Il 15 Marzo 2019, sarà un giorno da ricordare, se la situazione (in questo caso ecologica) lo permetterà.
Infatti, si è tenuta una grande manifestazione per dire “stop” al cambiamento climatico, una minaccia riconosciuta recentemente, ma non per questo trascurabile, dovuta a molti fattori: a cominciare dalle eccessive emissioni di anidride carbonica, o di CO2. Nella stessa giornata, radio, televisioni e giornali (i social network ne parlano di continuo grazie agli utenti) hanno dedicato a questa dimostrazione gran parte dello spazio per le notizie.
Interessante notare anche la scelta del venerdì come giorno della manifestazione: questo è dovuto al modo di protestare della nuova, giovanissima icona dell’ecologia, nonché candidata al Premio Nobel per la Pace, la studentessa svedese Greta Thunberg di sedici anni.
Tutto ebbe inizio, l’anno scorso, nel 2018: la Svezia, considerata un paese dal clima freddo, ha visto l’estate più calda degli ultimi 262 anni (The Guardian, 2018), durante la quale il pese subì ondate di calore e incendi boschivi. Spinta da quanto accaduto (e dal futuro scenario possibile), la ragazza decise di saltare la scuola per fare un sit-in, inizialmente da sola, davanti al parlamento svedese, accusando la classe dirigente di non muovere un dito per affrontare i cambiamenti climatici – la causa dei disastri di quell’estate – e chiedendo quindi di porre rimedio. Tutto questo saltando ovviamente la scuola, fino alle elezioni generali di settembre 2019, respingendo le accuse di marinare le lezioni con queste parole: “perché costringere ad imparare a scuola, quando i politici non ascoltano gli scienziati?” (Idem).
La protesta raccolse sempre più sostenitori: da un giovane professore della scuola di Greta, all’approvazione dei parlamentari del partito verde svedese (Idem), ai passanti del centro di Stoccolma che hanno iniziato a parlare con lei, portandole talvolta persino dei generi di conforto (The New Yorker, 2018).
Dopo le elezioni, la ragazza è tornata a scuola, mantenendo il presidio davanti al Parlamento svedese solo il venerdì (Idem). Da lì, nacque lo slogan Fridays For Future, che divenne poi il nome di un movimento mondiale decentrato. Infatti, durante l’autunno del 2018, la protesta si è diffusa in molti paesi, compresa l’Italia, e viene portata avanti da studenti delle superiori e universitari che ogni venerdì, su esempio di Greta, saltano le lezioni per sensibilizzare la cittadinanza sul problema e per chiedere ai governi dei paesi (che attualmente sono 196) di ridurre le emissioni di CO2 entro il 2030, come stabilito nell’accordo di Parigi di novembre 2015 (La Repubblica, 2019).
Tra i molti studenti, hanno partecipato (e partecipano ancora) anche molti ragazzi della GFE sia nei venerdì precedenti sia nello sciopero globale del 15 marzo, per il quale, alcuni di questi militanti hanno persino contribuito all’organizzazione, distribuendo volantini, cartone da pacchi – rigorosamente riciclato – e pennarelli. La nostra adesione è dovuta ad alcune caratteristiche che accomunano il federalismo e l’ecologismo. Una di queste è il discorso dei confini nazionali che, pur essendo ampiamente superati dai problemi ambientali, paradossalmente (e non è una novità) imprigionano ancora la politica, almeno quella tradizionale e istituzionale.
Un altro punto, che si collega a quello precedente, è la necessità di evitare disastri: per gli ambientalisti sono le catastrofi ecologiche, mentre per i federalisti sono le guerre (ma non solo), strumento sempre in mano agli stati.
Questa somiglianza tra i due pensieri è molto nota nell’ambito federalista, che da sempre sostiene che “la cooperazione intergovernativa è spesso inefficace, o impossibile senza istituzioni sovranazionali di governo” (Montani, 2017). Facendo riferimento alla proporzionalità degli sforzi creativi ai pericoli da affrontare, evidenziata da Robert Schuman nella sua dichiarazione del 1950 (Schuman, 1950, in Zin, 2017), a “un problema globale occorre dare una risposta globale: un governo federale sovranazionale” (Montani, 2004), capace di decidere e di agire più efficacemente e più velocemente.
