Con 326 voti a favore, 115 contrari e 45 astenuti, prende vita quella che si presentava anche come una delle promesse elettorali del presidente Emmanuel Macron, anche se in realtà la proposta di legge ha origini più lontane, risalenti al governo socialista di François Hollande (dopo la promulgazione della legge a favore dei matrimoni fra persone dello stesso sesso nel 2013). In Francia sono previsti un massimo di 4 cicli finanziati dal sistema pubblico per tecniche di fecondazione in vitro, ed un massimo di 6 cicli per tecniche di inseminazione artificiale, sia per donne single che per coppie lesbiche ed eterosessuali. Lo scopo: ristrutturare il sistema delle prestazioni familiari, una “modernizzazione” del diritto che regola la filiazione, l’adozione e la genitorialità.
“PMA” indica la procreazione medicalmente assistita, altrimenti conosciuta come “procreazione assistita” o “artificiale” (in francese “procréeation medicalement assistée”). Con questo termine si vogliono indicare tutti i metodi (ormonali, chirurgici, farmacologici) che consentono di aiutare un individuo a procreare in caso di infertilità (per infertilità si intende l’incapacità ad ottenere una gravidanza spontanea dopo almeno un anno di rapporti sessuali regolari non protetti; l’infertilità viene distinta in primaria, quando la coppia non è mai riuscita a concepire, e secondaria, se consegue da un precedente successo) o altre malattie che rendono impossibile o rischiosa una procreazione naturale. L’accesso alla PMA per le coppie lesbiche e le donne single era stata rinviata in ragione dell’opposizione di movimenti contrari, tra cui associazioni conservatrici e religiose vicine all’estrema destra e/o legate a Manif pour tous (associazione e lobby di pressione nata in Francia nel 2012 in opposizione alla legge sui matrimoni omosessuali, all’adozione da parte di coppie omosessuali, alla procreazione medicalmente assistita, alla maternità surrogata e alla legge anti-omofobia), che reclamano il diritto per i bambini ad avere «un padre ed una madre». Questi movimenti ne avevano denunciato e contestato i suoi aspetti, tra cui la possibilità per le donne di conservare i propri ovociti, favorendo la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Anche il Rassemblement National, guidato da Marine Le Pen, si è dichiarato contrario a questo provvedimento, sostenendo che una simile misura estensiva possa in breve tempo aprire le porte alla gestazione per altri (GPA). Tuttavia il testo non legifera a proposito o comunque a favore della gestazione per altri, che di fatto resta ancora proibita in Francia (sebbene sia in corso una riforma della legge relativa alla bioetica). Ecco perché le argomentazioni dell’estrema destra non sussisterebbero, proprio perché la nuova legge sulla PMA non riguarda in alcun modo la GPA, e quindi la maternità surrogata.
Si tratta di un’estensione di una legge già esistente dal 2011. Fino ad allora, in Francia, la PMA era accessibile solo alle coppie eterosessuali (sposate o conviventi) in età fertile, in grado di dimostrare un’infertilità medica o una grave malattia invalidante. Da adesso le coppie lesbiche (o le donne single) potranno fare richiesta per la PMA, a condizione che non si abbia superato l’età massima di 43 anni (il limite di età legale per la PMA è tutt’ora variabile nei diversi Paesi membri dell’Ue), e che si esegua un percorso di colloquio, insieme ad un periodo di riflessione da 1 a 2 mesi, a seconda delle tecniche che s’’intendono adottare (inseminazione artificiale o fecondazione in vitro). Le principali voci del progetto di legge bioetica adottata in decima lettura dall’Assemblea nazionale riguardano la riforma della filiazione, l’accesso alle origini e l’l’autoconservazione degli ovociti, e sono inoltre previsti 32 articoli che riguardano sia il tema della procreazione sia le numerose questioni mediche (dalla ricerca dell’embrione fino ai test genetici).
