La nascita della questione turca

, di Tradotto da Massimo Rufo

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La nascita della questione turca
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Perché la Turchia non riesce mai a diventare il ventottesimo Stato membro dell’Unione europea? Sicuramente perché il Governo turco non ha più come obiettivo quello di raggiungere “l’ideale” della democrazia liberale occidentale, ma anche perché il suo Presidente, Recep Tayyip Erdoğan, adotta una politica autoritaria, concentrando nelle sue mani sempre più poteri. Ma se la Turchia “ritornasse” alla democrazia avrebbe qualche possibilità di essere accettata nella famiglia europea? Non è affatto sicuro! Gli europei sono contrari a considerare la Turchia come un candidato a pieno titolo per l’adesione. Partiamo all’assalto di uno dei più grandi tabù della sfera europea: “la questione turca”!

26 gennaio, di Paul Brachet

Una situazione attuale (quasi) perfetta per le negoziazioni di adesione

Candidata dal 1999 - ma desiderosa di diventare membro dell’Unione europea (che all’epoca si chiamava ancora Comunità Economica Europea) dal 1987 - la Turchia si è trasformata per conformarsi alle norme europee. In questo modo, la Repubblica turca ha messo in atto molte riforme economiche, riguardanti principalmente la sua politica industriale e la sua politica concorrenziale. Questa situazione spiega in parte perché la Turchia sia membro dell’unione doganale dell’Unione europea, uno statuto eccezionale che condivide con i 27 Stati membri dell’UE e i microstati: Andorra, Monaco e San Marino. Secondo la Commissione europea, sul piano economico, la Turchia è perfettamente a norma e avrebbe già potuto aderire all’UE. Unica pecca, la recente inflazione turca che si sarebbe evitata se lo Stato avesse fatto parte dell’Unione e che non si sarebbe verificata se la Turchia fosse rientrata nella zona euro.

Da un punto di vista geopolitico, l’ingresso della Turchia nell’UE non cambierebbe molto la traiettoria della politica estera dell’Unione. Infatti, la Turchia appartiene, come la maggior parte degli Stati europei, all’alleanza americana dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO). L’esercito e il Ministero turco degli Affari Esteri sono quindi abituati a collaborare con i loro partner europei sotto lo sguardo sempre più distante degli Stati Uniti. La sua posizione geografica, che avvicinerebbe innegabilmente l’Unione al Medio Oriente - poiché di fatto “l’Europa” avrebbe una frontiera con la Siria o l’Iran - non cambierebbe gravemente le politiche già messe in atto dagli europei con queste regioni del mondo. Infatti, che sia la politica migratoria, che punta a far gestire l’accoglienza dei rifugiati a Stati terzi, il sostegno per la costruzione di uno Stato forte in Iraq o in Libano, o la mediazione tra gli israeliani e palestinesi… tutte queste sfide sono compatibili con l’ingresso della Turchia nell’Unione, ciò potrebbe giustamente semplificare la risoluzione di queste situazioni grazie alla vicinanza della Turchia. Ovviamente non ci stiamo occupando di comprendere se l’ingresso della Turchia nell’UE semplificherebbe o meno l’armonizzazione delle politiche estere europee, ma soltanto di capire se gli interessi strategici turchi entrerebbero in conflitto diretto con gli interessi europei. Risposta: per la maggioranza degli interessi europei, la Turchia non porrebbe problemi gravi; meglio, la Turchia potrebbe facilitare la concretizzazione delle politiche europee già messe in atto.

Erdoğan, pretesto perfetto per una Turchia fuori dall’Europa

Se la situazione sembra ideale per l’adesione, tuttavia deve essere relativizzata. Tutto ciò a causa di una persona, un semplice nome: Recep Tayyip Erdoğan. Al potere in Turchia dal 2003, inizialmente come Primo Ministro di un regime parlamentare, successivamente come Presidente della Repubblica di un regime presidenziale che lui stesso ha voluto, proponendo attraverso un referendum nel 2017 una nuova Costituzione fatta su misura. Infatti, dopo il suo arrivo al potere, ma soprattutto dopo il tentativo di colpo di Stato nel 2016 per cercare di destituirlo, Erdoğan sfrutta i suoi poteri attuali per assicurarsene ancora di più, a discapito della separazione dei poteri, della libertà di stampa e delle libertà e diritti fondamentali dei suoi concittadini. Ovviamente questa svolta autoritaria non è stata sostenuta dai suoi partner europei, portando Erdoğan nelle braccia di altre potenze autoritarie, ossia la Russia e la Cina.

