Al di là dell’Atlantico

Pensieri americani (V)

UE, States e tre studiosi

, di Marta Semplici

Pensieri americani (V)

Come viene interpretato dall’altra parte dell’Oceano il ruolo attuale degli Stati Uniti nel mondo e come viene immaginato il futuro dell’Europa? Ascoltiamo tre noti studiosi americani, le cui teorie mettono bene in evidenza come anche tra politologi americani esistano diversi approcci alla questione.

Robert Kagan è uno degli esponenti di spicco dei «neocon» ispiratori della dottrina Bush e si attesta tra i più critici nei confronti del ruolo internazionale dell’Unione europea. Joseph Nye insegna negli Stati Uniti ed ha alle spalle numerose collaborazioni con le amministrazioni di Washington, dove le sue teorie sono tenute ben presenti. Jeremy Rifkin si distingue per essere il più entusiasta dell’esperimento europeo, è un personaggio eclettico e noto in diversi ambienti, avendo spaziato con i suoi studi dal pacifismo all’ambientalismo, dallo sviluppo sostenibile sino alle ultime passioni europeiste.

Tutti questi autori sono consapevoli dell’ingombrante ruolo internazionale che spetta agli Stati Uniti nel post guerra fredda. Oltre a questo, sono anche ben consapevoli che bisognerà fare i conti con l’Unione europea, già grande potenza economica, che a più riprese manifesta la volontà di diventarlo anche sul piano militare e politico. Vediamo come.

Kagan e le distanze interplanetarie, ovvero gli Americani provengono da Marte e gli Europei da Venere.

La metafora invocata dall’autore è subito diventata molto nota, grazie soprattutto alla sua semplicità. Questa diversità, in realtà, è così netta? Le differenze tra USA ed UE esistono, specialmente nei rispettivi approcci in politica estera, e non sono causate dall’ultima amministrazione Bush. Secondo Kagan, esse sono destinate a durare perchè, mentre l’Unione europea si ispira all’idea kantiana di pace e di relativa prosperità, gli Stati Uniti sono costretti ad esercitare il loro potere in una situazione di anarchia internazionale come nella visione di Hobbes, in cui solo chi detiene ed impone la sua forza militare può difendere e promuovere un ordine liberale. Come dire: Venusiani, ringraziate Marte, che se fosse per voi, il mondo sarebbe un caos ingovernabile.

Kagan non lascia dubbi, l’ipotesi di un’UE come contrappeso agli USA è assolutamente infondata

Insomma, gli Americani non sarebbero i nuovi tiranni del mondo, ma sono coloro che si sono trovati il peso del mondo sulle spalle. Ne emerge, però, una fosca descrizione dell’Occidente contemporaneo in cui il più forte vince e comanda. La potenza spirituale, politica e militare degli Stati Uniti si contrappone alla “Vecchia Europa”, impotente ed imbelle, idealisticamente devota al diritto internazionale: un’Europa incapace di usare la forza e che si sottrae in questo modo a quella responsabilità primaria che è la lotta al terrorismo. Quello che lascia perplessi è il ricorso da parte di Kagan ad un dualismo tra potere e debolezza dedotto solo dalla forza militare di ognuno, che liquida l’atteggiamento dell’Europa verso gli Stati Uniti a quello di potenza decaduta ed invidiosa. Egli stesso sembra incappare in quegli stereotipi che tanto proclamava di voler superare nella sua introduzione.

Possono allora gli USA governare il mondo senza l’aiuto europeo? In un certo senso è quello che stanno già facendo. In Afghanistan e in Iraq, mentre gli Americani «preparavano la cena», gli Europei «facevano i piatti». Allora, come potrebbero mai essere utili agli Stati Uniti? Per l’Europa e per il mondo è importante che gli Stati europei restino in pace tra loro e che, finalmente, accettino la necessità vitale di avere un’America forte. Kagan non lascia dubbi, l’ipotesi di un’UE come contrappeso agli USA è assolutamente infondata.

Nye: persuasione versus coercizione. Gli Stati Uniti dovrebbero imparare le buone maniere.

Anche per Nye l’approccio europeo e quello americano sono differenti, ma, a differenza di Kagan, sono visti come complementari e utili l’uno all’altro. Joseph Nye ha fatto fortuna coniando il termine di soft power. Quest’ultimo si distingue dall’hard power, ovvero il ricorso alla coercizione, che consiste nell’abilità di far piegare gli altri al proprio volere, utilizzando la minaccia o l’induzione dei mezzi economici e militari. Il soft power, invece, fa ricorso ad altri strumenti quali la cultura, la formulazione delle politiche, i valori che insieme contribuiscono a indurre gli altri a volere ciò che tu vuoi.

