naturale diretto all’Europa sud-orientale, rafforzando pertanto la propria posizione geopolitica nei confronti dell’UE.

Sebbene TurkStream abbia ottenuto relativamente meno attenzione e copertura mediatica rispetto a Nord Stream 2, le questioni emergenti da questo nuovo progetto sono in egual maniera importanti. Difatti, nonostante tali preoccupazioni possano apparire secondarie e meno controverse rispetto a quanto sta avvenendo a nord dell’Europa, la Bulgaria si ritrova ancora una volta intrappolata tra l’UE e la Russia, laddove cerca di orientarsi tra le regole europee per il mercato interno dell’energia, tentando pur tuttavia di massimizzare i potenziali benefici derivanti dall’essere un Paese di transito. Sofia è fortemente interessata a diventare un hub del gas e TurkStream è parte essenziale di questo piano. Quanto affermato è tanto più realistico se si considera che il nuovo gasdotto ha iniziato a fornire gas in Bulgaria, Macedonia del Nord e Grecia, a partire dall’inizio del 2020. [5] Già nel febbraio 2019, Energy Community, organizzazione internazionale con l’obiettivo di creare “an integrated pan-European energy market”, aveva espresso il proprio parere sul fatto che la sezione del gasdotto TurkStream attraverso la Serbia non potesse essere esentata dalle norme vigenti per il mercato interno dell’energia. In effetti, l’UE ha già chiarito che il gasdotto sarà attentamente esaminato al fine di verificare il rispetto delle norme europee, ma poiché la Serbia non è uno Stato membro e deve ancora attuare pienamente le norme per il mercato interno dell’energia, è probabile che la situazione sarà ben diversa rispetto a quanto avviene nei confronti di altri Stati che si trovano lungo il percorso di TurkStream e che sono membri dell’UE. Ad emergere è senza dubbio l’azione portata avanti da Gazprom, che per tramite dei propri progetti sta testando la roccaforte giuridica dell’UE contemporaneamente a nord e a sud del Vecchio Continente.

In un simile scenario, l’UE dovrebbe trovare un posizionamento tale da permetterle di equilibrare le proprie esigenze di importazione e i conseguenti risvolti in politica estera. Decidendo di ricorrere a soluzioni ad hoc al fine di stemperare le tensioni ogniqualvolta che queste emergono, in realtà l’UE non fa altro che creare vuoti che Gazprom, e dunque Mosca, è pronta a colmare, perpetuando il problema anziché risolverlo. Alla luce di quanto fin qui analizzato, è evidente che la Russia non rinuncerà al proprio piano di penetrazione all’interno del mercato europeo, pur con tutti i suoi cavilli e complessità, e questa è una realtà per la quale l’UE e i suoi Stati membri devono essere pronti affinché in futuro sia possibile assumere una posizione chiara e ferma che si fondi su un ampio consenso. Le questioni sulle forniture energetiche estere sono importanti e, al pari di tante altre dinamiche economiche e politiche, plasmano le relazioni tra gli Stati alterandone i rapporti di forza. La decisione di intraprendere un percorso di diversificazione energetica, piuttosto che di permanere all’interno della medesima logica di importazione, costituisce sempre una sfida, la quale è poi destinata a dispiegare i propri effetti dal punto di vista commerciale, economico, giuridico e geopolitico. Pertanto, le forniture provenienti dalla Russia non costituiscono un’eccezione e, anzi, alla luce delle potenziali implicazioni in termini di sicurezza energetica, dispongono di una portata globale ancora più significativa. Credere che tali sfide siano destinate ad esaurirsi con il gasdotto TurkStream è pura illusione. L’UE deve dimostrare di potersi avvicinare ai partner esterni mossa da un’inamovibile e convinta unità interna, quale prerequisito per le sfide future. Tra queste vi è, indubbiamente, la diversificazione dell’approvvigionamento energetico dell’UE verso la regione del Mediterraneo, la quale pare essere destinata a divenire un nuovo hub regionale, così come evidenziato dalla stessa Commissione.

Note

[1Cameron F., The Nord Stream Gas project and its strategic implications, European Parliament, Bruxelles, 2007.

[2Scott A., Putin: abbiamo i mezzi, finiremo Nord Stream 2 da soli, in Il Sole24Ore, 26 dicembre 2019.

[3Gross S., USA: A New Disruptive Actor in the Gas Market, ISPI Dossier, 23 febbraio 2020.

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