È a partire da questo quadro che il Parlamento europeo ha votato per bloccare la procedura di adesione della Turchia considerando che l’attuale situazione politica del Paese non fosse ammissibile per uno Stato candidato all’UE. Voto seguito alla lettera, poiché dal 2016, le negoziazioni di adesione della Turchia all’Unione europea sono a un “punto morto”. A causa di questi avvenimenti, gli atteggiamenti conflittuali si moltiplicano su entrambi i lati del Bosforo: sono state prese delle decisioni politicamente molto pesanti come il ritiro della Turchia dal Trattato di Istanbul, che garantiva la difesa dei diritti delle donne, le spedizioni nel Mar Egeo o la riapertura del museo di Santa Sofia nella moschea, fino alle piccole punzecchiature che mirano a irritare gli europei come il Sofagate, o le dichiarazioni anti-francesi di Erdoğan.

La “questione turca”, un problema di fondo

Ma cerchiamo di immaginare che la Turchia, da un giorno all’altro, ridiventi completamente una democrazia. Cerchiamo di immaginare che Recep Tayyip Erdoğan calmi i suoi ardori autoritari, o, più probabile, che sia battuto alle prossime elezioni presidenziali da uno dei suoi oppositori democratici. E poniamoci la seguente domanda: la Turchia potrebbe allora diventare il ventottesimo membro dell’Unione europea?

È evidente che i membri dell’UE solleverebbero numerose difficoltà nei confronti della Turchia. Per una sola e unica ragione: gli Europei vogliono una Turchia fuori dalle frontiere dell’Unione. Non in qualità di nemica o rivale ma in qualità di partner; una relazione simile a quella intrattenuta (o desiderata) con la Russia per dirlo in altre parole. Ma questa visione politica è difficilmente sostenibile per gli europei. Infatti, come poter vantare da una parte un’Unione di valori aperta a tutti i Paesi che si trovano nel continente europeo e non solo (ricordiamo che il territorio di Cipro non fa parte geograficamente dell’Europa, così come la Groenlandia o la Guyana), e d’altra parte chiudere la possibilità di adesione a uno Stato che si trova parzialmente in Europa? Proprio come la Turchia ad esempio. Da un punto di vista più funzionale e interessato, come continuare a fare pressione sulla Turchia per far sì che continui a “preservare” le frontiere europee dai flussi migratori? Come mantenere un dialogo sul conflitto cipriota? Come non lasciare totalmente alla sprovvista gli attori della difesa dei diritti dell’Uomo in Turchia? Come mantenere la Turchia nella “zona occidentale” e fare sì che non raggiunga definitivamente l’Oriente russo-cinese? Semplicemente preservando l’illusione di un’eventuale adesione all’Unione!

Le vere motivazioni del rifiuto dell’adesione della Turchia

Ma non eludiamo la nostra domanda principale: perché gli europei sono così timorosi all’idea di una Turchia europea? Possiamo individuare tre principali risposte: la popolazione, l’identità e la visione dell’Europa da parte degli europei.

Inizialmente, la popolazione. La Turchia è popolata da circa 86 milioni di abitanti. Diventerebbe il secondo paese più popoloso dell’Unione europea dopo la Germania. Tuttavia, mentre i demografi prevedono una diminuzione della popolazione tedesca nei prossimi anni, la popolazione turca dovrebbe raggiungere più di 90 milioni di abitanti in meno di 20 anni, la Turchia diventerebbe allora il paese più popoloso dell’Unione, e di gran lunga. Oltre al fatto che il turco diventerebbe una delle lingue più parlate dell’Unione, questa demografia permetterebbe quindi a una Turchia membro dell’UE di avere un numero considerevole di deputati al Parlamento europeo. Quindi, la Turchia avrebbe una forte influenza sulle politiche e traiettorie dell’Unione. Questa possibilità spiega quindi in parte il rifiuto di diversi Stati membri, soprattutto dei “grandi” come la Germania, la Francia o l’Italia. Inoltre, come è facile intuire, una situazione nella quale il primo popolo d’Europa sarebbe maggioritariamente musulmano, è una visione inaccettabile per le forze conservatrici dell’Unione.

