Mentre col DEF il Ministro Tria costringeva i suoi colleghi del Consiglio dei Ministri e gli italiani tutti ad iniziare un (piccolo, il prossimo, dopo le elezioni europee, sarà ben peggiore) bagno di realismo (“saranno necessarie coperture di notevole entità”), un documento senza precedenti riuniva le parti sociali in un’unica richiesta rivolta ai cittadini italiani. Confindustria, Cgil, Cisl e Uil si sono rivolti agli italiani per invitarli ad andare a votare e scegliere i candidati che assicurino di aver compreso che senza la cornice europea l’Italia è un paese destinato a tornare nell’alto medioevo (naturalmente saltando, a ritroso, Rinascimento ed umanesimo); e che agiscano di conseguenza.
Solo nel quadro di un rinnovato impegno europeo è possibile riacquisire quelle leve decisionali che possono consentire ai cittadini di esercitare la sovranità. Un livello, quello europeo, al quale siamo chiamati a dare un contributo costruttivo per la trasformazione della UE in un soggetto capace di agire per soddisfare efficacemente i bisogni interni (sicurezza, infrastrutture, innovazione, transizione ecologica, etc) ed esterni (politica estera e difesa, migrazioni, guerre ed opportunità commerciali planetarie, etc) dei cittadini europei; un soggetto svincolato dalle inevitabili pastoie dei veti incrociati del Consiglio Europeo ed affidato ad una regia democratica che solo il Parlamento Europeo può assicurare.
Il fatto che lo dicano i rappresentanti delle parti sociali, ossia i rappresentanti collettivi degli interessi dei lavoratori e delle imprese, la parte viva del paese, ci pare suggerisca tre riflessioni.
La prima, che il paese è allo sbando; che senza una presa di coscienza collettiva delle panzane che quotidianamente ci rifila questo governo non ci potrà essere alcuna ripresa economica, alcuna decisione a favore della crescita, della sicurezza, degli interessi dei cittadini italiani. Il fatto che si mobilitino, unitamente poi, le parti sociali è una testimonianza di preoccupazione, direi quasi di disperazione: una specie di ultima spiaggia.
La seconda, che la rappresentatività assicurata dai partiti non è più valida; che la formazione della classe dirigente del paese è destinata a passare per altri soggetti (organismi intermedi) e che si delinea uno scollamento crescente, un conflitto, probabilmente insanabile, fra partiti e società civile. Coi partiti a difendere il loro potere, le loro poltrone. E la società civile a cercare di promuovere gl’interessi dei cittadini. Un percorso ad ostacoli, potenzialmente pericoloso, dagli esiti imprevedibili, ma che ci pare ormai in atto da qualche tempo e tutto sommato inevitabile.
La terza, che questa Europa, così com’è, chiaramente non funziona come dovrebbe; e che deve essere riformata in maniera radicale. Sono finiti i tempi dei compromessi intergovernativi, del gioco delle tre carte, dell’integrazione per piccoli passi. È venuto il momento di creare una genuina democrazia sovranazionale; e di combattere attivamente per costruirla.
Questi sono i messaggi, più o meno espliciti, dietro all’Appello per l’Europa. C’è solo da augurarsi che, nonostante l’assordante silenzio dei media, non rimanga inascoltato.
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