Chi deve temere il populismo? Dati popolari sui costi della divisione europea

, di #FIRENZE11MAGGIO2013

Chi deve temere il populismo? Dati popolari sui costi della divisione europea

Eurobull condivide con i propri lettori alcuni commenti redatti in vista della manifestazione «Gli Stati Uniti d’Europa per uscire dalla crisi» che si terrà a Firenze l’11 maggio 2013.

I politici e i mass-media sono convinti che l’Europa non sia “popolare”, e che sia impossibile costruire consenso e popolarità sull’idea di unità europea. Questo apre enormi spazi di propaganda e demagogia contro l’Europa. Leggiamo di continuo commenti sui costi della burocrazia europea, sui danni dell’Euro, sui limiti dell’austerità “imposta dall’Europa”, eccetera, tutti argomenti cari ai populisti di destra e sinistra.

Ma è vero che l’Europa è condannata all’impopolarità? NO! Basta, visto che è l’unico linguaggio che paga, ecco un po’ di sano populismo contro gli Stati nazionali e la loro Europa intergovernativa, che è in realtà una NON Europa.

Pochi ma significativi esempi di quanto ci costa la NON Europa oggi:

  • Ambasciate: ognuno dei 27 stati europei mantiene lussuose ambasciate nei principali paesi europei e extra-europei. Ad esempio il costo della diplomazia italiana è di 1,7 miliardi per coprire 327 sedi (ambasciate e consolati). Immaginate quanto si recupererebbe se anziché 27 diplomazie se ne avesse una sola europea, tra l’altro certamente più autorevole? Io penso almeno 20 miliardi tra tutti i 27 paesi.
  • Esercito : un recente studio dell’IAI (Istituto Affari Internazionali) e del CSF (Centro Studi sul Federalismo) ha stimato che passare da 27 eserciti nazionali ad un solo esercito europeo a parità di efficienza potrebbe consentire all’insieme dei paesi europei un risparmio dell’ordine dei 120 miliardi di € ! Non sono noccioline!
  • Bilancio Europeo: se analizziamo il bilancio dell’Unione Europea del 2012 (147 miliardi), vediamo che l’86% (126 miliardi) è destinato a fondi per la crescita, lo sviluppo, l’agricoltura e l’ambiente, cioè investimenti produttivi che favoriscono l’occupazione. L’ 8,4% va alla cooperazione internazionale e alla sicurezza e solo il 5,6% al funzionamento delle istituzioni (Parlamento, Commissione, Consiglio, Corte di Giustizia, etc.), che comprende 24.000 dipendenti, tanti quanti il solo comune di Roma. Non raddoppiare il bilancio europeo (e basterebbe il risparmio ottenuto dall’esercito e dalla diplomazia europea) ci priva di investimenti produttivi e non clientelari che potrebbero portare alla creazione di milioni di posti di lavoro secondo una formula spesso usata dagli economisti che vede 1 milione di posti di lavoro ogni 25 miliardi investiti.

… Non è necessario continuare: è l’Europa unita che ci conviene! Gli Stati nazionali ci costano!

Piergiorgio G.

Per visitare il sito dell’iniziativa «Gli Stati Uniti d’Europa per uscire dalla crisi» clicca qui. Per visitare la pagina facebook dell’evento clicca qui.

1. Post originariamente pubblicato sulla pagina dell’iniziativa

2. Fonte immagine Flickr

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Tuoi commenti
  • su 15 giugno 2013 a 11:35, di fausto In risposta a: Chi deve temere il populismo? Dati popolari sui costi della divisione europea

    La costruzione europea comporta anche dei costi, che vengono spesso identificati nell’essere l’Italia un contribuente netto verso il bilancio comunitario.

    In realtà questo dettaglio, pur grosso, scompare davanti ad aberrazioni quali le quote latte negoziate al ribasso. I divieti a produrre hanno un peso economico che si fa perfino fatica a quantificare.

    Durante la recente crisi del debito sovrano, i nostri titoli hanno permesso a parecchie banche nordiche di fare buoni affari: cosa nota a livello giornalistico. Tolte le questioni industriali, credo che la partita si deciderà sulle vicende finanziarie: un’altra giravolta gestita male attorno ai btp, e si rischia di chiudere. Bisognerà starci attenti, non è un gioco.

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