L’insegnamento di Altiero Spinelli

, di Paolo Fontano

L'insegnamento di Altiero Spinelli

In un momento storico in cui il progetto di integrazione europea rischia la sua disintegrazione oppure un sostanziale stallo, e in cui la disaffezione dei cittadini europei nei confronti di tale progetto ha raggiunto le punte più elevate degli ultimi anni, richiamare gli insegnamenti di uno dei padri fondatori del progetto europeo costituisce non solo un doveroso omaggio alla genialità del suo pensiero ma anche e soprattutto un invito ai suoi epigoni di riprendere l’azione politica intrapresa da Altiero Spinelli per realizzare l’obiettivo di un’Europa federale.

Infatti, se l’obiettivo di un’Europa federale è rimasto una costante del pensiero di Spinelli dalla redazione con Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni del Manifesto di Ventotene nel 1941 fino al voto del suo progetto di Trattato per l’Unione europea del 1984 ed alla sua scomparsa due anni dopo, la strategia d’azione perseguita da Spinelli per raggiungere il fine di un’Europa federale variò almeno cinque volte nel corso degli anni. La strategia d’azione iniziale riposava sull’ipotesi che la rinascita democratica degli Stati europei dopo la guerra avrebbe coinciso con l’eliminazione dello Stato-nazione ed il contemporaneo avvento di uno Stato federale europeo.

Quando tale ipotesi non si realizzò, Spinelli si fece “consigliere dei principi” e cercò di convincere i leader moderati europei - a partire da Alcide De Gasperi - di sfruttare l’appoggio degli Stati Uniti e la paura del comunismo staliniano per creare una “Comunità politica europea”. Quando tale prospettiva sfumò a causa della bocciatura della CED (Comunità europea di difesa) da parte del Parlamento francese, Spinelli cercò di mobilitare l’europeismo diffuso in un’azione popolare - il Congresso del popolo europeo - diretta contro la legittimità degli Stati nazionali.

L’insuccesso di tale strategia condusse Spinelli ad un ripensamento dell’azione federalista e della sua iniziale critica della Comunità economica europea che si stava costruendo sulla base del metodo funzionalista. Nel 1970 Spinelli, nominato Commissario europeo dal governo italiano, cercò di convincere la Commissione europea ad assumere il ruolo di guida politica del progetto europeo. Quando anche tale ipotesi non si realizzò, Spinelli si rivolse al Parlamento europeo affinché assumesse un ruolo costituente nel processo di integrazione.

Il suo progetto di Trattato sull’Unione europea, votato a larga maggioranza dal Parlamento europeo nel 1984, rappresenta l’inizio del processo di costituzionalizzazione dell’Unione europea e, pur essendo rimpiazzato dal meno ambizioso “Atto Unico” nel 1986, vedrà la grande maggioranza delle sue disposizioni novatrici riprese nei successivi Trattati europei. Pertanto Spinelli, lungi dal ripetere pedissequamente le parole d’ordine del Manifesto di Ventotene, ha sempre adattato la sua strategia d’azione per raggiungere l’obiettivo dell’Europa federale tenendo conto dei cambiamenti storici in atto.

L’azione politica per un’Europa federale non poteva essere la stessa quando era in corso una guerra fredda tra due blocchi contrapposti rispetto al periodo successivo di coesistenza pacifica. Allo stesso modo, la realtà odierna di un mondo multipolare che vede l’affermazione di nuove potenze regionali ed il fenomeno di migrazioni di massa non può essere affrontata limitandosi a ripetere le parole d’ordine del movimento federalista. Quando Spinelli si accinse nel 1978 ad intraprendere la sua azione costituzionale in seno al Parlamento europeo, egli si indirizzò direttamente alle organizzazioni federaliste di cui era stato il principale promotore con le parole seguenti: “So che il movimento (federalista) è stanco, pieno di cicatrici, maggiormente in grado di consacrarsi astrattamente ad un’azione ideale che a condurre lotte politiche, più incline a ripiegarsi sul suo orgoglio di precursore che ad aprirsi a forze nuove, le quali non saranno necessariamente sensibili alle sue idee. È questo il prezzo di una lunga traversata del deserto. Ma oggi si presenta la grande occasione di condurre finalmente la battaglia che avete sognato per tanti anni. Sappiate coglierla!” Parole di grande attualità. Per questo l’insegnamento di Altiero Spinelli conserva ancora oggi tutta la sua validità.