Riforma della filiazione
La coppia lesbica dovrà fare un riconoscimento anticipato del futuro nascituro alla presenza di un notaio (come potevano già fare in passato le coppie eterosessuali non sposate). Si tratta quindi di una sorta di “filiazione intenzionale”. Nei confronti della donna che avrà partorito, la filiazione sarà stabilita attraverso la sua designazione nel certificato di nascita; la donna che invece non avrà portato avanti la gravidanza vedrà riconosciuta la filiazione attraverso il riconoscimento congiunto. Le coppie lesbiche che hanno fatto ricorso ad una PMA prima dell’approvazione della legge sopracitata, potranno fare un riconoscimento congiunto per stabilire la filiazione durante i 3 anni dalla pubblicazione del testo.
Accesso alle origini
Capita (ed è capitato) che molti adulti nati da una PMA tramite donatore vogliano sapere l’identità del donatore. L’attuale legge prevede che i figli nati da una donazione dopo l’entrata in vigore di quest’ultima possano accedere alla maggior parte dei “dati non identificativi” del donatore (età, caratteristiche fisiche, situazione familiare, luogo di nascita, motivo della donazione, impiego) e anche, se lo desiderano, alla sua identità. Questa legge si applicherà ai bambini nati dal 1 settembre 2022 i quali, solo dopo il compimento dei 18 anni, avranno la possibilità di conoscere l’identità del loro padre biologico.
A partire dal settembre 2022 entrerà in vigore un altro provvedimento che abolirà l’anonimato dei donatori: un donatore di gameti dovrà obbligatoriamente accettare che la sua identità possa essere rivelata al figlio o alla figlia nati dalla sua donazione, se questi lo desiderano sapere. È importante sottolineare che, in quel caso, non verrà comunque legalmente riconosciuto alcun legame di filiazione con il donatore. La donazione al momento dell’inseminazione rimarrà comunque anonima: non sarà quindi possibile scegliere il donatore e questi non potrà scegliere a chi donare.
Contro il parere del Governo, i deputati si sono pronunciati affinché questo dispositivo di accesso alle origini sia retroattivo, contattando i donatori passati per sapere se accettano di trasmettere i dati non identificativi e la loro identità; essi vorrebbero anche consentire ai genitori che lo desiderano di avere accesso ai dati non identificativi del donatore, prima della maggiore età del figlio avuto tramite PMA. Queste sono disposizioni non ancora discusse e creeranno di certo ulteriori dibattiti in seno al Parlamento.
Autoconservazione degli ovociti
Questa legge permetterà anche la crioconservazione degli ovociti, cioè degli ovuli, per le donne fertili e in buona salute che non desiderano diventare madri nell’immediato, ma che vorrebbero avere la possibilità di farlo in futuro.
La “caccia procreativa” fuori confine
La Francia non è il primo Paese ad aver legiferato a favore della procreazione assistita per le donne single e le coppie lesbiche. Altrove il limite non esiste più già da tempo: Svezia, Danimarca, Finlandia, Estonia, Paesi Bassi, Romania, Irlanda, Regno Unito, Malta, Portogallo, Spagna e Belgio. Era soprattutto in Spagna e in Belgio che le donne francesi ricorrevano a procedure di PMA, quando ancora non era legale in patria. Procedure di fatto costose che rendevano inevitabile un viaggio fuori dai confini francesi.
In Francia, l’attuale estensione mette insieme donne single e coppie lesbiche, ma lo stesso non vale in tutti i Paesi dell’UE, dove si legifera differentemente nei due specifici casi: in Paesi come Grecia, Macedonia, Cipro, Ungheria, Ucraina, Lettonia e Georgia per una donna single è possibile ricorrere alla PMA, ma non se si è una coppia lesbica. I parametri cambiano anche in base alla tecnica a cui si fa ricorso (inseminazione artificiale o fecondazione in vitro), alla combinazione dei gameti (nel caso in cui si ricorre alla fecondazione in vitro) e soprattutto in base all’età della donna che porterà avanti la gravidanza.
La variabilità con la quale i diversi stati membri legiferano a proposito della PMA spinge a chiedersi se sia concretamente possibile adottare una normativa comune che garantisca un accesso equo a tali prestazioni.
