Brasile, i sostenitori di Bolsonaro assaltano i palazzi del potere

, di Davide Cinotti

Brasile, i sostenitori di Bolsonaro assaltano i palazzi del potere

La folla ha sfondato le barriere di sicurezza erette dai militari a protezione del Parlamento, della Corte di Cassazione e del Palazzo Planalto. Una volta all’interno degli edifici, i manifestanti hanno preso posto, sfondato finestre, rovesciato tavoli e sedie, danneggiato quadri e statue, tentato di bruciare tappeti e sventolato bandiere brasiliane dalle finestre e dai tetti degli edifici occupati.

Le foto sono diventate virali: ritraggono i manifestanti mentre scattano selfie dopo aver rubato il ritratto presidenziale di Bolsonaro, con il cappello di latta tipico della teorie del complotto, travestiti da giudice della Corte Suprema (dopo averne rubato le vesti); intenti a defecare su un armadietto all’interno della Corte o a dipingere baffi di Hitler ad un quadro all’interno del Parlamento.

Qui il video dell’assalto.

“Il governo federale garantirà la sicurezza nel distretto di Brasilia con il dispiegamento della guardia nazionale e dell’esercito”: lo ha ordinato il nuovo presidente Luiz Inacio Lula da Silva, con un provvedimento annunciato anche su Twitter. La guardia nazionale è un ente prescelto per essere subordinato all’esecutivo federale, viene creato solo in determinate circostanze e con l’apporto di forze pubbliche diverse. Il provvedimento resterà in vigore almeno fino alla fine del mese e prevede anche la chiusura al pubblico, per almeno 24 ore dell’area dove hanno sede le istituzioni.

Lula ha criticato «l’incompetenza» o la «mancanza di fede» della polizia che, in alcuni casi, secondo il parere del neo Presidente, ha anche «diretto» i sostenitori di Jair Bolsonaro.

Bolsonaro ha poi respinto “le accuse senza prove di Lula” sul suo coinvolgimento nell’assalto ai palazzi del potere e ha sottolineato: “Durante il mio mandato ho sempre rispettato la Costituzione e difeso la democrazia e la libertà”.

Bolsonaro - che attualmente si trova negli Stati Uniti, non ha partecipato al passaggio di consegne, oltre a non aver riconosciuto la risicata vittoria al secondo turno delle presidenziali di Lula - arriva via Twitter: “Le manifestazioni pacifiche fanno parte della democrazia. Tuttavia, i saccheggi e le invasioni di edifici pubblici come avvenuti oggi, così come quelli praticati dalla sinistra nel 2013 e nel 2017, sfuggono alle regole“.

Il membro del Congresso degli Stati Uniti Joaquin Castro ha dichiarato: «Bolsonaro non dovrebbe essere in Florida. Gli Stati Uniti non sono un rifugio per questo autocrate che ha ispirato atti di terrorismo: dovrebbe essere rispedito in Brasile.» Alexandria Ocasio Cortez, un importante Parlamentare dei democratici, ha anche affermato che «gli Stati Uniti dovrebbero smettere di fornire rifugio a Bolsonaro in Florida».

I reparti della polizia militare dispiegati presso la sede del Congresso del palazzo presidenziale e della Corte suprema erano alle dipendenze del Governatore Ibaneis Rocha, esponente del partito conservatore Movimento Democratico Brasileiro (MDB). Il dirigente è stato poi sospeso per 90 giorni con un provvedimento del capo della Corte suprema, il giudice Alexandre de Moraes.

Analisi

I metodi e l’evoluzione dell’attacco sono molto simili all’attacco del 6 gennaio 2021 al Congresso degli Stati Uniti da parte dei sostenitori dell’ex presidente Donald Trump, così come le false accuse di brogli, a cui non sono conseguite prove a supporto. Trump e Bolsonaro condividono visioni politiche simili e hanno un rapporto stretto: si sono affidati agli stessi consiglieri in momenti diversi, a cominciare da Steve Bannon, ex stratega presidenziale e magnate della finanza statunitense, nonché riferimento per l’estrema destra americana.