Come sottolinea giustamente Lucio Levi in una sua brillante post-fazione al Manifesto di Ventotene, Altiero Spinelli appartiene alla categoria degli uomini “storico-universali” secondo la definizione che ne ha dato Hegel (“Gli individui storico-universali – ha scritto Hegel – sono quelli che hanno detto per primi ciò che gli uomini vogliono”). Come ha scritto Lucio Levi, “Spinelli apparteneva a questa categoria di uomini. Come tutti gli uomini storici, egli espresse le tendenze più profonde della nostra epoca e si identificò a tal punto con esse, che il suo fine individuale coincise con quello universale dell’insieme dei popoli d’Europa. Il fine che egli perseguì non era qualcosa di arbitrario, ma corrispondeva ai bisogni di una fase della storia e apparteneva alle reali possibilità del nostro tempo”. Infatti l’azione politica di Altiero Spinelli non si limitò a proporre un ennesimo progetto di unità europea, quali ne sono stati proposti da diecine di precursori del progetto europeo dal tredicesimo secolo ai giorni nostri (da Pierre du Bois e dal re di Boemia fino ad Aristide Briand), ma operò concretamente per attuarlo nel corso della sua generazione. Come scrisse Spinelli in un commento al Manifesto di Ventotene, la prima idea politica fondamentale “era che la federazione (europea) non era presentata come un bell’ideale, cui rendere omaggio per poi occuparsi d’altro, ma come un obiettivo per la cui realizzazione bisognava agire ora, nella nostra attuale generazione. Non si trattava di un invito a sognare, ma di un invito ad operare”.

In effetti Altiero Spinelli ha perseguito durante tutta la sua lotta politica per la federazione europea il binomio mazziniano “pensiero e azione”: non basta infatti concepire un ennesimo progetto per l’unità federale europea se poi non si agisce concretamente per la sua realizzazione. Quando Spinelli intraprese nel luglio 1980 l’iniziativa del “Club del Coccodrillo” (dal nome del ristorante dove riunì i primi parlamentari europei desiderosi di proporre una riforma costituzionale della Comunità europea), gli eurodeputati disposti a seguirlo erano solo otto. Al momento del voto sul suo progetto di Trattato, i voti favorevoli diventarono 237 (contro 31 e 43 astensioni).

Questo risultato fu possibile solo grazie all’attivismo infaticabile di Spinelli che ottenne progressivamente l’adesione in Italia di Enrico Berlinguer, Bettino Craxi, Giorgio Ruffolo, Gaetano Arfé, Mauro Ferri e Mario Zagari, in Germania di Willy Brandt, Katherina Focke e Erwin Lange, in Belgio di Leo Tindemans, ecc. Dopo il voto del PE, Spinelli si recò addirittura all’Eliseo per convincere Francois Mitterrand ad appoggiare il Trattato e ottenne la dichiarazione del Presidente francese a Strasburgo secondo cui la Francia si dichiara pronta ad esaminare il progetto di nuovo Trattato il cui spirito le conviene.

Per questo l’insegnamento di Spinelli rimane valido ancora oggi. Non basta elaborare un buon progetto di nuovo Trattato (che si tratti della proposta di “Fundamental Law” redatta dal federalista inglese Andrew Duff e fatta proprio dal gruppo Spinelli in seno al PE o del “Protocollo di Francoforte” elaborato dallo stesso A. Duff come Trattato per l’Eurozona). Occorrerebbe che il Parlamento europeo cessi di tergiversare e voti uno dei due progetti al fine di utilizzare i nuovi poteri di cui dispone in base al Trattato di Lisbona per avviare con una sua proposta la procedura di revisione dei Trattati e che un nuovo Spinelli si incarichi con l’arte della maieutica socratiana di convincere i leader politici europei del momento ad appoggiarlo.

Solo in tal modo gli epigoni di Altiero Spinelli dimostrerebbero, al di là delle cerimonie formali in cui gli rendono omaggio, di considerare ancora valido il suo insegnamento e di metterlo in pratica.

Fonte immagine Wikipedia

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