A differenza di Kagan, Nye si preoccupa del progressivo declino della credibilità americana all’estero. Egli è fermamente convinto che gli Stati Uniti siano la prima potenza al mondo, ma esorta a riflettere sullo scarso ricorso al soft power da parte della politica estera americana. Le relazioni internazionali sono da lui paragonate ad un gioco di scacchi in tre dimensioni: al vertice ci sono le questioni militari, in cui gli USA sono l’unica superpotenza che gioca secondo le regole dell’egemonia e dell’unipolarismo; nel mezzo si trovano le questioni economiche e, infine, le questioni transnazionali come il terrorismo, l’ambiente, o le risorse naturali. In queste ultime due dimensioni ci si deve riferire ad un sistema multipolare in cui gli Stati Uniti non possono agire incontrastati, perché hanno a che fare con altri attori, statali e non. E’ proprio in questi ambiti che serve un’Europa forte.

Nye esorta a riflettere sullo scarso ricorso al soft power da parte della politica estera americana

Secondo Nye, l’Europa non è impotente, ma è forte proprio di quel soft power che gli Stati Uniti trascurano. Nonostante le riflessioni sul ruolo dell’UE siano più propositive di quelle di Kagan, l’Unione europea nella visione dell’autore può solo ambire ad essere un attore a metà sulla scena internazionale, dove l’ultima parola spetterà sempre agli USA.

Rifkin, il sognatore. Il sogno americano è tramontato? Trasferiamoci in Europa.

Last but not least, troviamo Jeremy Rifkin. Egli è il più «europeista» dei tre politologi, essendosi meritato questa medaglia nel 2004, quando pubblica «Il sogno europeo». In alcune centinaia di pagine, il poliedrico intellettuale americano ha cercato di far sognare chi, come lui, ha perso fiducia nel progetto americano. Pur restando convinto che i valori della responsabilità personale e della libertà dell’individuo restino fondamentali, Rifkin guarda all’Europa come il «nuovo mondo» dove pace, prosperità ed un buon tenore di vita si stanno affermando secondo un nuovo modello.

Jeremy Rifkin...l’American Dream è ora fuori strada

Il sogno americano non è più attuale ma resta ancorato al passato, non riuscendo ad offrire delle valide risposte alle esigenze della società globale contemporanea. L’American Dream è ora fuori strada perchè intende il successo individuale principalmente come un successo economico, si focalizza troppo sul progresso materiale, mentre poco si preoccupa per il benessere generale dell’umanità. L’Europa si trova in mano il testimone. Proprio qui, infatti, ci viene offerta una nuova e coraggiosa visione del futuro, che comprende l’integrazione sociale, la pace, la garanzia dei diritti umani e la volontà di preservare l’ambiente. Quello che per Kagan costituisce una debolezza per Rifkin è una grande risorsa, proprio perchè forte di un messaggio universale.

Come è ovvio, nemmeno l’Unione europea è immune da ipocrisie e debolezze, ma a Rifkin sembra più importante non fermarsi a questo. «Gli Americani sono soliti dire che per il Sogno americano valga la pena morire. Facciamo in modo che per il sogno europeo valga la pena vivere». Un’analisi o una speranza la sua? In un certo senso, l’entusiasmo dell’autore sorvola sulle questioni ancora aperte della riforma istituzionale dell’Unione europea, che è attualmente sempre più urgente in un’Europa a 27. Il successo del sogno europeo dipende anche da un rafforzamento dell’integrazione già esistente.

Tutti e tre gli autori contribuiscono a dare l’immagine dell’integrazione europea come di un esperimento unico nella storia. C’è poi chi, come Kagan, sottolinea maggiormente le debolezze che si celano dietro a questo apparente successo. Nye, invece, parla dell’importanza di un’Europa forte che agisca al fianco degli Stati Uniti sulle questioni economiche e per fronteggiare le minacce globali. Dal canto suo, Rifkin elogia l’esempio europeo, eleggendolo a nuovo modello di riferimento, raccontando i benefici di cui gli Europei hanno goduto dall’inizio del processo di integrazione ad oggi, cosa che mai in tanti anni erano riuscite a fare né le istituzioni dell’UE né tanto meno i leader europei.

