L’incontro con Emiliano Morrone e Francesco Saverio Alessio risale ad aprile. Torno a Verona per qualche ora prima di ripartire per il seminario di Parigi. Qua mi attendono per registrare un programmino sulla radio dell’Università di Verona, Fuori Aula Network. Il programma si chiama EuroFAN, è piuttosto carino e mi ha dato la possibilità di presentare la GFE all’Università di Verona.
Prima si registra un altro programma, Mister I, ospiti speciali i due autori del libro “La Società Sparente”, su ’ndrangheta e politica calabrese. È piuttosto interessante, e mi rendo conto della sua importanza quando scopro che cumulativamente gli autori hanno ricevuto più minacce di morte loro che diffide i ragazzi delle Brigate Gialloblù.
Poche righe tratte dall’introduzione di Gianni Vattimo credo possano bastare per presentare degnamente il libro: «[ … ] è un’indagine sul binomio politica- ’ndrangheta come causa della nuova e tragica emigrazione dalla Calabria. Nasce dall’esperienza sul campo degli autori: un impegno per l’emancipazione della Calabria [… ]. Quasi una missione, intrapresa al prezzo di minacce di morte, persecuzioni ed emarginazione, che hanno costretto gli autori ad andarsene. [ … ]».
E così parte il ragionamento. Le stime dell’Eurispes parlano di 44 miliardi di euro, altri istituti rilanciano a 55 miliardi, come giro d’affari della mafia calabrese, di cui la metà per narcotraffico. Cifre inimmaginabili, soprattutto se si pensa che il tutto è coperto, amministrato, finanziato, sostenuto e gestito da una buona fetta della classe politica e dirigente della Calabria. I calabresi, o “calabrotti”, come dice scherzoso il mio amico Biagio Simonetta, sono ovunque nel mondo. Si parla di 700 mila a Roma, svariate migliaia poi per ogni città d’Italia, qualche milione in giro per il mondo.
...La mafia è più internazionalista ed internazionale della Coca Cola...
E allora si riaffaccia il pensiero di quella volta a Ginevra al Congresso del World Federalist Movement quando in commissione politica una ragazza chiese: “Se dobbiamo prendere contatti con tutte le organizzazioni della Società civile, come la mettiamo con la mafia?”, domanda degna, ma rimasta senza risposta. La mafia - ha ragione la signorina - è più internazionalista ed internazionale della Coca Cola: come reagire? Come prenderla?
’Ndrangheta significa «Società di uomini rispettabili». Rispettabili fino a quale punto? De Magistris ebbe modo di commentare in riferimento ai soldi che la suddetta società ha fatto sparire: «La Calabria con tutti i soldi che ha preso dovrebbe avere i marciapiedi laminati di platino… ». Eppure anche ai meno attenti non possono sfuggire le condizioni in cui versano i nostri conterranei calabresi: forte assistenzialismo, disoccupazione, tristezza interiore. Emiliano mi ha detto: «… si sono arresi tutti davanti alla vita…».
L’incontro di Padova del 14 ottobre, organizzato dalla GFE e patrocinato dal Comune di Padova, alla presenza dei già citati amici Emiliano, Saverio, Biagio e di Matteo Trebeschi, del gruppo veronese di Legalità & Giustizia, mi fa pensare molto. Se ne può leggere fedele resoconto di Saverio sul sito La Voce di Fiore oppure sul sito di ndrangheta.it, curato dal caro Biagio.
Mentre ascolto parto a scrivere. Non ascolto più tantissimo in realtà. Cosa sta facendo l’Europa per contrastare il fenomeno della mafia, della criminalità organizzata? La questione Giustizia ed Affari Interni è uno dei pilastri dell’Unione, e la creazione di uno spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia è obiettivo primario dalla conferenza di Stoccolma del ’96 e risale al Consiglio europeo di Tampere la riconosciuta necessità di porre in essere un sistema di prevenzione che permetta di scambiare informazioni, esperienze varie, studi e ricerche in materia di prevenzione. Con l’istituzione nel 2001 della Rete europea di prevenzione della criminalità, si fa un passo certamente decisivo in questo senso.
