ESTERI/Incontro Italia-Russia

L’Europa di Putin

I diritti umani restano tabù

, di Stefano Rossi

L'Europa di Putin

Spesso si dice che per cambiare le cose servono piccoli passi; ma almeno i piccoli passi vanno fatti. In un mondo in cui ogni persona ha a che fare con un numero illimitato di “vicini”, l’immobilismo non è più una concezione meramente negativa equivalente a lasciare le cose come stanno, ma diventa indirettamente un avallo e un rafforzamento dello status quo, se non un vero e proprio incoraggiamento. Per opporsi a tale inerzia serve un’azione positiva, una forza per quanto limitata, che si opponga e che controbilanci la situazione.

Ma quello che si è visto qualche giorno fa, quando il presidente russo ha compiuto la sua visita ufficiale in Italia, non è propriamente ciò che si intende normalmente per “azione positiva”. Tutti i soggetti che hanno rappresentato lo Stato italiano in tale frangente, non hanno fatto altro che tenere la posizione, non esporsi e assecondare l’ospite in tutto e per tutto. Non si sono visti piccoli passi, né prudenti tentativi. Il ministro degli Esteri Massimo D’Alema, che non si è mai lasciato sfuggire l’occasione di bacchettare gli americani, e rispondere per le rime a chi si intrometteva negli affari italiani, sembrava un lupo ammansito davanti a una fiera ben più potente di lui. Prodi è andato oltre: ha addirittura dichiarato di non essere a conoscenza del fatto che la mattina precedente il colloquio, un ex ministro ceceno, Umar Khambiev, fosse sbarcato a Fiumicino, per richiedere asilo politico allo Stato italiano, vedendo la propria vita e quella dei suoi familiari minacciata dal Cremlino.

sono stati firmati una decina di accordi economici...

Poco o niente si è detto sui diritti umani, anzi è stato Putin stesso, forse per anticipare una mossa, che tanto non ci sarebbe mai stata, ad affermare candidamente che il rispetto della democrazia e dei diritti dell’individuo sono valori da rispettare, glissando così su Cecenia, Dobrovka, Beslan, Politkovskaya, Safranov (per citare solo i casi più famosi). E così si è persa un’occasione di dissentire, si è tralasciato il sacro dovere di opporsi a un regime che governa un Paese in ginocchio, tramite la mafia, l’esercito e la minaccia politica.

Ma, si sa, tutto è sacrificabile nel nome di una Realpolitik che ha portato vantaggi ben precisi ad alcune aziende italiane. Sono stati firmati una decina di accordi economici, che vanno dal progetto Alenia-Sukhoi per il “Superjet 100”, all’intesa tra Enel e Rosatom, passando dall’apertura di linee di credito tra alcune banche italiane e la russa Vtb Bank. Nessuno mette in dubbio i vantaggi che entrambe le parti trarranno da questi patti, ma pecca di grave incoerenza il governo italiano (e la politica europea in senso lato) che non sfrutta pressioni economiche e politiche per produrre una spinta in direzione del rispetto dei diritti umani, che passa sotto silenzio una questione così importante, pur di concludere affari. Specie per il peso che i vari “casi” russi stanno assumendo negli ultimi mesi all’interno dell’opinione pubblica italiana ed europea.

...poco o niente si è detto sui diritti umani

Ma il ricatto energetico e la prospettiva di facili guadagni mette a tacere ogni dissenso. Questa situazione, combinata con la celebre strategia del divide et impera, garantisce a Putin un’Europa debole e arrendevole alle sue richieste, alla quale non deve rendere conto di nulla. Non si può negare infatti che una parte contraente è tanto più forte quanto più peso economico porta al negoziato; la sommatoria delle diverse pressioni economiche che ognuno dei 27 Stati membri esercita negli accordi con potenze mondiali è nettamente inferiore al prestigio che risulterebbe da una politica economica europea. La quale potrebbe a questo punto gettare lo sguardo al di là del mero vantaggio monetario e vincolare i trattati al rispetto dei diritti fondamentali dell’individuo che promuove e a quell’insieme di principi su cui poggia il suo fondamento culturale e sociale.

il ricatto energetico e la prospettiva di facili guadagni mette a tacere ogni dissenso

Finché ogni membro dell’UE si ostina a cercare il suo piccolo guadagno, danneggia se stesso e gli altri Stati europei, in una competizione continua che divide invece di unire, come sostiene l’eurodeputato Watson.

Se l’Europa non riuscirà a compattare le proprie forze, sarà sempre preda di mercati esteri, suscettibile di ricatti energetici, “terra di conquista” dei potenti del pianeta; è già fin troppo chiaro lo sterile ruolo di censore che sta assumendo, e che non la aiuta affatto a uscire dalla sua fatiscente soggettività internazionale.

Fonte foto quinnanya/Flickr

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