Dialogo tra un pessimista e un ottimista

, di Michele Ballerin

Dialogo tra un pessimista e un ottimista

Pessimista: Senti, perché non lasciamo perdere e non ci beviamo su? Non mi convincerai mai. Non capisco come si possa guardare con ottimismo alla nostra situazione. Forse ci vuole una capacità di immaginazione che non ho.

Ottimista: L’immaginazione va sicuramente bene, ma non ce ne vuole poi così tanta. Quando si osserva la politica è sempre più facile cogliere gli aspetti negativi: sono i primi che si fanno notare, riempiono il campo visivo e si impongono. Però bisogna essere capaci di vedere anche i processi costruttivi che pian piano si fanno strada, e che domani sbocceranno in qualche importante realizzazione storica.

Pessimista: È una bella filosofia, non c’è che dire… Immagino che la mossa estiva di Draghi (il cosiddetto piano anti-spread) ti abbia messo di buon umore. In fondo era scontato che la BCE usasse le sue armi, e il semplice annuncio è bastato a sfebbrare le finanze pubbliche dei paesi a rischio. Io invece comincio adesso a preoccuparmi, e sai perché? Perché senza la minaccia degli spread i governi faranno la cosa più scontata e più pericolosa: rilassarsi. Rilassarsi, mentre la disoccupazione galoppa e consumi e investimenti sprofondano... I danni che la recessione sta provocando saranno difficilmente riparabili nel breve e nel medio periodo, e più tempo passa senza una vera politica di sviluppo e più sarà difficile recuperare le risorse che stiamo sperperando. A partire dal capitale umano – e penso a quei 3 milioni e 200.000 giovani italiani che non stanno né formandosi né lavorando: 3 milioni di ferite aperte e un’inarrestabile emorragia di futuro...

Ottimista: La tua è una preoccupazione intelligente, che in parte condivido. Ma io non credo che i governi abbiano molto margine per rilassarsi. Se non funziona più il termometro dello spread c’è sempre quello del populismo. Nella misura in cui la politica europea si dimostra impotente a frenare la recessione l’opzione populista prende vigore. Lo si vede ovunque. Grillo, la Lega e Berlusconi fanno paura all’Europa. Questo dovrebbe bastare a tenere il fiato sul collo dei governi e costringerli a fare il loro dovere. Una recessione può assomigliare a molte cose, ma non a una poltrona su cui accomodarsi. O si mette in cantiere una politica europea per lo sviluppo o l’euro è destinato a soccombere, perché i cittadini se ne sbarazzeranno molto prima di ridursi a brucare le aiuole. Nessun pericolo, quindi, che la politica se ne vada in vacanza.

Pessimista: Sai bene però che tutto dipende dalla Germania. Credi davvero che il governo tedesco si schioderà dalla linea dell’austerity? Io credo di no, e credo anche che sia fondamentalmente euroscettico. Ha già dimostrato di anteporre i suoi interessi a quelli dell’Europa e, a maggior ragione, degli stati-cicala. A che cosa dovremmo appellarci? Ai buoni sentimenti di Angela Merkel? La Merkel ha sempre il pedale sul freno quando si tratta di aiutare in concreto le economie più deboli dell’UE.

Ottimista: Ma è proprio la situazione del governo tedesco che mi dà ragione di sperare. Sbagli se pensi che il centrodestra sia un unico blocco di granito. Il fenomeno più interessante a cui stiamo assistendo in Europa è la crepa sempre più vistosa che si sta aprendo tra la CDU di Angela Merkel e il partito liberale di Philipp Rösler. Colombe vs falchi, a voler fare dell’ovvia ornitologia. Politicamente la cancelliera è pur sempre figlia di Kohl, e sa benissimo che l’unico futuro della Germania è in un’Europa forte e unita – forte perché unita. Sa che la vocazione storica della CDU è di proseguire sulla strada dell’integrazione, e non metterebbe mai a repentaglio l’euro. Lo stesso non può dirsi dei liberali. Il vicecancelliere Rösler se ne infischia dell’euro. È l’uomo che nel momento della massima tensione ha annunciato che la Grecia potrebbe tranquillamente fallire. I falchi hanno il nido nel partito liberale e nella Bundesbank: lì abitano i custodi del dogma economico neoclassico, la religione del risparmio senza se e senza ma. Chi avverte l’insofferenza crescente con cui la CDU si accompagna ai liberali euroscettici, in un’alleanza che si percepisce sempre più come innaturale e senza futuro, coglie il segnale più profondo e significativo della politica europea, e può trovarvi un germe di speranza. Il tornante storico che la politica europea sta ormai affrontando è quello in cui l’euroscetticismo, invece di pagare, si rivelerà per chi lo sbandiera una zavorra mortale. Gli euroscettici si stanno squalificando e saranno spinti sempre più ai margini del processo. Chi oggi in Europa non capisce che l’imperativo storico è l’unità politica dopo quella economica è già “fuori”. Ce ne disferemo, perché non sappiamo che farcene in un momento in cui servono capacità di visione e soluzioni efficaci.

