Commento a «La democrazia in Europa. Guardare lontano»

Recensione del libro di Sylvie Goulard e Mario Monti

, di Sergio Pistone

Commento a «La democrazia in Europa. Guardare lontano»

In un momento in cui il processo di unificazione europea si trova in una crisi esistenziale il libro di Sylvie Goulard (deputata francese nel Parlamento europeo e una delle principali fondatrici, assieme a Verhofstadt, Cohn-Bendit e Durant, del Gruppo Spinelli) e del Presidente Mario Monti fornisce un contributo di grande valore al chiarimento delle scelte da compiere per rendere l’Europa capace di rispondere alle esigenze fondamentali dei suoi cittadini e di contribuire all’affermarsi di un mondo più giusto e più pacifico.

Partiamo dalle proposte concrete, che si possono riassumere nei seguenti termini:
 l’Europa deve essere rifondata attraverso una chiara scelta federale e cioè un trasferimento di sovranità, cominciando dal settore macroeconomico e finanziario per poi passare più avanti anche ai settori della politica estera, della sicurezza e della difesa;
 il federalismo significa l’abolizione del diritto di veto per attuare le politiche comuni necessarie a governare l’unione economica e monetaria e sostenute da un bilancio basato su imposte percepite direttamente e anche su una possibilità di indebitamento;
 non è sufficiente far rispettare le regole, che in particolare impongono il rigore finanziario (“i compiti a casa”), ma occorre la capacità, tramite poteri e risorse adeguate, di attuare misure che migliorino la competitività, producano la crescita, sviluppino la ricerca e l’innovazione, lottino contro le disuguaglianze e la povertà e garantiscano i diritti delle generazioni future (donde il rigore finanziario e l’impegno ecologico);
 occorre creare, tramite il federalismo, un sistema democratico su scala sopranazionale in cui gli europei devono scegliere insieme i responsabili che li guideranno e orientare di concerto le politiche che li riguardano, il che comporta un ruolo centrale del Parlamento europeo e la trasformazione del Consiglio europeo in una camera degli Stati;
 è pertanto errato pensare che il problema della democrazia in Europa si affronti potenziando la democrazia nazionale, perché ciò non consente di legittimare le decisioni nella sede in cui vanno prese, senza contare che ripiegare sugli Stati e sui parlamenti nazionali porta con sé gravi motivi di divisione;
 la federazione si può fare partendo dall’Eurozona, la quale deve ottenere un vero e proprio diritto di autodeterminazione con un esecutivo specifico (con in particolare un proprio budget, un ministro delle finanze e il controllo su un tesoro europeo, con propri servizi e mezzi) che deve rendere conto ad una assemblea parlamentare da ritagliarsi all’interno del Parlamento europeo, in sostanza una federazione nel quadro dell’Unione meno integrata e con possibilità di successiva adesione all’Eurozona federata;
 prima di negoziare nuovi trattati è necessario definire con precisione le modalità della loro ratifica, onde evitare che una maggioranza di europei sia tenuta in scacco dalla posizione di una minoranza, che non sarebbe neppure chiamata ad assumersi la responsabilità delle conseguenze; in questo contesto viene lanciata l’idea di una assemblea costituente ad hoc anche solo per l’Eurozona;
 fra le altre indicazioni concrete va sottolineata l’idea di un’unica sede del Parlamento europeo a Bruxelles accompagnata dalla proposta, ripresa da Bronislaw Geremek, di istituire a Strasburgo una fondazione - sul modello del Collège de France – la cui vocazione sarebbe quella di far progredire gli studi e la riflessione sulla storia dell’Europa, sul riavvicinamento fra i popoli europei e sul ruolo dell’Europa nel mondo (promuovere l’unificazione mondiale), oltre che animare il dibattito sul suo modello economico-sociale e organizzare incontri di scienziati e artisti.

Da questa sintetica presentazione delle proposte dirette a realizzare un salto federale dell’unificazione europea per salvare l’euro e più in generale rendere l’unificazione europea adeguata alle sfide che la confrontano emerge la convergenza dei due autori con le tesi sostenute dal Movimento Federalista Europeo. Se c’è un appunto da fare, esso riguarda l’insufficiente sottolineatura dell’urgenza della federazione, il che non è pienamente coerente con il discorso molto convincente che essi fanno sulla drammaticità della crisi dell’unificazione europea, sottolineata dalla avanzata delle tendenze populistiche ed euroscettiche. Se, come è evidente, non c’è più tempo da perdere, il processo costituente della federazione europea deve cominciare subito ed avere il suo sbocco nelle elezioni europee del 2014, che sarebbero il momento più adatto per la ratifica del trattato istitutivo della federazione europea.

Fatto questo appunto, oltre che per le proposte concrete con cui affrontare la crisi europea, il testo della Goulard e di Monti va apprezzato per l’analisi chiara e completa della situazione dell’unificazione europea e dei limiti delle istituzioni dell’Unione Europea e per il modo convincente con cui viene messa in luce l’inconsistenza delle argomentazioni di quanti rifiutano la federazione europea perché ritengono che la democrazia possa essere realizzata solo a livello nazionale.

Al riguardo va sottolineata in particolare la critica alla tesi secondo cui non esiste il demos europeo. Secondo gli autori, che si rifanno soprattutto alle analisi di Pierre Rosanvallon (La Société des égaux), non è l’appartenenza a un demos preesistente a giustificare l’esercizio delle prerogative democratiche, ma sono le istituzioni democratiche, che devono coincidere con le dimensioni dei problemi che devono essere affrontati in comune, a far nascere il demos. Come esiste un popolo municipale, in corrispondenza ai problemi da affrontare in modo democratico a tale livello, e in sequenza un popolo regionale e un popolo nazionale, non c’è nessun ostacolo all’emergere di un popolo europeo chiamato a decidere democraticamente sui problemi di fondo di dimensioni europee imposti dall’interdipendenza. Il vero patriottismo non sta nell’ignorare l’interdipendenza ma, al contrario, nel difendere l’interesse nazionale senza separarlo da quello generale, a monte, per evitare di ritrovarsi schiavi dei vincoli esterni.

Va anche sottolineata, in riferimento all’esigenza di costruire un sistema democratico, e quindi federale, a livello europeo, la lucida visione da parte degli autori delle ragioni strutturali che stanno alla base del bassissimo livello delle classi politiche in Europa e del connesso affermarsi delle tendenze populistiche. Il fattore decisivo è costituito da una situazione in cui a livello nazionale c’è ben poco da decidere perché i problemi di fondo hanno dimensioni sopranazionali, mentre a livello sopranazionale, dove i problemi di fondo possono essere affrontati, manca un sistema democratico ed efficiente. È perciò naturale che non emergano più leadership di valore ed abbiano uno spazio crescente i pifferai populisti. È d’altra parte chiaro che solo veri scrutini democratici europei (si votano classi politiche che abbiano i poteri per decidere) potranno imprimere un nuovo slancio alla politica in Europa.

In conclusione, un testo come questo, proprio perché ne è coautore il Capo del governo italiano, è un segno che siamo arrivati al momento delle scelte coraggiose (senza cui è inevitabile uno sviluppo catastrofico) e rafforza la nostra speranza (integrata ovviamente da un impegno senza tregua) nell’affermarsi di tali scelte da parte della classe politica più illuminata.

Fonte immagine Flickr

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