La primavera europea?

100.000 persone scese nelle piazze europee per sostenere i valori della democrazia

, di Trad. di Stefania Ledda

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La primavera europea?
Foto: Dan Mihai Bălănescu Manifestanti a Bucarest, 15 marzo 2025

Il mese di marzo ha visto un grande numero di movimenti di massa in tutta Europa con centinaia di migliaia di cittadini scesi nelle strade di Belgrado, Budapest, Bratislava, Bucarest, Roma e Tiblisi. Tali movimenti sono sorti in maniera autonoma e in risposta a fattori scatenanti diverse tra loro, ponendo così una domanda interessante: nel loro insieme rappresentano una “Primavera europea”? Una spinta verso una democrazia più liberale, un’integrazione europea più forte, una forma di resistenza contro le tendenze autocratiche e l’influenza russa?

Questo articolo viene pubblicato in occasione della Democracy Under Pressure (DUP) Action Week della JEF Europe.

Per comprendere meglio la natura di questo fenomeno, abbiamo raccolto i punti di vista di coloro che lo vivono. Nonostante tali movimenti si differenzino per punti focali in ciascuna geografica, il sostegno ai valori europei costituisce il comune denominatore per la maggior parte di essi. Ciò che li lega è la lotta alla corruzione, alla regressione della democrazia e alla concentrazione di potere nelle mani di gruppi elitari. Tuttavia, il loro rapporto con l’Unione europea e la Russia e la loro visione del futuro variano significativamente nei vari contesti.

Serbia: “La corruzione uccide”

Protests in Belgrade on March 15, 2025; Photo: Nenad Bušić

Il sentimento di indignazione nato dal crollo della tettoia in cemento della stazione ferroviaria di Novi Sad - che ha causato la morte di 15 persone - si è trasformato nel più grande movimento di protesta nella storia della Serbia: secondo fonti indipedenti, il 15 marzo, almeno 325.000 persone si sono dirette verso il centro di Belgrado.

Il politologo Filip Milenkovic spiega: “È stato il più grande raduno della storia del Paese, una coalizione ampia, e le persone si sentono più forti. Proprio perché gli studenti che vi hanno partecipato provengono da tutto il Paese, la protesta è stata decentralizzata e sparsa in tutto il territorio.”

“Il nostro sistema statale non funziona affatto e siamo stanchi della corruzione e di tutti quei fatti che pongono in essere questo regime criminale” ha spiegato Aleksa Banduka, uno studente della Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Belgrado, motivando la sua partecipazione al movimento di protesta sin dagli inizi.

A differenza degli altri movimenti europei, queste proteste non sono esplicitamente a favore dell’Unione Europea. Milenkovic fa notare che “Le attuali proteste non sono guidate da alcuna agenda o programma politico, piuttosto da comuni specifiche richieste e sono riuscite a unire l’intero Paese e persone con opinioni e ideologie diverse tra loro. Sono comunque proteste metapolitiche, che vanno oltre la politica stessa.”

Ungheria: “Il Partito Tsiza sta crescendo”

Demonstration in Budapest, Photo: Sean Balázs Brandt

Il 15 marzo in Ungheria è il giorno della Festa Nazionale in memoria della Rivoluzione Ungherese del 1848 e quest’anno ha visto il confronto tra due manifestazioni: secondo Bálint Magyar, sociologo ed ex Ministro dell’Istruzione, una era guidata dal Primo Ministro Viktor Orbán e formata da circa 8.000-10.000 persone “arrivate in pullman dalle zone rurali tramite partecipazione obbligatoria” e l’altra - molto più grande - organizzata da Péter Magyar e il suo Partito Tisza - il cui acronimo dall’ungherese Tisztelet és Szabadság Párt, ossia Partito del Rispetto e della Libertà, è anche il nome del secondo fiume più lungo del Paese - e che ha radunato almeno 70.000-80.000 persone “arrivate di loro spontanea volontà e a proprie spese”.

Il Capo dello staff del gruppo europarlamentare del Tisza Márton Hajdú ha descritto la manifestazione: “I partecipanti erano per la maggior parte sostenitori del partito e rappresentavano una larga fetta della base popolare. Ciò è stato reso in parte possibile grazie a ciò che chiamiamo “isole Tisza””, cioè raduni di simpatizzanti locali iniziati circa sei mesi fa.”

Bálint Magyar ha condiviso la sua visione sul posizionamento strategico del Tisza: “Stanno evitando con molta attenzione di essere considerati “marionette di Bruxelles” o “pro-guerra” come è successo con Péter Márki-Zay, il candidato all’opposizione sconfitto senza grandi difficoltà da Orbán alle ultime elezioni.”