Pessimista: Viva l’ottimismo, allora… La tua analisi può anche essere corretta: chi può dirlo? Ma l’atteggiamento del governo tedesco nel Consiglio europeo dipende in ultima analisi da quello dei suoi cittadini, i quali (ogni italiano lo capisce benissimo) digeriscono male la prospettiva di togliere soldi dalle proprie tasche per versarli in quelle di greci, italiani e spagnoli. È vero che le cose non stanno esattamente così: sappiamo che la Germania si sta avvantaggiando dell’euro più di qualsiasi altro membro dell’eurozona; ma molti tedeschi sono (stati) convinti del contrario, e adesso sarà molto difficile fargli cambiare idea.

Ottimista: Guardiamoli un po’ meglio, allora, questi tedeschi. Tu quale pensi che sia la principale caratteristica del tedesco medio? Io non ho dubbi: è l’obbedienza. I tedeschi sono un popolo ligio, nel bene e nel male, e lo hanno già dimostrato. Quanto sappiano esserlo nel male lo sappiamo tutti ed è inutile ricordarlo. Ma che sappiano esserlo anche nel bene lo hanno dimostrato quando, pur recalcitranti, seguirono Kohl nell’euro: se non ricordo male, i sondaggi davano qualcosa come il 70% dei cittadini tedeschi contrari all’ingresso nella moneta unica. I tedeschi riconoscono un governo autorevole, lo rispettano e sono disposti a seguirlo anche quando non sono convinti fino in fondo delle sue ragioni. Se la Merkel vuole davvero portare l’Europa verso l’unità politica i tedeschi la seguiranno. Ho fiducia che le elezioni del 2013 porteranno al superamento della coalizione CDU-FDP, e questo potrà avvenire in due modi: o con la sconfitta della Merkel e la vittoria della sinistra, oppure con una riconferma della Merkel però in alleanza con i socialdemocratici, e con i liberali all’opposizione, fuori dai giochi. Allora la strada verso l’unione politica dell’Europa sarà definitivamente sgombra. Perché l’agenda delle principali forze progressiste in Europa è ormai l’agenda federalista.

Pessimista: E se anche fosse, questo come ci aiuterebbe, in concreto?

Ottimista: Porrebbe le premesse per l’unica cosa che potrebbe toglierci dai guai: un piano europeo di investimenti per rilanciare lo sviluppo sul continente, affiancato a politiche sociali per sostenere la domanda interna. I grandi partiti progressisti europei stanno già facendo loro questo programma. Valga come esempio la proposta elaborata di recente dalla FEPS, la Fondazione per gli studi progressisti europei (firmata fra gli altri dal vicepresidente della Banca Europea degli Investimenti, Kollatz-Ahnen), uno studio secondo il quale potenziando la capacità di investimento della BEI si potrebbero creare 1,2 milioni di posti di lavoro entro il 2014. Dobbiamo solo aspettare il 2013, che promette di essere l’anno decisivo, l’anno della svolta europea.

Pessimista: Sarà, ma intanto vediamo di passare queste feste senza romperci troppe ossa. Sarebbe già qualcosa, non credi? Per il resto, la profezia dei Maya l’abbiamo scampata, sembra; chissà che non si riesca a passare anche la nottataccia della recessione.

Ottimista: Su questo non posso darti torto, e dobbiamo assolutamente brindare insieme… Prosit!

Pessimista: Prosit, allora! E che Dio ci aiuti…

1. Fonte immagine Flickr

2. Questo articolo è stato inzialmente pubblicato su Euroscopio

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