Nella realtà, l’Unione Europea non ha un vero e proprio assetto federale, ma potrebbe comunque perseguire gli obiettivi di riduzione di gas serra e di sviluppo sostenibile seguendo tre linee d’intervento (Montani, 2017):
La prima riguarda la creazione di un mercato internazionale dell’energia: questo settore oltre che una risorsa economica potrebbe essere anche usata come strumento politico. Pertanto, potrebbero crearsi tensioni coi paesi che esportano gas e petrolio (primi fra tutti i Paesi arabi e Russia). Occorre quindi che l’Unione Europea venga rafforzata, in modo che possa regolare il mercato interno dell’energia (di difficile costruzione perché è ancora in mano agli stati) e che si confronti con una voce sola sul fronte dei rifornimenti energetici (Idem).
La seconda tocca l’idea di una politica europea di sviluppo sostenibile, sia dal punto di vista ecologico sia da quello sociale, la cui realizzazione necessita del coinvolgimento della società civile, delle associazioni, dalle parti sociali ai “rappresentanti” dell’ambiente, tenendo comunque in considerazione che queste due sostenibilità, ecologica e sociale, sono diverse e quindi suscettibili di contrasti (Idem). La riconversione ecologica porta al rischio di escludere i lavoratori di settori superati o prossimi ad esserlo, per questo servono istituzioni in grado di investire per appianare eventuali conflitti. (Idem)
La terza e ultima linea da seguire è risolvere i problemi del mercato dei permessi negoziabili (ETS), come l’esclusione volontaria dei paesi in via di sviluppo, restii ad accettare il meccanismo “Cap and Trade” e la mancanza di eco-tasse (es., la Carbon Tax) che, colpendo le attività inquinanti, potrebbero finanziare le tecnologie sostenibili e ridurre i costi del lavoro favorendo l’occupazione (Idem).
Tutto quello che è stato brevemente descritto, deve essere l’applicazione (o almeno una sua parte) delle parole riportate qui sotto:
We need to wake up, We need to wise up We need to open our eyes And do it now now now! We need to build a better future, And we need to start right now!
Queste parole sono state cantate sulle note di Bella Ciao, canzone della Resistenza, culla del federalismo militante. Persino Maurizio Crozza, durante la puntata del suo show è arrivato a dire, “che anche i partigiani ne sarebbero contenti” (DPlay, 2019).
Su questa affermazione vorrei tornare alla “necessità storica” descritta in precedenza: questa motivazione, a mio avviso, è una spinta più forte dell’entusiasmo, che sprona i giovani (e non solo) all’impegno, in modo che questi scenari apocalittici non diventino realtà.
Per concludere, voglio dire che le vere utopie non sono questi tentativi di realizzare un futuro migliore, in realtà sono l’inattività e il disinteresse ad aver portato alle peggiori tragedie della storia dell’umanità. Resta poi il fatto che i possibili fautori di un qualche rimedio, cioè le giovani generazioni, non sono i responsabili della causa.
Si tratta, in altre parole, della stessa responsabilità ben descritta da Greta durante il vertice sul clima a Katowice in Polonia, il COP24: «Nell’anno 2078, io festeggerò il mio settantacinquesimo compleanno. Se avrò dei figli forse […] mi chiederanno di voi [i governi]. Forse mi chiederanno perché non avete fatto niente, quando c’era ancora tempo per agire» (Idem)
PS Parzialmente fuori tema: a proposito dello sciopero climatico, nel tardo pomeriggio, ho sentito su Radio Capital, durante un’intervista, la parola “intergovernativo” in riferimento ai vertici per il clima. Sembra un buon segno, dato che questo termine viene praticamente usato solo negli ambienti degli addetti ai lavori e nell’ambito accademico. Forse non sarà la prima volta, ma il fatto che questo termine venga finalmente adottato in contesti più “popolari”, potrebbe essere il primo passo verso un cambiamento di mentalità, soprattutto per la diffusione dell’informazione politica.
Fonti
Crouch D., The Swedish 15-year-old who’s cutting class to fight the climate crisis, The Guardian, 1 1 settembre 2018.
Fratelli di Crozza, puntata 4 del 15 marzo 2019, Dplay.
Gessen M., The Fifteen-Year-Old Climate Activist Who Is Demanding a New Kind of Politics, The New Yorker, 2 ottobre 2018. URL consultato il 20 dicembre 2018 (archiviato il 5 gennaio 2019).
Montani G., Ecologia e federalismo, Istituto di studi federalisti “Altiero Spinelli”, Ventotene, 2004.
Montani G., L’Europa, il federalismo e l’ecologia, 2017.
Schuman R., Per l’Europa, traduzione a cura di Edoardo Zin, editrice Ave, Roma, 2017.
Talignani G., In marcia per il clima: così è nato il movimento FridaysForFuture, la Repubblica, 11 marzo 2019.
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