Fonte immagine Flickr

Per saperne di più:

Robert Kagan, Paradiso e potere, Mondadori, 2003

Joseph Nye, Soft Power: un nuovo futuro per l’America, Einaudi, 2005

Jeremy Rifkin, Il Sogno europeo, Mondadori, 2004

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Tuoi commenti
  • su 25 dicembre 2006 a 21:19, di ? In risposta a: Pensieri americani (V)

    Poche righe per dire che il pensiero preferibile sia quello illustrato da Nye . Si pone in un posto che gode di una buona «mediocritas» e pare possa ben disporre USA e UE a cooperare insieme . Dico così poichè la UE senza un esercito forte al seguito , almeno per il momento , non può non avere le spalle coperte dagli Americani . Per fare un parallelismo vedo bene la UE nei panni di un diplomatico Cavour e gli USA in quelli di un focoso Garibaldi . Distinti Saluti Marta Florio

  • su 27 dicembre 2006 a 11:23, di ? In risposta a: Pensieri americani (V)

    Ciao cara omonima,

    Se è Nye ad essere preferibile, ti chiedo in base a cosa lo sia. Forse per descrivere la realtà dei fatti? E’ vero che non abbiamo un esercito europeo ma non così vero che siamo completamente dipendenti dalla protezione americana. Alle volte si rivela pure inutile come nel recente caso del Libano dove gli Usa non hanno potuto affatto intervenire.

    O forse è preferibile per anticipare le alleanze del futuro? Sono stati diversi i casi di frizione tra Usa ed UE, come sull’intervento americano in Iraq e più in generale sui metodi della lotta al terrorismo, frizioni anche causate dalla strutturale debolezza dell’UE sul piano militare. Come te sono convinta che pure la superpotenza americana abbia bisogno di un valido alleato, ma “cooperare” ha senso solo se questo viene fatto alla pari e in sede internazionale.

    Alcuni degli orientamenti americani in politica estera sarebbero secondo me perfettibili se al loro fianco gli Usa avessero un’Unione europea alla loro altezza, anche sul piano militare. Il rispetto del diritto internazionale sarebbe più frequente perché è in quella sede che un’entità sopranazionale come l’Unione europea sarebbe in grado di far valere i propri orientamenti in politica estera.

    Ciao, M.S.

  • su 2 gennaio 2007 a 18:57, di ? In risposta a: Pensieri americani (V)

    Cara Marta , non ho letto il libro di Nye per intero , sono venuta a conoscenza del suo pensiero attraverso le tue parole e ribadisco che sia più accettabile rispetto agli altri considerato il fatto che , per ora , la UE non è ancora una Superpotenza . Sono fermamente convinta che in futuro quando la UE sarà allo stesso livello degli USA , cioè uno Stato Federale con una politica estera e militare comune eliminando i rapporti di forza fra Stati Membri , allora si potrà ragionare ad armi pari ed intervenire paritariamente nella lotta alle future minacce . Anzi quando questo avverrà la UE avrà quel valore aggiunto in più che è costituito dalla «soft power» , caratteristica che , mi sembra evidente , manchi agli statunitensi . E’ palese ormai, come l’ intervEnto in Iraq sia stato un enorme buco nell’ acqua e che Bush sia stato pessimamente consigliato da Rumsfeld e Wolfowitz ai quali prudevano solo le mani per chiudere i conti , aperti durante l’ amministrazione di Bush padre . Fino ad oggi l ’ Europa ha costruito la pace al suo interno e , a scanso di essere accusati di eurocentrismo , possiamo vantarci di essere portati come modello ; allo stesso tempo credo che si dovrà lavorare ancora molto e nell ’ eventualità di un attacco terroristico di notevole portata con WMD , per il momento , abbiamo ancora bisogno del sostegno degli USA . Nel frattempo ti auguro buon anno , ciao Marta Florio .

  • su 5 gennaio 2007 a 21:07, di ? In risposta a: Pensieri americani (V)

    D’accordissimo con te, Marta. Aggiungerei però che se potenzialmente è una superpotenza il volontarismo su cui si basa la costruzione europea non va da sé. E al momento –come scrive su Repubblica oggi T.Garton Ash- siamo alla ricerca di una destinazione e di una visione che ne ispiri la guida. Noi giovani cittadini siamo in questo contesto quelli che più si possono permettere di guardare al nostro futuro europeo in modo ambizioso. Quello che cerchiamo di fare su questo giornale è proprio questo. Per questo non mi piace fermarmi a criticare l’Ue di oggi e basta, mentre credo che queste discussioni, e così la nostra, siano parte di questo «essere ambiziosi» che vale la pena portare avanti. Buon anno anche a te! Speriamo senza attacchi terroristici.

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