Successivamente, l’identità. Sarebbe facile per alcuni dire che l’identità turca non è un’identità europea. Ma dobbiamo prima porci una domanda: cos’è l’identità europea? Per alcuni, l’identità europea è prima di tutto definita da delle radici comuni legate al cristianesimo. Gli Stati europei sarebbero quindi tutti legati dalla religione cristiana. Tuttavia, sarebbe troppo facile riassumere l’identità europea attraverso il cristianesimo, altri Stati non-europei condividono questa religione (soprattutto in Africa, in America e in Oceania) e tutti gli europei non condividono delle radici cristiane, lo provano le popolazioni albanese e kosovara o i bacini di popolazione ebraica presenti principalmente in Europa centrale e orientale fino ai crimini degli anni 1940. Altri definiscono l’identità europea sulla base dei contributi delle civilizzazioni greco-romane. Però questo escluderebbe i paesi nordici e baltici che non sono stati direttamente influenzati da queste culture. Infine, altri ancora concepiscono l’Europa come il territorio da cui gli ideali dell’Umanesimo e dell’Illuminismo si sono diffusi. Ciò accomunerebbe, effettivamente, l’insieme dei popoli del territorio europeo… ma questo territorio sarebbe più grande del territorio europeo e ingloberebbe dei popoli extra-europei. Noi sosteniamo la teoria secondo cui l’identità europea proviene come tutte le identità dalla Storia. Questa Storia è un cammino percorso insieme da un popolo, il popolo europeo, che assume un insieme di punti comuni che non si limitano ai tre approcci citati precedentemente.

Infine, la visione dell’Europa da parte degli europei. Questa risposta, più difficile da stabilire a prima vista, è la più decisiva. Infatti, l’Europa di oggi è stata lungamente vista e concepita come un’unione puramente economica che a questo punto poteva permettersi di non avere una cultura, una vera politica, una democrazia e delle frontiere. Oggi, le cose sono cambiate. L’Europa è ormai vista come un attore politico importante addirittura centrale. L’UE permette ad alcuni di identificarsi con questa unione e quindi permette l’emergere di standard comuni e infine l’emergere di una cultura europea e di un’identità europea. Questo sentimento di appartenenza permette l’avvento di una Europa politica, democratica e sovrana. Oggi, anche i più restii a questa idea sono d’accordo nell’affermare che questa “nuova Europa” deve imporre delle frontiere fisiche e culturali. Includere la Turchia nell’Unione europea rallenta, e addirittura minaccerebbe, le possibilità di sviluppare una simile Europa. Non perché la Turchia non sia assolutamente europea, ma perché vuole imporsi come potenza tra Europa, Africa e Asia. Questa volontà politica, condivisa dal popolo, che del resto è l’essenza stessa della cultura turca, una cultura di incrocio, impedisce una piena appartenenza all’Europa in quanto oggetto politico-culturale.

La “questione turca”, una “questione europea”

Come abbiamo visto, la “questione turca” non è né essenzialmente né oggettivamente una questione “turca” ma “europea”. Non è affatto un problema della Turchia, è stato creato completamente dagli europei stessi, questi ultimi si nascondono dietro le violazioni dei diritti dell’uomo e della democrazia, o dietro la religione maggioritaria di un Paese. È giunto il momento per gli europei di chiarire cosa sia l’Europa, quello che è e quello che deve essere, e infine chiarire la questione dell’adesione turca, ma non solo. Infatti, la questione dell’allargamento dell’Unione è una questione ricorrente soprattutto per i Paesi dell’ex-URSS come l’Ucraina, la Georgia, addirittura la stessa Russia, o altri Paesi che hanno già manifestato il desiderio di aderire all’UE come Capo Verde o a suo tempo, il Marocco*. A questo titolo, la Conferenza sul futuro dell’Europa sarà un’occasione inedita per i cittadini di definire ciò che si aspettano dall’Europa, e quindi se la “questione turca” deve rimanere tale o essere risolta.

*Nota della redazione di Eurobull: La redazione di Eurobull fa presente che tra i criteri di ingresso nell’Unione europea ci sia quello geografico, per cui già nel 1987, con sentenza del Consiglio, fu impedito l’allargamento al Marocco.

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