Le proteste e il successo del Tisza rappresentano una minaccia all’esistenza stessa del regime di carattere mafioso di Orbán. Molti dei grandi amici del Primo ministro potrebbero andare in prigione per corruzione in seguito a un cambio di governo, quindi Magyar avverte di misure sempre più disperate adottate prima delle elezioni del 2026: “Vediamo emendamenti costituzionali che permettono il dispiegamento di forze militari sul suolo nazionale, potenzialmente contro le proteste che potrebbero scoppiare in seguito a elezioni truccate. Etichettano i sostenitori del movimento come “agenti stranieri” per preparare il terreno a una possibile esclusione del Tisza dalle elezioni tramite decisione della Corte Costituzionale, ispirata da quanto accaduto in Romania.”

Slovacchia: “Non vogliamo essere una colonia russa”

About 60,000 Slovaks gathered in the central square of the Slovak capital, Bratislava, to protest against the pro-Russian policy of Prime Minister Robert Fico, 24. January 2025. Photo: Wikipedia

Le proteste in Slovacchia sono scoppiate in risposta all’incontro segreto avvenuto nel dicembre dell’anno scorso tra il Primo Ministro Robert Fico e il Presidente russo Vladimir Putin. Secondo gli organizzatori del movimento, a partecipare il 24 gennaio sono state circa 60.000 persone nella sola Bratislava e circa 100.000 in tutto il Paese.

Queste manifestazioni hanno un orientamento esplicitamente pro-europeo e anti-russo. Alcuni slogan recitano “La Slovacchia è l’Europa!” e “Non vogliamo essere una colonia russa!”. Michal Lipták, un avvocato che ha partecipato alle proteste, ha spiegato: “Per me, “La Slovacchia è l’Europa” significa opporsi alle forze centrifughe presenti in Unione Europea, quali Orbán o i partiti di estrema destra dell’Europa occidentale. Considero Fico come una di quelle forze”.

Romania: “L’Europa è la tua casa”

Pro-European protesters in Bucarest, Photo: Partidul Reper

Il raduno EuroManifest della Romania ha coinvolto circa 40 gruppi della società civile in una manifestazione a supporto dell’integrazione europea e contro il crescente euroscetticismo dell’estrema destra, con una stima approssimativa tra i 10.000 e i 14.000 partecipanti.

Un docente in Scienze politiche di Bucarest, Claudiu Craciun, lo descrive come “un evidente protesta pro-Europa. La gente ha anche applaudito per parecchi minuti a sostegno dell’Ucraina e ci sono stati parecchi fischi a Putin e alla Russia. C’erano anche numerose bandiere rappresentanti l’Unione Europea, in numero pari a quelle romene.”

A differenza degli altri movimenti in Europa, quelli romeni non si sono principalmente opposti al governo attuale, piuttosto intendevano affermare l’identità europea della Romania. Craciun crede che la manifestazione possa avere ripercussioni più ampie: “Nonostante l’assenza della classe politica e di candidati alla protesta, la sua organizzazione rafforza il centro pro-democratico non solo a livello politico, ma anche istituzionale.”

Georgia: “Nessuna giustizia, nessuna pace”

Protesters in front of the Georgian Parliament, Photo: Erekle Poladishvili

Le proteste in Georgia sono esplose a causa della dichiarazione del 28 novembre da parte del Primo Ministro Irakli Kobakhidze - appartenente al partito Sogno Georgiano (Georgian Dream, GD) - riguardo la cancellazione del tema delle negoziazioni con l’Unione Europea dall’agenda di governo fino al 2028, il che arresterebbe il processo di integrazione romena all’Unione europea.

Nino Samkharadze, analista di politiche pubbliche, descrive la situazione: “La repressione è di una severità senza precedenti in termini legali e la corte corrotta è l’arma principale usata per combattere i protestanti.” Nonostante ciò, le proteste sono continuate per più di 100 giorni con numeri che vanno dalle 1.500-2.000 persone fino alle 120.000 persone nei giorni di picco.

In riferimento all’Ue, Samkharadze aggiunge: “L’integrazione è ferma de facto. Il Sogno Georgiano attacca costantemente la classe politica europea, l’ambasciatore, l’Alto Rappresentante e i ministri parlamentari che criticano la regressione democratica del partito.”

Italia: “L’Europa siamo noi”

Piazza del Popolo a Roma per la manifestazione «L’Europa siamo noi» del 15 marzo 2025

Il giornalista Michele Serra aveva dato appuntamento a chiunque si riconoscesse nei valori e negli ideali dell’Unione europea in Piazza del Popolo a Roma. L’invito è stato accolto con entusiasmo: 50.000 persone hanno risposto all’appello, trasformando quel luogo simbolico nel cuore pulsante del sentimento europeista in Italia. Per l’intera giornata del 15 marzo 2025, Piazza del Popolo è diventata la Piazza del Popolo europeo.

