Se l’Europa rappresenta uno spazio unico di libertà e diritti dei lavoratori è anche perché l’Unione europea ha introdotto standard e regolamentazioni volti a garantire questi diritti a livello europeo. Il cosiddetto Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, proclamato congiuntamente dal Parlamento, dal Consiglio e dalla Commissione Ue, intende rafforzare ulteriormente i diritti sociali. Parallelamente occorre continuare a garantire una sempre più efficace attuazione dei princìpi e delle tutele, evitando competizioni al ribasso tra gli Stati membri e stimolando invece la condivisione delle buone pratiche sviluppate in alcuni di essi.
Orario di lavoro, ferie e congedi
L’Unione europea ha introdotto norme minime in materia di orario di lavoro, riposo, pause, ferie annuali e lavoro notturno. Gli Stati membri possono adottare regole più favorevoli ai lavoratori, ma non possono venire meno a questo nucleo essenziale di diritti e di tutele.
Pari opportunità e conciliazione tra vita professionale e privata
Proprio a partire dal dal buon esempio di alcuni Stati scandinavi, l’Unione europea ha armonizzato al rialzo la legislazione in materia di congedi per maternità, paternità o malattia. Nel quadro di un generale rafforzamento legislativo delle pari opportunità tra uomini e donne nel mercato del lavoro europeo, è stata recentemente approvata la direttiva sulla conciliazione tra vita professionale e vita privata, con alcune nuove regole tra cui il congedo di paternità obbligatorio.
Salute e sicurezza sul luogo di lavoro
Il miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza sul luogo di lavoro ha rivestito grande importanza per l’Ue fin dagli anni ’80. L’introduzione di una legislazione europea ha fissato le norme minime per la tutela dei lavoratori, permettendo nel contempo agli Stati membri di mantenere o introdurre provvedimenti più rigorosi. Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è divenuta giuridicamente vincolante, rafforzando l’importanza di tale politica nella legislazione dell’UE. Il sito tematico della Commissione permette di avere una panoramica degli interventi, a partire dal Quadro strategico 2014-2020 sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro. Questo piano ha permesso negli anni di creare risorse come il progetto OiRA, un portale online che permette di ottenere soluzioni specifiche sul tema della sicurezza sul lavoro. Ha condotto inoltre a misure con un impatto tangibile forte sulla vita dei cittadini, come l’approvazione dell’accordo per vietare l’esposizione a 5 nuovi agenti chimici e cancerogeni, inclusi nella direttiva sul tema elaborata dalla Commissione. Le aree di intervento sono quindi tante, dal tipo di apparecchiature mediche obbligatorie al tipo di materiali da utilizzare per gli oggetti presenti sui luoghi di lavoro, che devono essere ad esempio ignifughi.
Contrasto alle discriminazioni sul mercato del lavoro
L’Unione europea ha istituito un quadro generale per assicurare la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. La direttiva prevede garanzie e strumenti di difesa per contrastare qualsiasi forma di discriminazione basata sulla religione, le convinzioni personali, l’età, la disabilità o l’orientamento sessuale.
Le misure anti-dumping sociale e il principio di parità di trattamento
L’Unione europea si propone di rendere omogeneo il mercato del lavoro europeo, accorciando le distanze tra i singoli Stati membri per stimolare la mobilità dei lavoratori e la competitività delle imprese. Nel fare ciò, tuttavia, occorre curare che l’armonizzazione delle tutele e dei diritti segni un miglioramento delle condizioni di lavoro nelle aree in cui la legislazione dovesse risultare più arretrata, e non l’inverso, attraverso una generalizzata tendenza al ribasso dei salari e dei diritti dei lavoratori nei Paesi che presentano oggi alti standard di tutela garantiti dal loro sistema di diritto del lavoro.
Questo problema si è posto, in particolare, in relazione alla disciplina dei cosiddetti lavoratori distaccati, ossia coloro che prestano temporaneamente servizio nel territorio di un altro Stato membro rispetto a quello in cui la loro impresa è stabilita. La libera circolazione dei lavoratori, la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi sono principi fondamentali del mercato interno, ma occorre evitare il fenomeno per cui un’impresa che è stabilita in uno Stato con salari più bassi possa applicare lo stesso trattamento anche ai dipendenti che distacca in paesi UE dove invece i contratti di lavoro sono più onerosi, facendo per l’appunto dumping, o concorrenza sleale, alle imprese e ai lavoratori stabiliti nel Paese che presente migliori e maggiori tutele. Per questo, le istituzioni dell’Unione hanno lavorato anni per trovare il giusto equilibrio tra la necessità di promuovere la libera prestazione dei servizi e garantire parità di condizioni, da un lato, e quella di tutelare i diritti dei lavoratori distaccati, dall’altro, allo scopo di garantire uniformità nell’applicazione delle norme e un’autentica convergenza sociale. Alcune settimane fa, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Ue hanno finalmente aggiornato la legislazione sul distacco dei lavoratori. Il principio fondamentale che ha ispirato la modifica è sempre quello della parità di trattamento tra lavoratore distaccato e lavoratore “locale”, stabilendo che le imprese che distaccano lavoratori in un paese Ue dovranno pagare le stesse retribuzioni e rispettare le medesime regole contrattuali del paese ospitante: il distacco può durare al massimo 12 mesi prorogabile di altri 6 mesi, periodo dopo il quale si applica definitivamente il contratto di settore previsto dal paese in cui il dipendente effettivamente lavora. Gli Stati membri avranno ora due anni di tempo per recepire la direttiva. Sono previste misure di cooperazione fra Stati membri per impedire casi di “distacco fraudolento”, per esempio operati da società di comodo.
L’Ue come attore globale di diritti
Oltre a garantire il rispetto degli standard al suo interno, l’Unione europea si muove attivamente per la loro promozione nel mondo e per proteggere la nostra economia dalla concorrenza sleale di paesi in cui i diritti dei lavoratori non vengono rispettati, difendendo i diritti sociali anche oltre i propri confini. Nel 2017, ad esempio, nel quadro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), l’Unione ha agito per impedire il riconoscimento alla Cina lo status di economia di mercato proprio in ragione delle violazioni dei diritti dei lavoratori. Questa decisione non ha permesso alla Cina di accedere al mercato dell’Unione con i vantaggi concessi ai paesi riconosciuti come liberi.
Segui i commenti: |