Cianan Russell (membro di “ILGA-Europe”, gruppo di advocacy che promuove gli interessi delle persone lesbiche, gay, bisessuali, trans e intersessuali a livello europeo) sostiene che si tratta di una materia di competenza degli Stati membri e che «l’unica alternativa all’adozione di una normativa Ue è quella di difendere i diritti delle persone LGBTI ricorrendo alle vie legali».
Nemmeno Calhaz-Jorge (presidente di ESHRE, dall’inglese “European Society of Human Reproduction and Embryology”, ovvero “Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia”) è ottimista riguardo alla possibilità di elaborare una normativa Ue comune in materia di procreazione assistita: «Sono convinto che non sia possibile adottare regole simili [in tutti gli Stati membri]. Le posizioni politiche e la sensibilità culturale variano molto da un Paese all’altro».
Il passo che l’Italia non fa
In Italia possono ricorrere alla PMA solo le coppie eterosessuali sposate o conviventi in età potenzialmente fertile, che per ragioni mediche sono impossibilitate ad avere figli in modo naturale. Sono previsti un massimo di 3 cicli finanziati dal sistema pubblico sia per tecniche di inseminazione artificiale sia per tecniche di fecondazione in vitro.
Riguardo l’accesso alle origini, la L. 184 del 1983 disponeva il segreto circa l’identità dei genitori biologici a “garanzia insuperabile della coesione della famiglia adottiva” (Corte Costituzionale, sentenza n. 162 /2014, par. 12.), prevedendo di conseguenza il divieto di accesso alle relative informazioni. Il quadro normativo è stato però in seguito modificato, dapprima, attraverso la L. 28 marzo 2001 (n. 149) che ha regolato l’accesso dell’adottato alle informazioni a determinate condizioni e poi, ancora, attraverso il d.lgs. 28 dicembre 2013 (n. 154) che ha disciplinato il diritto dei genitori adottivi all’accesso alle informazioni concernenti l’identità dei genitori biologici dell’adottato.
Infine, attraverso l’intervento della stessa Corte Costituzionale è stata abolita l’irreversibilità del segreto circa l’identità della madre che abbia dichiarato alla nascita di non volere essere nominata, irreversibilità che la Consulta ha ritenuto lesiva degli artt. 2 e 3 Costituzione, invitando dunque il legislatore ad istituire meccanismi per verificare il perdurare della scelta compiuta dalla madre naturale (sentenza 18 dicembre 2013, n. 278).
Riguardo lo statuto dell’embrione, è vietata qualsiasi sperimentazione, manipolazione o intervento sull’embrione che non siano diretti esclusivamente alla tutela della sua salute (deve quindi essere escluso qualsiasi scopo eugenetico e/o selettivo). Gli embrioni non possono essere né soppressi né crioconservati: l’unica eccezione alla crioconservazione è l’impossibilità della donna di eseguire un trasferimento in utero per gravi motivi di salute. I gameti (ovuli e spermatozoi) invece possono essere conservati.
La crioconservazione degli embrioni è possibile dal 2009, quando una sentenza della Corte Costituzionale ha rimosso il divieto imposto dalla legge 40 del 2004 (che regolarmente il ricorso alle tecniche di PMA) di creare al massimo 3 embrioni, con l’obbligo di impiantarli tutti. Così facendo la Consulta ha riconosciuto al medico la possibilità di scegliere di volta in volta il numero di embrioni più idonei da trasferire in utero, riducendo al minimo i rischi per la salute della donna e del feto. Con questa sentenza, anche se in modo indiretto, si ha quindi accettato la possibilità di congelare gli embrioni allo scopo di tutelare la salute della donna.
In sintesi, la legge attualmente in vigore in Italia sul ricorso alla PMA esclude le coppie gay, lesbiche e anche le persone single, alimentando la “caccia procreativa” in paesi come Spagna, Regno Unito, Grecia, Svezia, Danimarca e Stati Uniti: trasferte che prevedono costi elevati e, per molte coppie, proibitivi. Queste dinamiche continueranno certo a verificarsi, almeno fino a quando non verrà approvata una legge estensiva, e allo stesso tempo inclusiva.
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