Risposta a Francesco Giavazzi

, di Giorgio Anselmi

Risposta a Francesco Giavazzi

Egregio Prof. Giavazzi,

non so a quali federalisti Lei si riferisca nel suo articolo sul “Corriere della sera” del 27 febbraio. Voglio però precisare che il Movimento federalista europeo nella sua lunga storia non si è mai schierato per il “tanto peggio, tanto meglio”. Lo stesso Altiero Spinelli, quando i governi ridussero il suo progetto di trattato al molto meno ambizioso Atto unico europeo, pur manifestando la sua rabbia e la sua delusione, invitò poi il Parlamento europeo ad approvarlo.

Da parte nostra, abbiamo sempre sostenuto che il Patto di stabilità va conservato e fatto rispettare. Detto questo, era anche facile prevedere che un’unione monetaria senza unione economica, insomma una moneta senza stato, sarebbe prima o poi incappata in quei problemi che oggi si manifestano in tutta la loro gravità. Prevedendoli, Jacques Delors, allora presidente della Commissione, propose di accompagnare la creazione dell’euro con quel piano di politica economica che porta il suo nome. I governi trascurarono quelle indicazioni e più tardi ripiegarono sulla Strategia di Lisbona, fondata sulla semplice collaborazione intergovernativa ed il cui fallimento è sotto gli occhi di tutti.

Concludendo, non credo proprio che sia prova di irresponsabilità dire ad alta voce che quel bene prezioso che è la moneta unica può essere salvato dotando l’Eurozona di un governo dell’economia. Per esempio e per riprendere le Sue parole, non è anche “incomprensibile ostinazione e stupida vanità” che in un’istituzione come il FMI, nella quale gli europei detengono la maggioranza del capitale, i paesi dell’euro non abbiano ancora una rappresentanza unica?

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Tuoi commenti
  • su 1 marzo 2010 a 15:37, di erikzac In risposta a: Risposta a Francesco Giavazzi

    Il fatto che l’UE non abbia una rappresentanza unitaria nell’FMI non è il solo problema, c’è anche da considerare che i paesi europei non sono certo i soli «azionisti» e che in una situazione di emergenza come questa i singoli membri possono essere messi sotto pressione da chi è interessato a indebolire le economie dell’area euro. A parte questo nessun soggetto serio si affiderebbe a un ente esterno per risolvere problemi cui può rispondere con le proprie forze, sarebbe un grave danno per la sua credibilità.

  • su 1 marzo 2010 a 16:49, di Tommaso Visone In risposta a: Risposta a Francesco Giavazzi

    Caro Giorgio,

    grazie per aver risposto prontamente a Giavazzi (spero che una risposta -magari economicamente più articolata - sia inviata - se non è già stato fatto - allo stesso «Corriere della Sera»). Il suo opinabile articolo, ad ogni modo, potrebbe consentirci di portare avanti una discussione costruttiva, e mi spiego: il Trattato di Lisbona è entrato in vigore da poco e non sembra che siano molti a prendere in considerazione l’ipotesi di ulteriori riforme «di fondo» inerenti all’assetto dei poteri e dei neo-equilibri dell’Unione (come nota anche Dastoli in un suo recente articolo su «Mezzogiorno Europa»). Le attuali vicende - che sono state commentate «amaramente» anche da Bernardo Valli su Repubblica - pongono ai federalisti - ed ad ogni sincero europeista - i seguenti quesiti: quanto il caso della Grecia riapre il dibattito sulla politica economica dell’UE? Esiste qualcuno disponibile nell’attuale quadro delle istituzioni europee/nazionali(ovviamente non tra i liberisti alla Giavazzi) a discutere seriamente di una riforma del bilancio UE e dei mezzi politici attraverso cui perseguirla? E’ possibile che la crisi greca apra - contro la stessa volontà degli attori politici - lo spazio di una manovra politica?

    Si tratta di problemi che credo meritino una pronta ed ampia discussione da parte di chi, consapevole dell’impossibilità di limitarsi all’esistente (crisi del 2008 docet, certo non per taluni economisti), voglia tentare di promuovere delle iniziative responsabili.

    cordiali saluti

    Tommaso Visone

    P.S. Ci tengo a precisare che qui non si tratta di avere interesse nell’accentuare questa (o qualsiasi altra) crisi ma di porre le premesse per una riforma strutturale che fornisca gli strumenti economici e politici per frenare e prevenire le crisi stesse. Una politica economica europea (con le inerenti riforme istituzionali), un bilancio accresciuto (e democraticamente legittimato), un seggio unico dell’Ue nel FMI sono tra questi. Sono sicuro che in ambito liberista verranno sicuramente individuati mezzi altrettanto validi per la soluzione di questo e di altri problemi (di certo il Fondo Monetario Internazionale - fermo restando il suo assetto strutturale/istituzionale - negli ultimi anni ha dato una grande prova di sé, ad esempio sostenendo lungimiranti - ed a «costo zero» - riforme strutturali in Argentina) ma, in attesa delle illuminanti soluzioni dei teorici del deregolato/libero mercato, sarà il caso di iniziare a discutere tra noi «profani» di queste cose.

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