Laggiù soffia!

, di Tommaso Rughi

Laggiù soffia!

No, non è di letteratura che voglio parlare, né di caccia alle balene: come ci si aspetterebbe da queste colonne, l’argomento sarà ancora Europa. Ma non userò, per dirla con le parole di Spinelli, un “linguaggio diurno”, mi arrischierò a cercare parole nel cuore della notte, dove si annidano le domande più rare e preziose. “Pensar di giorno colla lingua della notte fa solo correre il rischio di essere frainteso” [1]: sì, è un rischio serio quello che affronto. E forse non è l’atteggiamento più corretto per chi si occupa di economia e politica. Ma è con il linguaggio mitico, della metafora e della poesia, che a volte sorgono risposte nascoste dall’abbagliante luce del giorno: con questo linguaggio non si fanno analisi accurate, nè si indicano sentieri chiari. Si cercano echi, si offrono dubbi per riflettere. Si attende l’alba per parlare in modo chiaro…

“Laggiù soffia!”: dal vascello della politica si assiste all’arrivo di un “nuovo” arrivato. Solca le onde al fianco della nave, il suo tragitto è abbastanza vicino da rimanere intrappolato negli occhi dei marinai, ma è ancora lontano per poterlo davvero ammirare e a maggior ragione toccare. La sentinella è invero un novellino, perché non è il getto di un capodoglio, né di una maestosa balena: ma subito la mente corre a Moby Dick, ai terrori ancestrali degli abissi più profondi, all’ira di cieli e di entità lontane. E vedo segnarsi marinai che si professano esperti, recitare preghiere di salvezza, afferrare ramponi con ribollente ira: discendenti della ciurma maledetta ipnotizzata dall’ira di Achab. Si cingono di velenosa furia, come una sorda corazza che dovrà proteggerli dallo scontro che pare loro imminente. Sarebbe invano dire loro che la pinna rutilante, bandiera sul grande oceano, sembra appartenere ad uno squalo. Certo il loro cieco odio non muterebbe.

Continuo a guardarmi intorno, sapendo che quegli attimi di riposo mi saranno presto tolti: vedo altri marinai, gente di terra, del continente, recuperare le corde, i ramponi e prepararsi alla caccia. Sento le loro parole e odo “dividendi”, “bottino”, “siamo ricchi!”: la creatura sarà un mezzo per la loro ricchezza, denaro che ancora si muove su ossa, tendini, grasso e muscoli. Loro li comprendo, ma non riesco fino in fondo a sentire il loro entusiasmo. Mi dico che sono solo un mozzo e dovrei imparare a stare zitto.

Poi una voce mi chiama: è un vecchio marinaio dalla barba bianca. Non è la prima volta che lo noto: le sue mani antiche, vecchie di sapiente saggezza, hanno tessuto innumerevoli nodi, scolpito molti attrezzi, incontrato centinaia di abitanti del mare. Ma fino ad adesso non mi aveva mai parlato. E fino ad adesso non avevo mai sperato che lo facesse.

“Vieni qui figliolo”. Io mi avvicino, visto che per adesso tutti sembrano essersi dimenticati di me. “La cosa non ti convince, vero ragazzo? Non dire niente, lo leggo dai tuoi occhi…”. Non so bene cosa dire. Perciò rimango in silenzio. “Non sai bene perché, ma tutto questo affannarsi non ti sembra giusto, uhm? In un certo senso hai ragione…”. Mi fa solo un cenno per indicarmi di sedere. Io lo faccio e attendo. “C’è una vecchia storia che si racconta, una specie di leggenda [2]

“La storia parla di un ragazzo che un giorno, come te adesso, vide sulla cresta delle onde la stessa creatura che stiamo adesso ammirando, laggiù nel mare”. Mi metto in una posizione comoda. “Il ragazzo mostrò la creatura al padre e così facendo lo spaventò a morte. Il genitore asserì, davanti al figliolo, che il nome della creatura era Colombre e che si trattava di un astutissimo, antico e crudele squalo, la cui abitudine era quella di prendere di mira sventurati marinai per poi seguirli e ucciderli. Girava voce, all’epoca, che le sue cacce fossero senza fine…”. La mia gola si è fatta improvvisamente secca. “Così il ragazzo crebbe con la paura del Colombre e, nonostante il suo forte attaccamento per il mare, decise di non affrontarlo mai direttamente. La nera figura era sempre sulla scia dei suoi viaggi marittimi, non lo abbandonò mai…”. Il vecchio si volta verso le acque “…così il ragazzo divenne uomo e alla fine la vecchiaia lo raggiunse: nei suoi ultimi giorni, decise di affrontare finalmente la creatura. Essa gli parlò e disse a quello che un tempo era stato un ragazzo, che il suo inseguimento, il suo lungo inseguimento, era stato solo il tentativo di lasciargli un dono da parte del re del mare. Un dono che il ragazzo riconobbe. La Perla del Mare, uno dei tesori più preziosi di tutto il mondo acquatico…”. Su questo naviglio scopro presto che altre persone conoscono questa storia. Non sono molte. Ma esistono…

Così in Europa vedo tre schiere di marinai: ci sono coloro che conoscono la storia del Colombre e sono in possesso di innumerevoli prove della sua bontà, dimostrazioni formali, argomenti razionali, mille reti di scritti e di studi; vi sono poi coloro che in buona o cattiva fede urlano disorientati, hanno ricordi a sostenerli, ma spesso distorti e avvelenati, vogliono sopravvivere ma non sentono ragioni. E poi vi sono gli appartenenti alla “palude”, come avrebbe detto Spinelli. La maggior parte di coloro che restano, coloro che non conoscono la storia del Colombre o non la ritengono vera, coloro che sanno soltanto che uccidendo la creatura riusciranno a garantirsi un futuro.

Spetta a coloro che conoscono la storia della Perla del Mare e che vi credono, su basi razionali, convincere il terzo gruppo, farli alleati e contenere le ire dei primi. In questo difficile scambio, gli uomini di terra potrebbero accettare, con beneficio del dubbio, il racconto del Colombre, mentre gli altri ricorderanno l’umiltà. Perché noi federalisti e coloro che ci sostengono, sappiamo che il Colombre ci porterà un dono. Ma neanche noi ne conosciamo l’esatta natura. E soprattutto, non conosciamo ancora l’uso che ne faremo. Tutti insieme. L’Europa federale, perla del mare, attende nella bocca del Colombre. Tocca a noi cittadini mantenere la calma, avvicinarci allo squalo e decidere di raccogliere il suo dono.

Fonte immagine Flickr

Note

[1Altiero Spinelli, Come ho tentato di diventare saggio, Bologna, Il Mulino, 1999 (ultima edizione), pag 318

[2La “leggenda” è in realtà un libero riassunto del racconto “Il colombre”, di Dino Buzzati

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