I fatti citati non sorprendono: il clima politico in Brasile è teso da diversi anni, le argomentazioni di Bolsonaro hanno ripetutamente sollevato la possibilità di azioni violente e negli ultimi mesi è stato ripetutamente sottolineato che la democrazia brasiliana sta attraversando un momento vulnerabile.

In Brasile, tuttavia, alcune particolarità lo rendono più pericoloso: la democrazia nel Paese ha una storia più recente e meno consolidata, maggiore potenza delle forze militari e dibattiti politici più frequenti.

Durante la sua prima campagna presidenziale, Bolsonaro ha trasmesso i sentimenti populisti di un’ampia fetta dell’elettorato. Si è presentato come un combattente anticorruzione e un uomo forte, lodando ripetutamente la dittatura militare che ha governato il Brasile dal 1964 al 1985 e lamentandone la fine. Il figlio maggiore, Eduardo, deputato federale, ha persino accennato alla possibilità di una deriva autoritaria: «Verrà un momento in cui la situazione sarà come negli anni ’60». Dopo aver vinto le elezioni, non ha cambiato la sua retorica contro la sinistra definendola popolata da «ladri e comunisti», e ha collocato soldati ed ex soldati in molti ruoli chiave del Governo. Nel marzo 2020, Bolsonaro ha dichiarato: «Abbiamo il popolo dalla nostra parte e le forze armate dalla parte del popolo».

Tuttavia, le strutture democratiche del Paese hanno retto: Bolsonaro è da tempo impegnato in una battaglia legale con la Corte Suprema del Brasile, che ha respinto le sue ambizioni autoritarie e ha ripetutamente negato le sue lamentele sulla scarsa affidabilità del sistema elettorale.

Bolsonaro, invece, è stato indagato per abuso di potere e altre accuse, avvenute prima delle elezioni e che non hanno nulla a che fare con l’attacco al Parlamento.

Durante i suoi anni in carica, mentre la sua amministrazione era colpevole di cattiva gestione della pandemia ed accuse di corruzione, Bolsonaro ha ripetutamente criticato il sistema di voto elettronico centralizzato (che riteneva sinonimo di frode a favore della sinistra), sebbene non sia mai stato in grado di presentare alcuna prova per tali affermazioni.

Oggi ci sono milioni di brasiliani che non credono più alle Istituzioni brasiliane. Molti alla fine dell’anno scorso hanno votato per Bolsonaro, nel secondo turno parliamo di circa 58 milioni di persone, il 49,10%, metà della popolazione brasiliana .

Alcuni di questi elettori non guardano più i canali tradizionali di informazione ed usano solo i gruppi WhatsApp gestiti dai bolsonaristi, se non direttamente dal figlio dell’ex Presidente.

Non è un caso che i fatti si siano svolti di domenica. Al blitz hanno partecipato lavoratori che hanno pagato 50 reais, circa 9 euro, per noleggiare un pullman organizzati anche dalle “tias do Zap”, ’le zie di WhatsApp’, attiviste apparse sui social media ed arrestate a Brasilia.

Sui social network e soprattutto su Facebook, particolarmente popolare e influente in Brasile, i responsabili della campagna elettorale di Bolsonaro e i suoi sostenitori hanno diffuso una grande quantità di notizie false: tra cui l’ipotesi che Lula avrebbe chiuso le chiese e portato il Brasile al comunismo, in una “deriva venezuelana”.

I continui riferimenti all’intervento militare dell’estrema destra brasiliana sono distintivi del movimento golpista pro-Bolsonaro. Le forze armate hanno finora dimostrato lealtà alle Istituzioni repubblicane brasiliane, nonostante gli stretti legami di molti dei loro rappresentanti con il presidente Bolsonaro e con una parte della forza economica, in particolare la forza delle grandi proprietà agricole. La crisi provocata dall’attentato rischia di finire proprio a causa del rigore delle Istituzioni, mentre l’estrema polarizzazione della politica brasiliana continuerà ad essere un problema per la normale vita democratica del Paese.

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