Il metodo Finkelstein in Polonia colpisce la comunità LGBT+

, di Jacopo Barbati

Il metodo Finkelstein in Polonia colpisce la comunità LGBT+
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Articolo pubblicato nell’ambito della campagna 2020 «Democracy Under Pressure» della JEF-Europe, 16-22 marzo 2020.

Arthur Finkelstein è stato un consulente politico statunitense specializzato in campagne elettorali per partiti conservatori. Ne ha curate diverse per il Partito Repubblicano negli Stati Uniti, e fu dietro alla clamorosa vittoria del Likud e di Netanyahu contro Peres nel 1995; in anni più recenti è stato al servizio di Fidesz in Ungheria.

Esiste un reportage rivelatore, a cura di Hannes Grassegger - originariamente pubblicato sullo svizzero “Das Magazin” e tradotto in italiano da “Internazionale” - che spiega il funzionamento del “metodo Finkelstein”. Contiene anche un’intervista a uno stretto collaboratore di Finkelstein, George Birnbaum (Finkelstein è morto nel 2017), e dà ampio spazio alle attività dei due consulenti politici in Ungheria (dove furono ufficialmente assunti da Századvég, una fondazione vicino a Fidesz).

Secondo Grassegger, il “metodo Finkelstein” può essere riassunto brevemente come segue: identifica un avversario politico, rendilo un nemico del popolo con prove anche false (se le smentirà le assocerà a sé; se non lo farà, non avrà mai smentito) ed ergiti a difensore del popolo contro questo temibile nemico.

In Ungheria funzionò talmente bene che Fidesz non solo stravinse le elezioni del 2010 e del 2014, ma indebolì così tanto le opposizioni da averle fatte, de facto, scomparire. Serviva quindi un nuovo nemico, e così nacque l’ormai tristemente nota campagna contro il connazionale György Schwartz, meglio noto col cognome che la sua famiglia assunse nel 1936 per cercare di evitare la discriminazione antisemita che montava in Europa: Soros.

La campagna contro Soros, dipinto come un magnate che finanzia un progetto di sostituzione etnica degli europei, è stata ovviamente ripresa da altri governi conservatori, specialmente in Europa orientale: nel 2017, in Macedonia del Nord, l’allora partito di governo VMRO-DPMNE lanciò la campagna “Stop Operation Soros” (che accusò anche la locale sezione JEF di essere dei sovversivi al soldo del filantropo ungherese) e nel 2019 Beata Mazurek, portavoce del primo partito polacco, Prawo i Sprawiedliwość (PiS, tradotto in italiano come “Diritto e Giustizia”) rilanciò su Twitter un articolo che riportava la ferma opposizione del governo polacco (e quindi di PiS) nei confronti di “una voce non confermata che darebbe Soros come intenzionato a entrare con massicci investimenti nella stampa in Polonia”.

Soros comunque era diventato il leitmotiv di molte campagne governative in Ungheria, pertanto PiS, nella sua attuazione del metodo Finkelstein, aveva necessità di trovare altri “nemici del popolo”. E così, per le elezioni politiche dell’ottobre del 2019, PiS e altri conservatori hanno inondato la campagna elettorale di commenti contro la comunità LGBT+ e la “teoria gender”, facendo leva su quanto potessero essere pericolosi per la società polacca e soprattutto per i bambini.

Questo clima, che ha visto addirittura un fallito attentato dinamitardo contro una manifestazione pride a Lubin, è inevitabilmente sfociato in una vera e propria campagna discriminatoria nei confronti della comunità LGBT+, iniziata dal settimanale conservatore Gazeta Polska, che a luglio 2019, in piena campagna elettorale, ha distribuito degli adesivi recanti una bandiera arcobaleno sbarrata e la dicitura “area libera da LGBT”.

La Corte Distrettuale di Varsavia ha subito intimato l’annullamento della distribuzione di tali adesivi, ma la direzione del settimanale ha ignorato l’ingiunzione, bollandola come “censura”, con l’appoggio di PiS che ha sottolineato come questa iniziativa dovesse essere tutelata dal principio della libertà di stampa.

L’iniziativa si è sviluppata ulteriormente, trasformandosi in una mozione che è stata discussa in comuni, distretti e voivodati [1], che richiede che il territorio in questione sia dichiarato “area libera da LGBT” - istituzionalizzando de facto la discriminazione contro la comunità LGBT+.

L’iniziativa ha avuto purtroppo successo e a dicembre del 2019 erano già 80 gli enti locali che avevano sottoscritto la mozione; e nonostante la ferma condanna del Parlamento Europeo, l’iniziativa è proseguita. A oggi si contano oltre 100 adesioni.

Gli attivisti Paulina Pająk e Kuba Gawron stanno monitorando costantemente la situazione e hanno messo a disposizione una lista e una mappa dove vengono classificati gli enti che hanno discusso la mozione ma l’hanno bocciata, quelli che l’hanno approvata e quelli che la stanno discutendo. Purtroppo, quelli che l’hanno bocciata sono molti di meno di quelli che l’hanno approvata.

Come sottolineato da Paweł Rabiej, il vicesindaco di Varsavia, “il fascismo tedesco creò zone speciali per gli ebrei e l’apartheid per i neri. Ora la tradizione ha dei degni successori”. Nonostante la storia europea urli ancora di dolore per gli errori del passato, essi non servono a evitare che l’odio monti ancora. Per cosa poi? Per vincere delle elezioni?

Note

[1I voivodati costituiscono la suddivisione territoriale di primo livello e i distretti quella di secondo livello.

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