...Se uno spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia deve essere creato per tutti i cittadini dell’Unione europea, non possiamo dimenticarci di una realtà così globale come la mafia...
MA! La sua evoluzione è bloccata dalla non comunitarizzazione del pilastro suddetto, da una legislazione non perfettamente europea. Anche se nell’ambito del diritto comunitario si è fortemente operato perché vi sia reale messa in comune delle competetnze, non è tutto così immediato. Se si pensa che la mafia è un fenomeno che è riconosciuto pericoloso in quanto tale solo in Italia mentre a Duisburg, ad un anno dalla famosa strage, i nostri amici che chiedevano del ristorante da Bruno ad un cortesissimo poliziotto, si sono sentiti rispondere molto scherzosamente: «Ja, Ja, Bruno, Bruno, bang bang!» come se tutto fosse stato una delle solite goliardate degli ironici italiani, non si può pensare che sia così immediato che anche paesi più retti del nostro si muovano al fine di debellare questo fenomeno criminale di scala mondiale.
L’Europa può fare molto, tanti strumenti già esistono, come l’Europol, o il mandato di cattura europeo. Ma sono incompleti, lasciati a sé stessi. Non esiste un mandato di perquisizione europeo, benché esistano corti integerrime, come l’International Criminal Court dell’Aja. Abbiamo la possibilità, grazie all’art. 7 del Trattato sull’Unione europea, di condannare Capi di stato per violazioni gravi e manifeste dei diritti umani, ma non è propriamente chiara la questione quando i diritti umani sono violati sistematicamente.
Consideriamo la questione del pizzo, il terrore perenne di essere freddati senza tante parole perché si è risposto male al boss mafioso o al suo scagnozzo di turno, non sapere se domani sarà un altro giorno, non poter godere del sole, del mare, dell’aria perché tutta la costa è disseminata di rifiuti tossici e l’acqua potrebbe essere utilizzata come ottimo sostituto dello zinco. Il tutto perché i clan hanno deciso che basta qualche soldo perché la questione sia insabbiata.
Se uno spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia deve essere creato per tutti i cittadini dell’Unione europea, non possiamo dimenticarci di una realtà così globale come la mafia. E se con una rete sovranazionale dobbiamo fare i conti, cosa serve? La risposta è chiara. Un governo globale. Federale, unito, volto alla pace e alla prosperità per tutti. Che sia garante del benessere di tutto il mondo, soprattutto vista l’attuale situazione politica, in Europa e nel resto del mondo: dal Kosovo, ai movimenti secessionisti, agli stati negli stati, Medellin, Bogotà, il Messico.
Quando è scoppiata la guerra in Serbia nel ’93, l’Unione non aveva gli strumenti per fronteggiarla. È esplosa la secessione kosovara, e di nuovo eravamo senza strumenti. L’Europa è come una bicicletta, se smette di pedalare, rovina a terra. Adesso siamo in panne con la crisi finanziaria e il pacchetto sull’ambiente. La bella Gaia, il nostro mondo, si sta preparando a fare a noi quello che noi abbiamo fatto a lei. Farci fuori.
Quanto possiamo ancora aspettare che sia la legge del taglione a governare sovrana?
A Verona si dice: Schei fa schei, pioci fa pioci! (soldi fanno soldi, pidocchi fanno pidocchi). Quanto possiamo ancora aspettare che sia la legge del taglione a governare sovrana?
1. su 26 ottobre 2008 a 17:36, di Francesco Saverio Alessio In risposta a: La Società Sparente
Caro Michele, grazie infinite per il lusinghiero e bell’articolo che hai scritto su di noi. Constatare che le nostre conferenze ed il nostro libro servano a diffondere ed alimentare il dibattito sulle mafie non può che farci molto piacere. Anche conoscere ragazzi impegnati nel sociale come te, Giorgia Gazzuola, Matteo Trebeschi, Andrea Crobu ed altri, arricchisce la nostra vita e ci gratifica per i rischi che corriamo per avere scritto senza reticenze di alcun tipo sui rapporti fra ’ndrangheta, politica e massoneria. Con affetto e stima
Francesco Saverio Alessio
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