L’Unione europea continua a rappresentare un baluardo contro l’odio e il nazionalismo. Proprio per la sua storia e i suoi principi fondanti, ha il potenziale per rafforzare e democratizzare le organizzazioni internazionali, contribuendo alla costruzione di una pace globale stabile e duratura. Tuttavia, le recenti discussioni sul “Rearm Europe” hanno generato dubbi e divisioni, spingendo alcuni a mettere in discussione il futuro dell’integrazione continentale. Ma l’Europa non si esaurisce nelle decisioni politiche contingenti della Commissione europea: L’Europa è prima di tutto un’idea, un progetto nato dalla visione del Manifesto di Ventotene.

L’Europa non è la Commissione né il Consiglio europeo, l’Europa è i suoi cittadini, “L’Europa siamo noi”, come recitava lo slogan in piazza.

L’Europa è uno spazio democratico dove la voce dei cittadini è sovrana. E una voce si è levata, forte e chiara, dalla piazza gremita; un grido lanciato dalla Gioventù Federalista Europea che ha presto travolto quelle migliaia di persone, che emerge ancora nelle registrazioni televisive dell’evento e che fa venire la pelle d’oca ad ascoltarlo: Stati Uniti d’Europa, “Federazione Europea Subito!”

Una primavera europea dai tratti nazionali comuni

Questi movimenti hanno importanti caratteristiche in comune nonostante i variegati contesti nazionali. Tutto è nato in risposta a specifici eventi: un crollo in una stazione ferroviaria in Serbia, uno scandalo di pedofilia in Ungheria, un incontro segreto con Vladimir Putin in Slovacchia, l’alba dell’euroscetticismo di estrema destra in Romania e il freno posto in Georgia ai negoziati con l’Ue. Nonostante la diversità di questi elementi scatenanti, essi riflettono preoccupazioni molto più profonde riguardo la governance, la corruzione e l’abuso di potere quali temi comuni emergenti.

I rapporti di questi Paesi con l’Ue e la Russia variano sensibilmente. In Slovacchia, Romania, Italia e in una certa misura anche in Ungheria, le proteste hanno una forte dimensione pro-Unione europea con un chiaro sostegno all’integrazione europea e all’opposizione all’influenza russa. In Georgia, l’opposizione al governo autoritario è la questione principale, anche se ampie proteste sono iniziate solamente dopo che il governo rieletto ha messo in dubbio l’orientamento europeo del Paese. La Serbia rappresenta un’eccezione particolare, poiché il movimento non è stato esplicitamente creato per affermare l’integrazione europea o l’opposizione all’influenza russa. Purtroppo, gli attori europei hanno troppo spesso dato priorità alla stabilità dei governi e al loro interesse per l’estrazione del litio invece che al sostegno alla democrazia, perdendo in tal modo parecchia credibilità agli occhi del paese.

I movimenti sono diversi tra loro anche per organizzazione e potenziale impatto. In Ungheria, le proteste rappresentano una seria sfida per il regime di lunga data di Orbán, mentre il partito Tisza di Magyar si presenta quale credibile alternativa alle elezioni del 2026. In Serbia, la grande mole di proteste ha messo a dura prova il governo di Vučić senza però formulare un’idea chiara su come sostituirlo. Inoltre, sembra improbabile che le proteste in Slovacchia facciano cadere subito il governo di Fico, sebbene continuino a opporvisi. La situazione in Georgia è forse la più difficile, di fronte a un governo che ricorre sempre più a tattiche di repressione.

Ciò che emerge non è un unico movimento pan-europeo organizzato. Anzi, si tratta di una serie di movimenti nazionali nati in risposta alle condizioni locali, comunque spesso ispirati a valori democratici simili tra loro. In molti consoliderebbero la democrazia liberale e l’integrazione europea se avessero successo, ma la loro visione è principalmente nazionale più che europea.

Tuttavia, tali movimenti rappresentano un potente faro di speranza per la democrazia e i valori europei. L’evidente grande numero di cittadini disposti ad affrontare le fredde temperature, le minacce di repressione e l’intimidazione dei governi dimostrano una straordinaria determinazione a difendere le libertà duramente conquistate e le istituzioni democratiche. Forse questo diffuso risveglio democratico non costituisce una “primavera europea” nel senso rivoluzionario del termine, ma fa notare come le tendenze autoritarie non resteranno indiscusse.

L’Unione europea deve - nel proprio interesse - fornire un supporto più chiaro a tali movimenti, invece di mantenere una distanza diplomatica o dare priorità a un equilibrio di breve durata. Schierandosi in maniera decisa a fianco dei cittadini che rappresentano i suoi valori chiave nelle strade, l’Ue non solo rafforzerebbe la sua autorità morale, ma investirebbe anche nel futuro democratico dell’intero continente. Questi coraggiosi dimostranti non stanno solamente combattendo per il proprio Paese: essi sono il cuore pulsante del progetto europeo.

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