Ungheria, golpe all’interno dell’Ue

, di Lorenzo Berto

Ungheria, golpe all'interno dell'Ue

L’idea di integrazione europea nasce all’indomani dell’eccidio nazista e della catastrofe del secondo conflitto mondiale. Un continente glorioso, al centro della Storia e della Cultura che, paradossalmente, diventa teatro dell’oblio nonostante esso stesso abbia elaborato nei secoli l’idea di uguaglianza e di libertà.

Ebbene, unica via per cancellare la prospettiva della perseveranza in tali errori, gli attori europei decisero di “mettersi insieme”; non con una radicale scelta politica di tipo federale, ma piuttosto procedendo sulla via della progressiva Unione economica come primo gradino di un sistema complesso e concatenato che, ontologicamente, impedisce il conflitto intestino. Che senso avrebbe attaccare un Paese con il quale si condivide la politica economica e la circolazione delle risorse? Una prima fase via via approfondita dai Governi del Vecchio Continente: gli allargamenti si fanno più frequenti, le competenze dell’organismo sovranazionale crescono. Dalla regolazione economica si passa alla tutela dell’individuo in quanto portatore di Diritti Fondamentali: questa scelta come conseguenza di Schengen: è ragionevole ritenere che i cittadini dell’Ue debbano poter esser tutelati in modo analogo in ogni parte dell’Unione. Questo complesso attore della politica, che oggi occupa magna pars del dibattito, consta dunque di un sistema di norme cui gli Stati aderiscono al momento del loro ingresso nelle istituzioni comunitarie. Ancorché non si possa parlare di una costituzione per l’Unione, tutti sono concordi nel ritenere che alcuni documenti assurgano al ruolo di norme costituzionali; è il caso, per esempio, della Carta di Nizza. O della CEDU, ricordando che questa appartiene ad un ordinamento altro rispetto all’Ue, con dei criteri a cui però è necessario uniformarsi per aderire. L’insieme di tutto ciò lo si può compendiare nei Diritti Fondamentali, nobile traguardo del pensiero giuridico della parte di Mondo che abitiamo.

Questa introduzione mira a fare il quadro della situazione, come si suol dire. E a far comprendere con evidenza la gravità di quello che sta accadendo in Ungheria, membro dell’Unione e sottoscrittore della CEDU. Il golpe bianco, è stato definito. Il premier Viktor Orban ha infatti varato, grazie all’approvazione di un docile Parlamento, un pacchetto di misure volte a revisionare la Costituzione in senso liberticida. A nulla vale l’astensione e l’abbandono dell’aula da parte dei deputati socialisti; la maggioranza nazional-populista magiara approva la fine dello Stato di diritto, sottoscrive il regresso rispetto a secoli di conquiste di libertà individuali nei confronti dei pubblici poteri e di assistenza sociale. Una generica, e per questo ancor più preoccupante, “dignità della nazione” vale la censura della libertà d’espressione; la divisione dei poteri è un ricordo, ora che la Corte Costituzionale ( baluardo della minoranza in tutte le democrazie, chiamata a sanzionare la legge che intervenga inopportunamente su ciò che non è suo appannaggio, vedi Diritti umani) è stata esautorata, ridotta a controllore formale e non sostanziale. I tagli sulla pubblicità alle emittenti televisive hanno indotto i network a chiudere e il dibattito è dunque monopolizzato dallo stato. L’ex partito comunista è stato definito “criminale”, i diritti civili delle persone non sposate o omosessuali annullati tout court. Questo breve ma bastevole quadro evidenzia che l’Unione non può stare a guardare, e anzi è chiamata a rendere effettivi i principi da essa difesi nei Trattati e sottoscritti dalla stessa Ungheria. Emergono drammaticamente i limiti in materia di Politica Estera e di Sicurezza Comune, tradizionale espressione della sovranità nazionale. Governi ciechi e gelosi del proprio potere non hanno dotato l’Ue di un efficace rappresentanza in materia; la figura dell’Alto Rappresentante nasce zoppa per questi motivi, e in Consiglio si decide all’unanimità su troppe questioni. Unanimità è anche Ungheria, di cui dunque siamo ostaggio. Non valgano tuttavia come scusanti: tutta la società europea deve auspicare che il Fidesz che Oban dirige venga espulso dal Ppe; e che l’Unione alzi la voce e intervenga con il suo primato in molte materie (si rimanda, per l’assetto istituzionale, alla rubrica RetròUExplain che gli Esteri di Retrò hanno realizzato qualche tempo fa). In attesa che da Bruxelles si dia seguito a quanto detto ieri, undici marzo, circa la preoccupazione che simili comportamenti generano in Europa, Retrò si impegna a monitorare la situazione e a non lasciare soli i nostri concittadini europei.

1. Articolo scelto per voi e originariamente pubblicato sul quotidiano Retrò online

2. Fonte immagine Flickr

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