L’Europa va alle Primarie

, di Paolo Acunzo

L'Europa va alle Primarie

In questi giorni il dibattito sulle primarie del centrosinistra è sotto i riflettori di tutti i media. Spesso però ci si sofferma unicamente su aspetti esteriori dei candidati o su questioni regolamentari che non colgono l’essenza della partita in gioco: cosa farà su questioni di grande attualità il candidato che ne uscirà vincitore nel caso in cui divenisse Premier ? Prendiamo ad esempio il tema europeo, sempre piu importante per il nostro futuro e vediamo come è stato affrontato non solo dai singoli candidati, ma dalla coalizione PD-PSI-SEL che si propone di governare a breve l’Italia.

Prima di tutto nello stesso appello di dieci righe “Italia Bene comune”, che deve essere sottoscritto da chiunque voglia votare alle primarie, si legge che “un forte impegno del nostro Paese per un’Europa Federale e Democratica” è un elemento fondativo della stessa coalizione. Ciò significa che gli oltre 3 milioni di italiani che hanno partecipato alle primarie condividono questo “forte impegno”, e non è poco.

Inoltre nella stessa carta d’intenti, sottoscritta da tutti i partiti della coalizione, si entra nello specifico sulle modalità per costruire questa Europea federale e democratica. Si propongono “nuove istituzioni comuni, dotate di una legittimazione popolare e diretta”, anche attraverso “un patto tra le principali famiglie politiche europee”. E continua: “la prossima sarà una legislatura costituente in cui il piano nazionale e quello continentale saranno intrecciati stabilmente. Una legislatura nella quale l’orizzonte ideale degli Stati Uniti d’Europa dovrà iniziare ad acquistare concretezza in una nuova architettura istituzionale dell’eurozona.”

La causa dell’unità europea diviene la ragione essenziale per cui la coalizione dei progressisti in Italia potrebbe cercare un accordo di legislatura con tutte quelle forze “europeiste”, moderate e liberali, al fine di “collocare il progetto di governo italiano nel cuore della sfida europea, alternativo alle regressioni nazionaliste, anti-europee e populiste, da sempre incompatibili con le radici di un’Europa federale, democratica, aperta, inclusiva.”

Anche i singoli candidati hanno seguito questo approccio sui temi dell’integrazione europea. Addirittura il non candidato Sandro Gozi, a cui sono mancate poche firme dei componenti dell’Assemblea nazionale del PD per presentare ufficialmente la propria candidatura, aveva posto l’obiettivo della Federazione europea come la ragione della sua discesa in campo in nome della “Generazione Erasmus”. Ma anche Bruno Tabacci ha sottolineato piu volte la priorità ineludibile degli Stati Uniti d’Europa; Laura Puppato ha spesso richiamato l’importanza dell’utilizzo di tutti i fondi comunitari a nostra disposizione; Nichi Vendola, infine, ha citato spesso la lucida utopia di Altiero Spinelli e di una Unione europea non all’altezza degli ideali progressisti e federalisti europei del Manifesto di Ventotene, fino a giungere alla provocazione che questa Europa non avrebbe dovuto ritirare il premio nobel per la pace, vista l’assenza di una sua funzione di pace negli attuali scenari di guerra in medio oriente.

Ora la vera speranza è che il ballottaggio si possa giocare su temi concreti come questi e non su fattori superficiali che lasciano il tempo che trovano riguardo le scelte di fondo che ci attendono. Pierluigi Bersani punta molto sulla solidità dei suoi rapporti con gli altri progressisti europei, e propone la creazione di un’azione comune con questi per incentivare la crescita, gli investimenti e l’occupazione in modo da capovolgere la tendenza e far uscire il continente dalla crisi. Matteo Renzi propone un nuovo sistema di investimenti e di opportunità soprattutto per i giovani, e si rifà a quel mondo della rete che come mentalità è gia completamente in Europa. Entrambi richiamano l’esigenza e la volontà di costruire quanto prima gli Stati Uniti d’Europa, ma non vi è ancora stata occasione di sentirli confrontare riguardo a complicati problemi che si ritroverebbero d’improvviso a gestire, come ad esempio il mancato accordo sul bilancio comunitario, gli aiuti alla Grecia o le riforme istituzionali necessarie per avvicinare l’Unione europea ai suoi cittadini.

In definitiva anche le primarie del centro sinistra corrono il rischio di vivere quel provincialismo che ha dominato gli ultimi 20 anni tutta la politica italiana: o si capisce che ormai la globalizzazione ha imposto un livello di azione economica-finanziaria che la politica non è in grado di gestire autonomamente senza una azione comune europea, oppure le stesse forme di democrazia che conosciamo oggi possono essere messe a rischio. L’arena della politica ormai è europea e il come, il quando e chi in Italia dia piu garanzie nel conseguimento dell’obiettivo ultimo degli Stati Uniti d’Europa dovrebbe essere il criterio di scelta, non solo per le primarie, ma per qualsiasi occasione di voto che si preannuncia nel prossimo futuro.

Fonte dell’immagine: Flickr

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