L’ADDIO AI BRITANNICI ALLA PRESENZA DELLA SEGRE DIMOSTRA CHE L’EUROPA ESISTE DAVVERO

, di Marco Zecchinelli

L'ADDIO AI BRITANNICI ALLA PRESENZA DELLA SEGRE DIMOSTRA CHE L'EUROPA ESISTE DAVVERO
29 gennaio 2020: i deputati europei intonano il canto Auld Lang Syne dopo l’approvazione dell’Accordo di recesso con il Regno Unito. Copyright : Parlamento europeo

Quando nell’aula dell’Europarlamento a Strasburgo è risuonata Auld Lang Syne (una canzone la cui storia è persino più europea di quanto possano immaginare i tanti Leavers che sicuramente se ne fanno vanto cantandola a Capodanno), si stava facendo sotto i nostri occhi un pezzo di storia che non sarà facile dimenticare.

Nel momento dei saluti, quando una relazione si interrompe, la tentazione di rimproverarsi le reciproche colpe è sempre molto alta. Ancora di più se ci sono in mezzo le vite di altre persone, come i milioni di residenti europei nel Regno Unito e di britannici nell’Unione Europea, e un mucchio di soldi su cui c’è ancora qualcosa da discutere.

Gli europarlamentari l’altroieri hanno dato una prova altissima del loro ruolo, facendo una cosa semplicissima: si sono dati la mano, cantando insieme ai rappresentanti scozzesi, e unendosi in un’unica catena umana. Una scena che mi è sembrata richiamare quella di una pubblicità assai famosa di quasi quaranta anni fa (ma uscita negli USA nel 1971, addirittura prima che il Regno Unito entrasse nella CEE).

Quella scelta, quelle lacrime, quella commozione evidente negli occhi dei cosiddetti “burocrati” (che burocrati non sono, anche se a volte fanno di tutto per sembrarlo), testimoniano una cosa semplicissima, e rivoluzionaria: l’Europa esiste davvero. Esiste, non ancora come esistono gli Stati nazionali, ma come esisteva l’Italia negli anni immediatamente precedenti l’inizio del Risorgimento. Esiste come aspirazione, ovviamente e non da ieri, ma esiste anche come sentimento comune di patria più larga, che comprende e potenzia la propria nazionalità d’origine (o le proprie, visto il numero sempre crescente di figli nati da matrimoni tra persone di nazionalità diversa).

E questa cosa è stata evidente, quando si è compiuto quel momento perfetto in cui un gesto di una parte dell’emiciclo è stato ripreso da esponenti di (quasi) tutti i partiti e le nazionalità, e rilanciato: è impossibile, se si ha ancora un minimo di collegamento tra i propri ricordi di scuola e la propria vita, non capire che questa cosa era quasi impensabile, quando 75 anni fa finì la seconda guerra civile europea. Nessun sovranista in Europa, d’ora in avanti, potrà più fare finta che non esista quel sentimento comune, quell’aspirazione molto più alta, quella volontà di andare comunque avanti, aspettando il momento in cui quel fiero popolo che abita di là della Manica vorrà tornare pienamente tra noi.

Sarebbe stato già abbastanza per considerare questa giornata tra quelle più importanti della storia dell’Unione Europea. Non ci si è fermati lì: per un caso fortuito, perché la Brexit sarebbe potuta andare oltre il 31 gennaio o concludersi già lo scorso 31 ottobre, il destino ha scelto che dopo questa scena parlasse nella stessa aula Liliana Segre, raccontando la sua storia e testimoniando, forse per l’ultima volta in pubblico, che la sua sopravvivenza e l’esistenza del Parlamento Europeo, davanti al quale sventolano le bandiere di quegli Stati che per troppo tempo hanno usato le armi per dominarsi a vicenda, sono “lo stesso miracolo”.

Parole gigantesche, che collegano quello che è noto nella nostra testa, ma forse non è abbastanza sentito nei nostri cuori e nella nostra pancia: se siamo liberi, se viviamo ancora sicuri nelle nostre tiepide case, è un miracolo della Storia, ed è proprio lo stesso miracolo che ha generato il Parlamento Europeo ad aver permesso a una bambina scampata all’Olocausto di diventare una Senatrice di una Repubblica in cui “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Una Repubblica che era stata sconfitta dai propri avversari, a cui aveva dichiarato guerra, e umiliata da se stessa e dai propri rappresentanti nei vent’anni precedenti. Una Repubblica che in altri periodi e luoghi della Storia sarebbe stata forse occupata, smembrata, sfruttata e tenuta schiava, e che invece ha potuto risorgere in pochi anni, attraverso quel sistema che è diventata poi l’Unione Europea, per quanto imperfetta.

Nulla è ancora conquistato per sempre, di ciò che vogliamo ottenere: la pace, la democrazia, la libertà (anzi: le libertà), i diritti, la sicurezza, il lavoro, e tutto il resto… moltissimo resta ancora da fare, soprattutto qui in Italia. Ma si può guardare al futuro con occhi nuovi, pieni di speranza. Ce lo dobbiamo dire: l’altroieri abbiamo vinto, anche a nome di chi pensa di aver perso, e se i deputati lavoreranno nella legislatura con lo stesso spirito la Storia ce lo confermerà presto.

Articolo originariamente pubblicato sulla Rivista « Strade » e qui ripubblicato con il consenso dell’autore.

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